capaci di tener fede al loro titolo in maniera a dir poco
encomiabile, e "Clandestino" (Virgin) è uno di questi.
Perché, innanzi tutto, è
uscito lo scorso anno, e sebbene sia stato diffuso in "heavy
rotation" da moltissime radio private, soprattutto da quelle più
attente alle tematiche sociali, soltanto adesso sta conoscendo i fasti
delle posizioni alte della Hit Parade nostrana: segno inequivocabile di un
occultamento mediatico pressochè assoluto
In secondo luogo perché il
suo mèntore per antonomasia, il cantante Manu Chao, è quanto di più
deviante si possa immaginare, rispetto agli standard abituali della pop
music internazionale.
E infatti lo incrociamo quasi per caso, nel tardo pomeriggio di un qualunque venerdì di metà ottobre, ovviamente ben lontano da una di quelle canoniche conferenze-stampa che lui detesta in maniera quasi viscerale. Ce lo troviamo davanti negli studi di Radio Popolare, dopo che per mezz'ora buona ha bloccato il traffico con una session improvvisata nel bel mezzo di via Stradella. Ma anche qui, ormai lontanissimo dal frastuono dei clacson e dallo stridìo un po' astioso delle gomme, non è che la sua effervescenza mercuriale si plachi più di tanto: e infatti cambia di continuo il luogo di registrazione dello "special" a lui dedicato, e alla fine opta per l'"open space" della cronaca, dove, a suo dire, l'acustica è di gran lunga migliore. E poi ci dà dentro per un paio d'ore con una generosità senza pari, facendone più di Carlo in Francia e divertendosi come un bambino sull'ottovolante. E solo dopo che ha finito tutto quanto, e salutato le decine di fans che sono entrate di soppiatto nella sede della radio milanese per acclamarlo, e trincato un bel po' di bicchieri di generoso rosso dell'Oltrepo pavese, si decide a fermarsi per le quattro chiacchiere di rito: pregne di una simpatia a dir poco travolgente, sparate a raffica con un accattivante spagnolo franco-italico.
Nato a Parigi il 21 giungo del 1961, da un padre originario della Galizia e da una madre di Bilbao, l'incontenibile Oscar Tramor (questo il suo vero nome) è proprio uno che non le manda a dire. Tant'è vero che il gruppo che ha guidato con enorme successo fra il 1987 e il 1994, in meravigliosa simmetria d'azione (e di intenti) con i rivali Negresses Vertes, si chiamava Mano Negra: quasi una rivalutazione in senso romantico della prima mafia sudamericana. E ora che ha sciolto quella formazione "per esaurimento delle motivazioni originarie" - e, con lei, anche quella concezione musicale ribaldamente battezzata "patchanka", ardimentoso mélange di suoni da ogni parte del mondo - il simpatico Chao non se ne sta certo con le mani in mano. Infatti ha fondato una band nuova di zecca, Radio Bemba, della quale dice testualmente: "è un collettivo a geometria assolutamente variabile, visto che spazia da una persona sola - il sottoscritto - a trenta o quaranta musicisti di ogni genere e tipo, a seconda delle esigenze e delle ispirazioni del momento".
Proprio con un settetto estrapolato dal pozzo senza fondo di Radio Bemba, Manu si è presentato nella puntata inaugurale di "Francamente me ne infischio", il programma di Adriano Celentano, ottenendo un caldissimo successo. E di quell'esperienza ora dice: "Io non vado mai in tivù, perché la televisione è un'enorme macchina di menzogne: è il background ideale di quanto affermo nella mia canzone "Mentira". Se dunque, per una volta, ho fatto uno strappo alla regola, è perché lì era presente il leggendario Compay Segundo, che per me è l'artista più importante del mondo. E sono felicissimo che ora cominci a godersi il trionfo che da sempre si merita grazie alla diffusione di "Buena Vista Social Club": un disco molto onesto, molto bello e molto passionale. Che ha saputo riportare Cuba nel cuore di tutte le genti". E se gli si domanda dove si trova, per esempio, il cuore dell'Italia, lui, ridendo, risponde: "nella mozzarella di bufala". E poi, più serio, ritornando alla musica: "in Renato Carosone, che è un genio assoluto.Mi piace tutto di lui: le parole, la musica, gli arrangiamenti, l'ironia sottilissima.Insomma, sono convinto che Carosone sia una medicina eccellente contro la depressione".
E' del tutto evidente che uno spirito onnivoro di questa risma, capace di saltabeccare con pari entusiasmo dal punk al flamenco, dal "son" cubano alla "tammurriata" partenopea, non può rimanere ancorato a lungo in un luogo specifico. Manu, infatti, ha trasportato da qualche tempo la sua base a Barcellona: "perché dopo trent'anni di clima parigino avevo una gran voglia di sole e di caldo". Ma anche lì è quanto mai difficile trovarlo, e lui non ci mette molto a spiegare il perché."I Mano Negra erano nati perché volevo un gruppo dove poter suonare tutto ciò che mi passava per la testa, e soprattutto soddisfare la mia voglia sfrenata di movimento continuo", racconta con un sorriso. "E anche adesso che mi avvicino ai quaranta, questa voglia è sempre presente in me. Infatti non riesco a stare fermo in una città per più di quindici giorni, ma, al tempo stesso, non sopporto i tour canonici, quelli di una sera e via, avanti verso la prossima meta. Perché io ho amici in ogni parte del mondo, e quando capito dalle loro parti ho voglia di salutarli, di stare un po' di tempo con loro, di fare musica insieme a loro. Per questo ho creato Radio Bemba: è la risposta che cercavo a questo tipo di esigenze". Ha le idee chiare, il ragazzo: musica meticcia, suonata con strumentisti di ogni razza e colore in ogni angolo del mondo, dal Cile al Senegal, da Cuba all'Italia nostra. Anche per questo, forse, piace così tanto.
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