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Musica per i golosi

a cura di Francesca Mineo

 

 

 


David Gray

L'intervista

David Gray, autore-rivelazione per l'album 'White ladder', quattro anni fa, torna con 'A new day at midnight', pubblicato sulla sua etichetta "iht" (East West). In realtà questo è il suo sesto album, ma la popolarità a livello mondiale per il musicista inglese è arrivata dopo alcuni anni di carriera consolidata. E se non ha modificato di molto la sua squadra di lavoro - al suo fianco il polistrumentista Clune - Gray non ha neanche perso l'abitudine di comporre e lavorare in un luogo raccolto. Anche 'A new day at midnight' è nato nello studio della iht a Clapham , periferia di Londra: ne .è uscito un album malinconico, dove i molti lati scuri sono illuminati da una luce, ora reale ora metaforica.

Non mancano le dolci melodie, tipiche dello stile di Gray, che forse risultano qui più ipnotiche. I testi - ispirati alla morte del padre e a un momento di particolare interiorizzazione dell'autore - proseguono nella direzione cantautoriale, pieni di parole e sentimenti.

Il disco parla di illuminazione: ha qualcosa a che fare con una illuminazione religiosa o è si tratta di una metafora per parlare del futuro?

Non sono stato educato con una formazione religiosa né, negli anni, ho trovato da solo una religione, anche se questo non vuol dire che la vita non sia un'esperienza spirituale. È difficile spiegare perché o come la musica e l'immaginazione interagiscano per esprimere un concetto di questo tipo, sarebbe pretenzioso se sapessi spiegarlo io. E' un disco nato dall'istinto. E nei momenti peggiori, più bui, riesci ad avere il meglio dalle persone e a capire meglio la vita.

 

Il nuovo album appare meno 'facile', i testi sono più criptici: basti ascoltare la prima traccia, 'Dead in the water'. E' la svolta necessaria per proseguire?

Ogni disco è diverso dagli altri, e non saprei dire se è stato più facile o più difficile perché è vero che 'White ladder' dava la possibilità di un coinvolgimento immediato. Forse 'White ladder' aveva un'impronta leggera. Questa volta penso che le canzoni siano più difficili da digerire, ogni parola, ogni sentimento espresso. Quello che provo arriva da qualche parte e le canzoni sono proiezione e riflesso di quello che ho dentro, ma non si tratta di un procedimento conscio né premeditato. Per 'A new day at midnight' c'è stato un lungo periodo di tempo tra composizione e registrazione, subito dopo il tour, che era legato ancora alle emozioni di 'White ladder'. Ma le cose cambiano ogni volta che arrivo in studio, quindi ho bisogno di scrivere e lavorare ancora sui pezzi. E poi le canzoni che scrivo sono sempre troppe, è difficile trovare quelle che stanno meglio tra di loro in un album.

 

Avete lavorato in un piccolo studio: questo tipo di raccogliemento aiuta la creatività?

Trovo divertente usare uno studio così piccolo, circa 7 metri per 3, anche se è chiaro che ci sono delle limitazioni. Ad esempio, non posso metterci un pianoforte. SI lavora benissimo, basta abituarsi a lavorare spesso in digitale. Siamo riusciti ad avere tutte le vecchie tastiere, i vecchi sintetizzatori e campionatori. Mi sembra di aver lavorato in casa, anche perché non voglio certo un album perfetto e super pulito. Amo da sempre la qualità 'lo-fi'.

 

Il successo di 'White ladder' ha condizionato la realizzazione di questo album?

'White ladder' è andato bene, oltre ogni immaginazione, però non ho lasciato che le aspettative degli altri mi facessero fare qualcosa di diverso da quello che volevo io. La vera pressione la sento ora, perché l'album è atteso e per il momento esistono solo molte opinioni. Il polso della situazione si avrà dopo l'uscita vera e propria.

 

Perché 'White ladder' ha incontrato in poco tempo i favori del pubblico, pur non essendo stato lanciato con particolari operazione di marketing?

Penso che il pubblico fosse 'affamato' di qualcosa che venisse dal cuore, magari un po' controcorrente rispetto a molti dischi di successo che vendono milioni di copie ma fanno davvero schifo. Non so se raggiungerò oggi un pubblico tanto vasto, anche perché il pubblico è spesso entusiasta di comprare tutto ciò che gli viene proposto. Penso che la melodia sia sempre un aspetto importante, crea un fascino irresistibile nei brani.

 

'A new day at midnight' lascia intendere sottili proteste, non guerre dichiarate, come in 'December' o 'Freedom'…

La musica da sempre è rivoluzionaria, però è vero che oggi la spinta propulsiva è finita, chi fa musica pensa in isolamento. Spesso questo porta però a trovare contatti con l'esterno, se componi qualcosa che trova punti di contatto. Ero forse più 'arrabbiato' in passato, oggi il mio modo di comporre e protestare è più interiore. Ora le canzoni hanno qualcosa di poetico, forse sono meno ovvie. E in alcune canzoni c'è sempre una parte di me che cerca di far confrontare le idee. Credo di dare il meglio di me quando parlo di amore e di confusione.

 

'December' è un brano tra i più malinconici. Come è nata l'ispirazione?
Prima di tutto è un pezzo che ho composto al pianoforte, e penso sia sempre un privilegio poter suonare il piano. Ero in negozio, dovevo comprarmi un nuovo pianoforte e quando lo stavo scegliendo, provavo a strimpellare qualche melodia, con tutta la gente intorno a guardare ed ascoltare. A casa poi ho finito il pezzo che, sì, è molto triste. Non penso che ci sia un senso vero nelle parole, certo è legato a un sentimento che provavo durante quel mese di dicembre, e in Inghilterra è un mese molto cupo, piove. E' un momento in cui è quasi impossibile trovare consolazione, se anche la cerchi.

 

Si parla anche di America. Qual è la sua idea?

Alcuni fatti hanno cambiato la visione del mondo e non si può stare a guardare, per cui è chiaro che sento l'urgenza di scrivere, anche se la mia analisi è sempre personale e interiorizzata. Nell'album e in 'December' ci sono riferimenti all'America ma mi sembrava banale esplicitare ancora una volta i fatti dell'11 settembre, lo ha fatto già Bruce Springsteen, e basta così. Mi sento vicino al dolore di tante persone.


 

 


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