Alice
L'intervista
“Dopo aver ascoltato e interpretato canzoni così sublimi, devo dire che l’idea di mettermi lì a comporre di nuovo mi spaventa un po’…del resto certi brani fanno parte della mia esistenza, di anni e momenti storici che ho vissuto. E così anche questo disco è un pezzo di vita che è rimasto lì”.
Bellissima e affascinante, Carla Bissi esprime con modestia e riverenza le emozioni provate nel lavorare a ‘Viaggio in Italia’
(Nun), raccolta di quattordici brani che appartengono a una generazione ben precisa.
Quella
che Alice ha osservato anche con gli occhi di De André, Battisti,
Fossati, Pisolini, Gaber, De Gregori. Canzoni che fanno parte del
bagaglio emozionale di Alice ma anche di una precisa ricerca
artistica: ‘Auschwitz’ di Guccini è forse la più lontana nel
tempo, seguita poi da ‘Un blasfemo’ di De Andrè (1071), ‘Atlantide’
di De Gregari (1976) fino a pezzi più recenti di Fossati, ‘Lindbergh’
e ‘La bellezza stravagante’, scritta appositamente per lei. Ma
ancora: pagine di Pasolini musicate da De Martino (‘Febbraio’,
‘Al principe’), un omaggio alla psichedelica con ‘Golden
hair’, tratto da una poesia di Joyce e cantato da Syd Barrett,
appena uscito dai Pink Floyd; nonché ‘Islands’ di Robert
Fripp (King Crimson), tratta da una poesia di Pete Sinfield.
Insomma,
un disco che solo apparentemente è una raccolta di cover: è un
esempio di come la voce possa esprimere all’esterno uno stato d’animo
interiore, attraverso parole di altri. Perché se l’intento era
quello di cogliere l’essenza dei brani originali, è certo che l’operazione
ha reso visibile un caleidoscopio di sensazioni che sono tutti di
Alice.
Fresco di stampa e della produzione di Francesco Messina, ‘Viaggio
in Italia’ accoglie alcuni ospiti come Morgan (voce e chitarra
in ‘Ecco i negozi’), Tim Bowness (duetta in ‘Islands’) e
Paolo Fresu.
Carla
Bissi racconta le origini e il progredire del lavoro discografico.
“Stavamo lavorando da qualche anno su canzoni – poche nell’ambito
della musica leggera contemporanea – costruite su opere di
grandi poeti e narratori. Quando però stavamo alternando ricerche
a registrazioni, l’area di interesse cambiava forma, distolti
dalla bellezza e dalla ricchezza della lingua italiana. Così il
viaggio poetico è rimasto circoscritto, salvo due eccezioni (‘Islands’
e ‘Golden hair’), alla musica italiana d’autore”.
Un viaggio che è legato a un preciso momento storico...
È una generazione cui sono legata, prima di tutto. Inoltre
non ho una conoscenza sulle nuove generazioni di cantautori o
perlomeno non ne ho trovato nel mio tipo di ricerca. Ho cercato la
poesia nelle parole; anche quando ascolto un disco, prima devo
sentirlo così com’è, aspettando le emozioni che mi provoca.
Poi cerco il significato delle parole. E queste canzoni sono
quelle che meglio rappresentano, secondo me, la grande canzone
italiana degli ultimi quarant’anni.
Come
è stata ‘adattata’ la sua interpretazione ai brani scelti?
Sono partita dall’idea che non dovevo emergere io, ma la
canzone. Siamo partiti dalla voce, poi abbiamo lavorato sugli
arrangiamenti. Ho cantato mettendomi a servizio della canzone, mi
sono posta in modo diverso, entrando o cercando di entrare nello
spirito della canzone stessa.
Come
si trova con la sua ‘Bellezza stravagante?’
E’ una bellissima canzone di Fossati che doveva essere un
inedito, ma dati i miei tempi lunghi di lavorazione, che da sempre
mi caratterizzano, ora non lo è più. Fossati ha fatto in tempo a
uscire con il suo disco prima di me.
Perché ha scelto brani del binomio
Battisti-Panella?
Battisti è prima di tutto un cantautore molto attuale. In più,
avendo pur amato il binomio Battisti-Mogol, ho riscoperto con
piacere canzoni come ‘Cosa succederà alla ragazza’ e ‘Ecco
i negozi’, magari meno ovvie di quelle più conosciute. Mi sono
comunque lasciata trasportare dalla mia passione per le parole,
dalla loro lirica.
Oggi
come ripensa alle esperienze di Sanremo: la prima nel ’72, con
‘Il mio cuore se ne va’ e poi quella più nota della vittoria
con ‘Per Elisa’, nel 1981?
In qualche modo devo essere devota a questo santo! In realtà all’epoca
non volevo passare da Sanremo per farmi conoscere, perché ero
affascinata dai cantautori. Poi però è capitato ed è stato un
percorso che ha fatto parte di me. Per quanto riguarda ‘Per
Elisa’ invece, ho avuto una sorta di distacco, per cui l’ho
tenuto nell’ombra per molto tempo. Ho smesso di cantarla nell’83-84
e poi ho ripreso a cantarla nei concerti nel 2002. Ripescarla
comunque, è stato molto bello anche se, come ‘Messaggio’, per
il loro contenuto non appartengono più alla mia vita attuale.
Ha
interpretato le quattordici canzoni con molto rispetto e deferenza…
Sì, perché come dicevo mi sono avventurata in opere di
cantautori che ho sempre ritenuto essere a un livello altissimo.
Tra le mie canzoni non potrà mai esserci qualcosa di quel tipo.
Forse ‘Dammi una mano amore’ è l’unica delle mie canzoni
che può, per ispirazione, accostarsi a questi colossi. In ogni
caso è un’altra storia, un altro mondo. In questo album vivo,
entro e esco in un mondo che non è stato mio anche se è stato un
mondo di scelte condivise. Con questa esperienza ho imparato a
distaccarmi dai generi e linguaggi, e ho scoperto la ricchezza che
vi era contenuta.
‘Viaggio
in Italia’ vede anche la presenza di ‘E’ stato molto bello’
e di ‘Come un sigillo’ di Battiato. Ricorda il primo incontro
con lui?
Certo, era il 1978, periodo in cui scrivevo canzoni ma non sapevo
bene se potevano piacere, se potevano avere un senso commerciale.
Andai all’incontro per portargli del mio materiale e lui era
vestito di nero da capo a piedi, con un cappello strano, seduto su
una poltrona, in silenzio ieratico. Dopo un po’ di tempo lo
incontrai di nuovo e mi disse: “Devi lavorare ancora, ma va bene”.
Non
è terminata la parentesi di ricerca di musica sacra…
No, assolutamente. Suono ancora i brani dell’album ‘God is my
dj’. Nel prossimo futuro vorrei però stampare un lavoro del ’94,
‘Art e decoration’, un album dal vivo con musiche di Ravel,
Fauré, SaintSaens.
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