Sarah Jane Morris
L'intervista
La rossa di Southampton, lanciata nello showbusiness dopo la collaborazione con Jimmy Somerville e i Communards ai tempi di “Don’t leave me this way”, è oggi una donna dalla forte presenza, sempre più convinta delle sue scelte artistiche che l’hanno portata fuori dal
mainstream. Sarah Jane - che forse qualcuno ricorderà a fianco di Riccardo Cocciante in una lontana edizione del festival di Sanremo, nel 1991 - è una delle più black tra le cantanti inglesi: donna forte e di carattere, uscita recentemente con un album interessante (‘Love and pain’/Irma
Records) che valorizza le sue doti composititve e interpretative.
Ama parlare e esprimere i suo punti di vista, felice di restare da molto tempo in una particolarissima nicchia: pur non essendo, la sua, una musica ‘difficile’, la scelta di Sarah Jane è stata da sempre categorica e integrale: no alla commercializzazione sfrenata della musica, sì alla qualità, e a qualunque prezzo. Per questo ha deciso con il marito David Coulter (suonava nei
Pogues, ndr), di abbandonare Londra per Walton, un villaggio nella campagna del
Warwickshire.
Quello della Morris è un racconto jazz tutto particolare: apprezzata qualche anno fa per ‘August’, un album acustico realizzato in collaborazione con Marc
Ribot, Sarahh Jane non ha mai abbandonato la passione per la recitazione – ha studiato arti drammatiche - anche se la musica è ormai ‘la’ strada.
<Ho deciso di stare fuori dall’industria discografica vera e propria – dice Sarah Jane – anche perché, a conti fatti, il mercato, per come è oggi , limita moltissimo gli artisti. Certo, esistono anche svantaggi rispetto alla mia posizione ma sono certamente in pace con me stessa. Consideriamo poi che per una donna la realtà non è mai bianca o nera, viviamo sempre in una fetta di ‘grigio’ per poterci affermare in seguito. Il lavoro discografico di una donna non è di solito immediato, va ‘digerito’ e dunque non è sempre facile far capire un proprio progetto quando ci si confronta sempre con uomini>.
E’ una scelta consapevole, senza rimpianti…
Sì, perché parte da fatto che l’industria sta cambiando: oggi due o tre major guidano il business, ma la resa dei conti è arrivata con internet: grazie al Web, artisti come me possono permettersi di uscire dal giro delle major senza per questo. Con internet puoi scegliere che strada percorrere, decidere quanto devi spendere e tutto diventa più realistico e possibile.
Il disco parla di amore e dolore: c’è una componente che prevale?
Parlo dell’amore romantico, anche quello che provo per la mia famiglia e mio figlio, ma il dolore è legato alle contraddizioni dell’amore stesso, che non esiste solo nella sua versione ‘rosa’. E per questo non ho rinunciato alle melodie. Le amo, ne sono sempre andata matta. In tutti i miei lavori non ho mai avuto paura di esprimere prima di tutto i miei sentimenti attraverso la melodia.
E’ un disco che presta molto attenzione alle donne e al loro modo di
essere…
E’ un disco che celebra le donne, del resto ne sono sempre andata molto orgogliosa! Io prendo la mia forza da mia madre e da tutte le donne che hanno avuto a che fare con me fino ad oggi. Mia madre proviene da una famiglia povera, ha sempre lottato per andare avanti con sette figli e non era in grado di avere certezze. Eppure ce l’ha fatta. Per me è un esempio: è una amica di 68 anni che riesce sempre a darmi i giusti consigli.
Come vedi oggi, anche rispetto agli esordi,il tuo ruolo di donna e cantautrice?
Vedo certamente una società più equa, ma credo che le donne debbano ancora capirsi e accettarsi nelle differenze. Io e molte donne cantautrici siamo autonome, abbiamo una marcia in più. Penso a Ani di Franco, ad esempio, che è riuscita a essere coerente con se stessa e a fare ottima musica.
Si sta riavvicinando alla politica? Lei si è molto esposta contro l’era
Tharcher, a fianco dei minatori inglesi, ad esempio…
Dopo essere stata un’attivista convinta, per gran parte degli anni ’90 mi ero sentita totalmente disillusa dalla politica. Avevo votato un governo che pensavo avrebbe cambiato le cose, ma non è andata così. Poi sono diventata madre, e molte prospettive sono cambiate. Negli anni ’80 avevamo la Thatcher come nemico comune e da quell’antagonismo sono nate per reazione molte iniziative positive. Devo ammettere che dopo l’11 settembre ho di nuovo sentito il desiderio di informarmi, di leggere i giornali per sapere che cosa sta succedendo.
Lei è sempre molto legata all’Italia...
Moltissimo, è sempre nel mio cuore. Anche nel disco partecipano molti musicisti italiani, non potrei farne a meno.
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