Infatti anche lei, proprio come Bruce
Lee, ha in
mente di conquistare le terre d'Occidente, miscelando le melodie
tradizionali delle sue terre con le invenzioni della tecnologia
capitalista: prime fra tutte i computer, i sequencer e i sampler. Che
le servono da supporto ritmico tanto formidabile, quanto fruibile
anche in discoteca.
Proprio per questo, probabilmente, "Voices from the sky" è
un affascinante ibrido di culture diverse, e a tratti antitetiche.
Registrato a Hong Kong ma ispirato dalle sublimi altezze della
capitale più alta del mondo (Lhasa, nel Tibet), si nutre
indifferentemente di materialità terrena e di ineffabilità celeste,
lasciando nelle orecchie dell'ascoltatore un senso di sospensione
alquanto vacuo. Anche perchè la voce di Dadawa è strabiliante,
innervata com'è di gusto per la tradizione e di piacere per il jazz,
il rhythm 'n' blues, il soul dei neri d'America. E lascia intendere
che presto, molto presto, bisognerà fare i conti con
"materiali" di questo tipo: che si annunciano sempre più
numerosi, nell'anno che verrà. |