cielo, seppur bigio e tormentato, non dà proprio l'impressione di voler scatenare le tonnellate d'acqua che ci investiranno di qui a poche ore. Rachid è appena arrivato dall'albergo di Mendrisio che lo ospita (non ha partecipato al sound-check della mattina), e ha l'aria di uno capitato quasi per caso da queste parti (avete presente il "Che ci faccio qui?" di Bruce Chatwin? E' il riferimento ideale). Per dirla tutta, dà l'impressione di non avere alcuna voglia di fare le due interviste che il suo efficientissimo ufficio-stampa gli ha organizzato, ai margini di questa undicesima edizione di "Festate", la rassegna chiassese di world music di cui, quest'anno, è l'assoluto protagonista. Ma così vanno le cose quando si studia per diventare una Superstar, e monsieur Taha - nato nel 1958 a Sig, regione di Orano, Algeria, ma da tempo residente a Parigi - è certamente uno di questi "apprendisti stregoni" del successo planetario. E dunque si adatta di buon grado alla "tortura", con una gentilezza e una disponibilità degne di miglior causa.
Tanto per rompere il ghiaccio, monsieur Taha: dicono che a lei non piaccia affatto essere catalogato come un interprete di raï...
"Certo che non mi piace, perché quel che interpreto e canto non ha davvero molto da spartire con il raï "classico" di Bellemou Messaoud, di Cheikha Rimitti e del primo Cheb Khaled, tanto per buttar lì qualche nome a caso. Ma anche in casi come questi, così più "puri" del mio, bisogna prestare un minimo di attenzione. Perché, per esempio, dal mio punto di vista, anche una cantante come Cheikha Rimitti, soprattutto nei due dischi realizzati con Robert Fripp, è molto più vicina al rock piuttosto che al raï comunemente inteso. E poi, generalizzando, il problema di fondo di tutti i cantanti raï che vogliano farsi conoscere al di fuori dei confini algerini è uno solo, ed è quello della fruibiltà.Dunque, per farsi accettare e apprezzare in Europa, magari continuano a cantare in arabo, ma adattando le strutture del raï a quelle della canzone europea. E allora, a questo punto, che cosa sono? Sono ancora "uomini raï" o sono già diventati "rockmen"? Io, per tagliare la testa al toro, a una domanda del genere do una risposta secca: dico che faccio rock, punto e basta".
Interessante. Ma rock è un termine ormai più che generico, e il rock è vasto quanto l'oceano Pacifico: ci sono i Clash e Bob Dylan, Laurie Anderson e i Sepultura, Frank Zappa e gli Allman Brothers... Come la mettiamo?
"La mettiamo che a me piacciono tutti i nomi che lei mi ha appena citato, ai quali aggiungerei anche Doctor John e Alan Vega, David Bowie e i Led Zeppelin, Lou Reed e David Byrne. Non faccio preferenze di sorta, ascolto tutto con uguale passione. Anche se, ultimamente, mi sono sorpreso ad ascoltare spessissimo, e ad apprezzare di pari grado... Johnny Cash!".
Passiamo ad altro, monsieur Taha. Un paio d'anni fa, insieme a Khaled e Faudel, lei ha inciso il disco "1, 2, 3 Soleils". Non le sembra - mi conceda una provocazione piccola piccola - di aver compiuto un'operazione tipo "tre tenori": Pavarotti, Domingo e Carreras?
"Ma lo sa che non ci avevo proprio pensato? Mi ha dato un'idea fantastica, la ringrazio moltissimo! Sì, è vero, la nostra è stata proprio una trovata degna dei tre tenori! E speriamo allora che abbia lo stesso successo!!!".
Glielo auguro di cuore, e vediamo un altro argomento ancora: da chi è composto il suo pubblico abituale?
"E' molto vario e sfaccettato, ci sono un po' di adolescenti ma soprattutto persone della mia età, sui quaranta o giù di lì. Ci sono gli amanti del rock, soprattutto, ma anche qualche intellettuale raffinato, che davvero non guasta. Ecco, direi che l'unico denominatore comune è dato dal fatto che trattasi, sempre, di gente di sinistra...".
Anche lei lo è, non c'è dubbio...
"Certo che lo sono, e anche parecchio! E mi piace dirlo apertamente soprattutto in frangenti come questi, in cui il "berlusconismo" tende a diffondersi a macchia d'olio in tutta Europa. E' un fenomeno molto pericoloso, questo, perché è estremamente ampio e variegato, e tende a controllare - e condizionare - tutti gli aspetti della società civile: dall'editoria all'edilizia, dalle televisioni alla musica. Dal mio punto di vista, Berlusconi è il "pericolo numero 1" della democrazia!".
E' curioso, monsieur Taha: lei parla con molta più passione della politica che non della musica...
"Certo, perché, al contrario di quel che succede di solito, è stata la politica che mi ha portato alla musica. Non a caso il mio primo gruppo si chiamava Carte de Séjour, un nome che più emblematico non si poteva. Ed è la musica il mezzo che mi permette di dire ciò che voglio e ciò che sento, in Francia come in Svizzera, in Italia come in Algeria...".
A proprosito di Algeria: com'è, ora, la situazione nel suo paese?
"Una merda! Ma, paradossalmente, l'Algeria è il paese arabo in cui ci sono più lotte e rivendicazioni, in cui la stampa, pur fra mille difficoltà, ha ancora la possibilità di parlare direttamente alla gente. La situazione algerina mi ricorda un po' quella iraniana, ci sono le stesse tensioni e la stessa, enorme, creatività. E la stessa speranza che, prima o poi, i generali cedano il loro potere al popolo...".
Non è un'utopia bella e buona, questa?
"Forse sì, ma vorrei anche ricordare un particolare generalmente alquanto sottovalutato, soprattutto da parte di chi parla della Cabilia come dell'unica regione autenticamente democratica d'Algeria. Vorrei ricordare che la stragrande maggioranza dei generali dell'esercito algerino è di origine berbera e "kabyle". E chissà che questo non voglia dire qualcosa...". |