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Musica per l'anima

a cura di Roberto Gatti

 

Loreena McKennitt

Cominciamo dal Mito, che è molto più agevole. Dicono dunque gli studiosi che Anfione riuscì a edificare le mura di Tebe solo grazie al suono della sua arpa, ricevuta in regalo
direttamente da Mercurio. Dicono pure che a Merlino bastò sfiorare le corde

di un'arpa d'oro per spostare alcune pietre di prodigiosa grandezza - diciassette, per la precisione - disseminate sulle pendici impervie del monte Killare, e disporle poi lungo la circonferenza di un cerchio perfetto: quello che, da allora, viene abitualmente denominato "Druid's Ring". Dicono ancora che Craiftine, concertista di fiducia della bellissima principessa irlandese Moriath, diede nuova favella a un giovane re, promesso sposo della fanciulla, suonando per lui le tre melodie in cui si riconoscono, da sempre, tutti gli arpisti di derivazione celtica: il ritornello del lamento, il ritornello del sorriso e il ritornello del sonno.

Si potrebbe continuare all'infinito con gli esempi. Ma i tre appena riportati sono una testimonianza più che sufficiente dell'altissima considerazione in cui, dalla Grecia di Omero fino all'Irlanda di Brigit, regina e madre di tutti gli arpisti, veniva tenuto lo strumento tanto caro agli dei e ai poeti. Non a caso sempre associato al cigno bianco, quale simbolo per eccellenza del viaggio mistico verso i Mondi Superiori.

Ma ora proviamo a spiccare un enorme balzo nello spazio e nel tempo, per arrivare di volata fino ai giorni nostri. Non sappiamo bene quale ruolo abbia giocato il Mito, verso la fine degli anni Settanta, nell'indirizzare verso le magie sonore dell'arpa l'allora giovanissima Loreena McKennitt. Quel che però sappiamo, e bene, è quanto enormemente sia cambiata la sua vita, a partire da quel giorno fatidico. Infatti, come può capitare alla figlia di un commerciante di bestiame di Morden, Manitoba, Loreena, da piccola, sognava di fare la veterinaria. Poi, però, dev'essere successo un qualcosa di strano: uno di quei "quid" molto sfuggenti e misteriosi, che neppure il senno di poi riesce a decrittare. Sta di fatto che una sera, in un fumoso folk-club di Winnipeg, le capitò di ascoltare alcune melodie celtiche: e tanto bastò a scuotere in profondità le sue radici irlandesi. Così, qualche anno più tardi, mentre si trovava a Londra, le sembrò del tutto naturale comprare un'arpa celtica di seconda mano: la stessa che usa ancora oggi, la stessa che le ha fatto completamente dimenticare le antiche velleità veterinarie. Tanto che non è affatto azzardato ipotizzare che le origini della sua attuale, pubblica attività, si possano far risalire proprio a quell'indimenticabile notte canadese.

Loreena è troppo modesta, oseremmo dire "understated", per azzardare paragoni con altri colleghi, specie se più famosi e venerati di lei. Ma chi l'ha ascoltata svariatissime volte in concerto - per esempio Lynne Van Matre, critico del "Chicago Tribune" - sostiene che in lei la predisposizione per lo strumento rappresenta un qualcosa di assolutamente innato e ancestrale. "La McKennitt", scrive testualmente, "possiede la capacità - rarissima - di costruire un sound complesso: che è, da una parte, una prodigiosa evocazione dell'antica musica irlandese, e, dall'altra, un continuo richiamo alla contemporaneità più nobile e innovativa". Non bastasse, "la sua voce riassume in sè tutte le stigmate del magico, in grado di azzerare ogni possibile paragone con altri strumentisti".

La voce, appunto. Autentico vaso di Pandora dalle mille tinte e sfumature, è proprio questo lo "strumento in più" che Loreena possiede. Una voce che pare un'invidiabile via di mezzo fra i toni rarefatti di Enja, la "chanteuse" di Sligo già attiva nei Clannad, e i climi evocati da Agnes Buen Garnas, la sublime vocalist svedese che ha fatto grande il quartetto del sassofonista Jan Garbarek. Una voce che suona inconfondibilmente "nordica", anche se l'ascoltatore attento vi può agevolmente rinvenire gli echi di tantissime fonti primarie della World Music d'oggidì. "Per esempio delle nenie arabe che ho ascoltato nel mio peregrinare per la Spagna del sud e il Marocco. O magari del canto "qawwali" di Nusrat Fateh Ali Khan, uno degli artisti che prediligo in assoluto", precisa lei, quasi a voler sottolineare il carattere cosmopolita del suo personalissimo stile, e la vastità pressochè sterminata dei modelli di riferimento.

Proprio da qui, da questo policentrismo che non conosce barriere nè confini, nasce la sua (garbatissima) polemica nei confronti della New Age Music. "Il fatto è che, in America, moltissime persone tendono ad associare al termine New Age un tipo di musica molto circoscritto e particolare: una "musica d'atmosfera", essenzialmente, che bada in primo luogo al benessere psico-fisico di chi l'ascolta", dichiara Loreena. "Anche a me, sia ben chiaro, stanno a cuore, e molto, le "good vibrations" dei miei estimatori. Ma questo obiettivo, di per sè nobilissimo, non può far dimenticare il "conflitto eclettico" insito nella mia musica: vale a dire le influenze culturali che vi convergono in maniera paritaria, e il fatto stesso che i collaboratori di cui mi avvalgo provengono da territori fra loro diversissimi, come il jazz, il rock, la musica latina e perfino l'avanguardia sperimentale".

