Koop
L'intervista
Un album da sogno, senza mezze misure. Molto pensato, molto elaborato, molto raffinato. Ogni traccia di 'Waltz for Koop' è un ricamo incorniciato, che vive di fusion e di jazz, di sofisticata elettronica e di voci bellissime.
I Koop sono riusciti, con questo esperimento, a dare calore a uno stile che poteva apparire asettico, a far rinascere dal torpore performance di artisti nordici e tutte quelle sonorità che non dimenticano la storia del jazz. I Koop sono di poche parole, ma è sufficiente ascoltare il disco per dimenticarsene.
Uno dei vostri propositi è stato quello di omaggiare il jazz dei paesi nordici: quali sono i 'plus' di questi musicisti?
Negli anni Sessanta in Svezia avvenne qualcosa che era lo stesso 'qualcosa' che stava accadendo in Brasile. Il jazz stava emergendo così come la musica folk, delle campagne. Questi musicisti furono in grado di tradurre il jazz in 'svedese'. Questa è stata un aspetto nuovo e inatteso, che merita di essere rivalutato, anche dal punto di vista storico.
L'album ha un fascino tutto suo: quale è stata la vostra ricetta?
Abbiamo composto le canzoni come se fossimo vissuti negli anni d'oro del jazz. Così abbiamo cercato di conservare il ritmo swing, al quale abbiamo associato voci e interpretazioni di gran qualità.
Come avete scelto le voci femminili?
Prima abbiamo scritto i pezzi, poi abbiamo cercato, a una a una, la cantante che fosse più adatta a ricoprire il ruolo. Una di loro, Cecilia, aveva cantato nel nostro primo EP, ormai nel 1995, mentre Yukimi era stata scoperta tempo fa, nel corso di un concorso canoro per giovani musicisti jazz. E aveva solo 15 anni!
La lavorazione dell'album è durata due anni. Quali sono stati gli aspetti positivi e negativi di questa lunga attesa?
Abbiamo voluto un periodo così lungo per poter avere una certa prospettiva. Questo è stato certo positivo. L'aspetto negativo, al contrario, è che alcune canzoni sono state composte tre anni fa e quindi abbiamo dovuto lavorare perché si potessero facilmente adeguare allo spirito dell'album.
Terry Callier è forse la star delle voci ospiti. Una voce degli anni Sessanta che oggi è rivalutata da molti artisti, voi compresi. Che ne pensate?
Terry ha sempre realizzato album molto belli ma non ha mai sfondato davvero nel music business. Il modo in cui miscela jazz, soul e folk music è stato unico, da sempre, e risulta ancora oggi molto attuale, moderno. Forse i musicisti di oggi rispettano questa sua costante battaglia per rendere più riconoscibile e 'visibile' la sua musica e si rendono conto di quanto sia ancora preziosa.
Qual è il concept dell'album?
In una parola: Jazz.
|