Dovevamo parlare del suo nuovo disco, "No more drama", appena edito dalla Mca, e del tour europeo che aveva già definito in quasi tutti i particolari, ivi comprese le tre o quattro date italiane nel mese di novembre. E dovevamo anche parlare della svolta, profonda e radicale, che questo vibrante lavoro aveva impresso all'intera sua vita: come ben si comprende fin dal titolo che porta, ma, soprattutto, dalle liriche di "Forever no more", il "poemetto" che chiude la raccolta delle diciassette canzoni. Ma poi, come un fulmine a ciel sereno, imprevedibile e tremenda, la maledizione dell'11 settembre si è abbattuta su New York e sull'intero mondo d'occidente._Mandando in mille pezzi, insieme alle Twin Towers e alle seimila vite umane asserragliate lì dentro, sogni, progetti, certezze, aspettative e speranze. E ora, infatti, la bella voce di Mary J._Blige, la riconosciuta "Queen of hip-hop soul", è ancora scossa da un'incontenibile emozione, mentre ci parla per telefono da New York. Dice: "Io cerco con tutte le mie forze di essere ottimista, ma ho il presentimento che, dopo l'11 settembre, nulla sarà più come prima. Non lo sarà il mondo, non lo sarà la nostra "way of life", occidentale o americana che dir si voglia, e non lo sarà neppure, nel suo piccolo, il mio lavoro di tutti i giorni. E' triste, ma è così. Tant'è vero che non me la sono proprio sentita di mettermi in volo per l'Italia, e men che meno di assistere alle sfilate dei miei stilisti preferiti e fare avanti e indietro lungo il quadrilatero milanese della moda. Tutte cose che fino a qualche mese fa mi facevano fibrillare di gioia, e che ora invece sento distanti anni luce da me. Ma anche questo, forse, fa parte di quel radicale cambiamento di usi e costumi che le accennavo in precedenza...".
A dispetto dell'enorme tristezza che ancora sente dentro di sè, Mary J. ha comunque molta voglia di parlare del suo ultimo lavoro. Di come sia nato "dall'esigenza, per me profondissima, di non voler più sperimentare pene, lacrime e dolori nella mia vita, ma soltanto amore, benessere e gioia. Questo è infatti il senso profondo del titolo che porta, anche se, a dirlo adesso, può magari suonare leggermente blasfemo...". Di come, per incanto, si sia via via trasformato in una sorta di "inno d'amore e di fede per Dio: "The Man", come mi piace chiamarlo
amichevolmente. Che mi ha finalmente regalato quella "self consciousness" e quell'amore incondizionato per tutti gli aspetti della mia personalità, che andavo ricercando da sempre". Ed è assolutamente naturale, per lei, associare questa nuova consapevolezza di sè agli avvenimenti drammatici di questi ultimi giorni. "Potremo uscirne soltanto pregando", dice, "soltanto affidandoci completamente al volere di Dio: che è unico e reale, e perfettamente consapevole dei nostri desideri e dei nostri bisogni".
Ma chi la conosce appena un po', magari soltanto per aver ascoltato uno dei suoi dischi precedenti, dall'iniziale "Share my world" del 1993 all'ultra-premiato "Mary" del 1999, sa perfettamente che Mary J. non è soltanto una trascinante predicatrice, perfettamente inserita nel filone "gospel" della tradizione nero-americana: è anche una splendida donna di mondo. Una Lady vogliosa di dire la sua anche su questioni molto più materiali e terrene. A proposito del "nightclubbing" e delle serate scatenate in discoteca, dice per esempio: "Ho sempre voluto essere un'eccellente ballerina, e avere nel mio repertorio qualche canzone capace di aiutare la gente a lasciare alle spalle le tribolazioni dell'esistenza quotidiana. Proprio per questo, in "No more drama", ho inserito un paio di song come "Family affair" e "Dance with me": perché mi fanno "andare fuori" esattamente come ai tempi della mia gioventù selvaggia, ma in maniera infinitamente più... naturale!!!". E poi, a proposito dei testi di molte canzoni che oggi vanno per la maggiore, sottolinea con grande enfasi un concetto assolutamente condivisibile: "C'è molta, troppa violenza nella musica di questi ultimi anni. La gente dovrebbe cominciare a capire che tutto ciò che le esce di bocca sotto forma di pensieri e parole, alla fine ritorna. E dunque, se evochi morte e violenza, ciò che ti ritorna è soltanto morte e violenza. Invece, se canti l'amore e la vita, i risultati saranno completamente differenti. E proprio questo ho cercato di dimostrare con il mio disco".
Infatti, nella canzone forse più bella dell'album, la già citata "Forever no more", Mary J. si dilunga a parlare di uno dei mali più diffusi del mondo contemporaneo: la depressione. "Lo faccio perché", racconta, "quasi nessuno conosce le cause che la generano._Che sono molteplici e profondissime, e hanno le loro radici nelle paure, nelle insicurezze e nella radicale mancanza di autostima così tipiche della nostra società: tutti accidenti che, purtroppo, dopo l'11 settembre, non potranno che aumentare a dismisura. Ma sarà forse il caso di ricordare che noi NON siamo ciò che il mondo terreno dice che siamo, e cioè poveri, malati, sofferenti e mortali. Siamo, invece, quel che Dio vuole che siamo: ricchi, belli, felici, forti..._e soprattutto eterni! E proprio da questa certezza, in fin dei conti, nasce l'incrollabile ottimismo di cui le parlavo prima. A dispetto dei dubbi e degli inganni che la mente - la mia, la nostra - genera in continuazione!". |