La specificazione è importante. Al contrario di tanta New Age contemporanea, quasi sempre costruita attorno a grumi gracilissimi di note avulse dalla storia, e reiterate all'infinito grazie all'utilizzo di sintetizzatori, sequencer e altri marchingegni dell'elettronica moderna, la musica di Loreena riesce a gettare un arditissimo ponte fra il "qui e ora" e gli echi di un passato a volte arcaicamente lontano. Non a caso i suoi ultimi dischi - "The Visit", "The Mask And Mirror" e il recentissimo "The Book of Secrets": altrettanti capitoli di un'autentica trilogia - presentano rilevanti somiglianze in termini di background, di elementi di ricerca, di fonti di ispirazione. "Sono veri e propri documenti delle mie esplorazioni sul campo", dice lei semplicemente. Ma questi mirabili affreschi sonori, abbozzati dapprima attorno a un'idea-forza alquanto grezza, e poi precisati passo dopo passo, come capita a qualunque "work in progress" degno di questo nome, non potrebbero davvero esistere senza una riflessione storica circostanziata, senza un'indagine puntuale dell'esperienza umana, senza un'attenzione tesa a cogliere ogni stilla d'emozione, dalla più "densa" alla più "sottile". Senza, soprattutto, un viaggio instancabile fra le pieghe del mondo visibile (l'Irlanda, la Turchia, la Grecia, l'Italia, la Spagna, il Marocco, la Siberia...) e le voragini abissali del Sè più profondo e riposto.

Proprio questo, in definitiva, è il significato autentico di "The Book of Secrets". Già il fatto che il titolo sia stato ripreso da antichi testi alchemici testimonia della volontà di riflettere su alcuni nodi "filosofici" a tutt'oggi irrisolti: sostanzialmente, chi debba esercitare un potere di controllo sulle informazioni necessarie al progresso dell'umanità. Ma poi - quasi un corollario necessario - vengono le convinzioni di Loreena, assolutamente personali ma completamente condivisibili: per cui, da un lato, "più impari sul mondo, più impari su te stesso"; e, dall'altro, "i segreti più interessanti sono sempre quelli che scopriamo su noi stessi". Infine (meglio: in principio) giunge a illuminarci l'aforisma coniato dall'ineffabile Lao Tzu (in lingua: il Vecchio Maestro Bambino) un bel po' di anni fa, diciamo 25 secoli prima di Bruce Chatwin: che testualmente afferma: "ogni buon viaggiatore non ha una meta prefissata e non gli importa dell'arrivo". Sacrosanto.

Fra queste "non mete", a buona evidenza, c'è il viaggio per eccellenza: il Cammino dello Spirito. Ma anche in questo caso, come sempre le accade, Loreena McKennitt dà prova di un'umiltà tanto consapevole quanto rigorosa. Dice, in buona sostanza: "Sono ancora a uno stadio primordiale della ricerca del mio Sè. Nel corso della registrazione di "The Mask And Mirror" ho potuto conoscere la storia spagnola, la spaccatura del paese in tre diverse comunità religiose, la grande capacità delle persone di essere coinvolte in senso spirituale: e tutto questo mi ha colpito molto profondamente. Durante la realizzazione di "The Book of Secrets", invece, ho provato il momento di maggior commozione viaggiando con la Transiberiana: il dramma umano che vedevo consumarsi fuori dal mio finestrino, al cospetto di tanta gente quasi sempre disperata, si è risolto, dentro di me, in un'esperienza spirituale formidabile. Proprio da qui ho tratto la convinzione che il bisogno di spiritualità degli esseri umani sta diventando sempre più forte. E, soprattutto, sempre più disponibile a svincolarsi dalle gabbie, alquanto rigide, predisposte dalle religioni istituzionalizzate".

Chi ancora crede nell'immanenza del Caso, potrà magari pensare che una riflessione del genere abbia cominciato a intrufolarsi nella mente di Loreena per un mero afflato di natura probabilistica: la Legge dei Grandi Numeri è pur sempre un'eccellente scialuppa di salvataggio, non è vero? Ma chi, al contrario, comincia a nutrire il dubbio che tutti gli accadimenti dell'esistenza umana siano legati fra loro da un filo, sicuramente invisibile ma non per questo meno potente e rigoroso, non potrà fare a meno di notare la formidabile "singolarità" del luogo e delle circostanze. La Siberia, infatti, è ancor oggi uno dei luoghi deputati dello Sciamanesimo planetario. E lo Sciamanesimo, per dirla con le parole di un autorevole studioso come John Matthews, "è, con ogni probabilità, la più antica disciplina spirituale conosciuta al mondo: non religione organizzata, ma pratica complessa e rigorosa, capace di attraversare tutte le fedi e le credenze per raggiungere i livelli profondi della memoria ancestrale".

Sorge dunque il sospetto che la tappa siberiana di Loreena sia stata ben più di un banalissimo accidente, casualmente indirizzato alla costruzione di una splendida canzone: "Night Ride across the Caucasus". Al contrario, risplende la certezza che, quella, sia stata una "non meta" per antonomasia: sistemata lì a bella posta perché potesse trarne i rudimenti - magari ancora piccoli, ma sempre meno incerti e labili - necessari alla cura di un mondo malato. Infatti, anche di questo si occupa, da sempre, lo Sciamanesimo autentico.

Sia quel che sia, una cosa è certa: lo strumento che nostra Madre Terra ha voluto dare in dono a Loreena, e che così amabilmente ora lei dona a noi, con sonorità tanto cristalline e incontaminate, non è proprio roba da poco. C'hanno mosso mari e monti, con quell'arpa incantata. E, per nostra fortuna, li muoveranno ancora: in saecula saeculorum. Amen.

  Di Roberto Gatti

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