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Frantic, frenetico, non è certo un aggettivo che si addica a Bryan Ferry: che, di carattere, è invece quanto di più compassato e "understated" il mondo del rock possa immaginare. Ma, a pensarci bene, il vortice di attività |
dentro cui s'è gettato nell'ultimo anno il dandy più ammirato
della Musica Giovane è stato quanto mai "frantic", visto che ha fatto convivere il lunghissimo "world tour" dei Roxy Music (per il trentennale della fondazione) e, in parallelo, la lavorazione di questo ennesimo album solistico. Che, per esplicita ammissione dello stesso Bryan, proprio dalla riunione con i suoi antichi sodali ha "vampirizzato" entusiasmo, calore ed energie vitali. "Frantic", inteso come disco, è infatti quanto di più riuscito si possa immaginare: molto più sapido e gustoso di tanti suoi antecedenti, tipo "Bête Noire" e "Taxi". Inizia subito in grandissimo stile, con una "cover" quanto mai azzeccata di un classico per antonomasia di Bob Dylan, "It's All Over Now, Baby Blue" (e non v'è chi non sappia quanto sia improbo "replicare" Dylan). Poi prosegue sullo slancio con alcune canzoni prodotte in proprio (bellissima, per esempio, "Goddess of Love") e, addirittura, con la rilettura di "Ja Nun Hons Pris", un "traditional" dedicato a Riccardo Cuor di Leone. Che la dice lunga sullo snobismo (sublime) del Nostro.
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