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Micus, chi era costui? Così, alquanto manzonianamente, potrebbe magari chiedersi, non senza qualche ragione, chi nella musica naviga soltanto in prossimità delle Top Ten e delle Britney Spears. E allora diciamo, a beneficio d'inventario, che questo quarantottenne |
gigante tedesco dall'aspetto mitissimo e dal sorriso gentile è uno che si muove seguendo ben altre traiettorie, intuzioni e passioni. Per dirla in un paio di parole, Micus è una sorta di Bruce Chatwin della musica d'oggidì. E' un viaggiatore instancabile e solitario, che dovunque vada si impadronisce a fondo degli strumenti del luogo: il duduk in Armenia, la kalimba in Tanzania, lo shakuhachi in Giappone, il dondodn in Ghana, il sattar in China. Poi ritorna a Maiorca, dove vive ormai da una decina d'anni, e con pazienza certosina comincia a comporre musiche adatte agli strumenti che ha deciso di attivare. Musiche che interpreta totalmente in proprio, incidendo e sovarincidendo senza fine, e aggiugendo al tutto anche la sua straordinaria voce: così profonda, ammaliante, evocativa. E' un lavoro di cesello meravigliosamente complesso e sfaccettato, il suo. Adorato, in genere, dagli estimatori della New Age più intelligente, ma apprezzatissimo anche da coloro che cercano una "ambient" totalmente diversa da quella teorizzata da Brian Eno. E questo "Towards the wind", così aereo, vibratile, ventoso, appunto, ne è la conferma eclatante. |