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Musica per i golosi

a cura di Francesca Mineo

 

 

 


Michael Franti

L'intervista

"Caro Mondo, possiamo bombardare il pianeta e ridurlo in pezzi, ma non siamo ancora in grado di bombardarlo di pace. Qualsiasi bomba è terrorismo, non importa chi la lancia. Ricordo il dolore nei nostri cuori dopo gli attacchi alle torri gemelle e non posso immaginare il dolore di chi a Baghdad, nel nome del petrolio, è stato devastato da una violenza più grande di quella usata a New York, in Pennsylvania e a Washinghton. Sono in lutto per tutte le perdite umane. Fermiamo l'eccidio, potere alla pace". Firmato: Michael Franti.
E' una sintesi della lettera scritta dal leader rasta degli Spearhead per accompagnare l'uscita di
'Everyone deserves music' (Labels/EMI), album che unisce la critica al sistema e al militarismo con la gioia del ritmo e la dolcezza delle melodie. Un disco che sembra voler solo divertire, e invece è uno scrigno di pensieri e riflessioni che ti restano in mente al passo con i beats.

"Anche il nostro peggior nemico merita un po' di musica' ritma Franti nel brano che dà il titolo al disco, perché "sono ottimista, credo nell'altruismo e trovo nella musica un rifugio sicuro".
Fisico da cestista e modi da profeta, Michael Franti torna con un lavoro fedele alla miscela di stili - rap, jazz, r&b, soul - e alla consapevolezza delle ingiustizie sociali. Paladino del metodo lento e inesorabile, per fare le guerre facendo la pace. Racconta con l'entusiasmo, come fosse appena accaduto, l'evento cui ha partecipato a fianco di Ani di Franco, Sal Williams e altri artisti 'outsider' a San Francisco: 'Not in our name' era il nome dell' happening contro la guerra in Iraq, quando ancora si sperava di evitare il peggio. "11 e 9 non significano solo 11 settembre, ma anche 119, ovvero il numero americano per le emergenze - spiega Franti -: una data simbolica per dire alla gente di aprire gli occhi, e non nascondere la testa sotto la sabbia". 

Figlio adottivo di genitori bianchi, Michael Franti acquisisce fin da piccolo la coscienza della diversità e viene riconosciuto, in ogni circostanza, come un leader. Ha cantato per gli homeless ('Hole in the bucket') e per i malati di Aids ('Positive'), contro la pena di morte e il razzismo ('Stay human'). Ora guarda dritto nella coscienza di ognuno.

Un disco diretto, che prima di tutto invita a ballare: è così che parli di politica?
"Questo è il mio modo naturale di esprimermi come artista, anche se principalmente volevo fare un disco che piacesse alla gente, che la facesse star bene quando si alza al mattino. Non credo che i messaggi profondi, om quelli politici, vadano per forza urlati: anche Bob Marley, che per me è un riferimento chiaro, curava molto le melodie e i ritmi".

Pensi di essere indigesto per molti, con le tue opinioni?
Credo di sì. I miei messaggi sono spesso indigesti per alcuni ma non penso sia colpa loro! Sono responsabile di ciò che dico, per cercare di rendere con semplicità un messaggio complesso. E molte persone dimostrano di apprezzare lo sforzo.

Per molti infatti sei un guru dal quale avere indicazioni di vita...
Il mio ruolo è di cantastorie e di compositore. Sono una persona che cerca di tenere alto lo spirito della gente, a dispetto del caos intorno a noi. E' vero, a volte mi sento dire: 'Cosa posso fare per cambiare ciò che non va nel mondo?'. Non saprei proprio! So però che è importante relazionarsi con gli altri, interagire, trovare risposte insieme agli altri perché ognuno deve avere il proprio ruolo.

Come vivi questi momenti, considerando che l'album è un manifesto di antimilitarismo?
Con dolore, come tutti. L'unica, vera guerra da fare è proprio al militarismo. L'America vuole scioccare il mondo per uccidere, quando dovrebbe stupire con l'amore e la giustizia sociale. La guerra all'Iraq non è iniziato a marzo, ma 30 anni fa. Il nostro lavoro di oggi è quello di prevenire le guerre dei prossimi 30 anni. 

Le dodici tracce rivelano un percorso che parte da Michael Franti e poi guardano il mondo. Ne esce la tua filosofia. La prima: 'What I be'. 
Esprimo il mio essere, le cose che credo di aver fatto meglio. Tornando a Marley: non era certo perfetto, ma la sua musica ci dice che possiamo migliorare, anche con i nostri aspetti negativi. Credo che la musica, che certo non cambia il mondo dal giorno alla notte, può aiutarci però ad arrivare a domani, a farci vivere le emozioni.

'We don't stop': non bisogna smettere di..
Ribellarsi, combattere, mollare, combattere per il denaro. Anche se il mondo va così non significa che dobbiamo arrenderci.

'Everyone deserves music' e 'Never too late': a chi si rivolgono?
A tutti: ai nemici, alle persone che abbiamo vicino e di cui neanche ci accorgiamo. Non è mai tardi per un nuovo inizio, per non avere paura.

Molti brani sono sull'amore: 'Pray for grace', 'Love, will did you go away?', 'Love invincible'.
Prego perché sono un soldato ma ho paura, e chiedo aiuto per risollevare il cuore; chiedo aiuto perché l'amore non se n'è andato, siamo noi che l'abbiamo lasciato. Tutto dipende sempre da noi. Hanno ragione i buddisti: pensiero giusto, azione giusta.

I tuoi messaggi sono carichi di spiritualità... 
Dio è amore, chiunque sia. Pratico meditazione e yoga, e questo cresce la mia spiritualità, ma se vuoi essere guerriero di pace Cristo, Gandhi, Martin Luther King, Che Guevara hanno diffuso messaggi di amore sublime.

Per questo l'immagine dell'album è anche un segno di vittoria?
L'immagine è prima di tutto di pace e di compassione verso gli altri: c'è un pugno che stringe forte un fiore, è l'immagine della violenza dell'amore. Alzo le braccia in segno di vittoria, ma è un modo per gridare di più 'Potere ai pacifisti'.

In 'Chocolate Supa Highway' dicevi 'Se non ricordi il passato, dimenticherai il futuro': ne sei ancora convinto ?
Assolutamente. Non si può vivere senza coscienza storica.

 

 

 


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