di ogni cosa: e a noi
sembrava del tutto naturale ascoltare (e amare) qualsiasi "genere" di musica,
dai Beatles al folk, fino a John Cage.
Per questo, forse, sono fatto come sono
fatto". Così si presenta Arto Lindsay, geniale artista newyorkese di origine
brasiliana, dopo l'uscita dell'album "Noon Chili" del novembre '97 e la recente
collaborazione con gli italiani de La piccola Orchestra Avion Travel, per i quali sta
producendo il nuovo lavoro, pronto dopo l'estate.
L'intervista
Da quell'amabilisima persona che è,
accetta di buon grado di parlare di sè.
Nei
tuoi ultimi dischi - "O corpo sutil", "Mundo civilizado", "Hyper
civilizado" e "Noon Chili" - con te lavorano moltissimi musicisti di
diversissima estrazione: tanto per citarne alcuni, Marc Ribot e Bill Frisell, DJ Spooky e
Nanà Vasconcelos, Brian Eno, Ryuichi Sakamoto e Vinicius Cantuaria. Come sono nate queste
collaborazioni?
"Già da qualche anno avevo in mente di fare un disco di samba in inglese. Finchè,
un giorno, Ryuichi Sakamoto (che allora aveva un contratto con la For Life, un'etichetta
giapponese) mi ha chiesto se avevo voglia di fare un album di bossa-nova per loro. Io gli
ho risposto che avrei lavorato volentieri a un disco di ballate, molto tranquille e
meditative: e ne è uscito "O corpo sutil". L'esperienza mi ha entusiasmato al
punto da completare subito anche il disco successivo, "Mundo civilizado", nel
quale ho avuto modo di collaborare ancor più proficuamente con Vinicius Cantuaria, uno
straordinario autore di bossa-nova. Tutto qui". Sembra
che tra te e Vinicius si sia creata un'intesa molto particolare...
"E' vero. Lo conosco da molto tempo, e da sempre lo ritengo un chitarrista e un
autore dalle doti assolutamente eccezionali. Ma il punto di svolta si è verificato solo
un paio d'anni fa, quando Vinicius è venuto a suonare a New York. Ci siamo trovati
talmente bene insieme, che abbiamo subito messo in cantiere alcuni progetti a quattro
mani: i tre dischi a mio nome e "Sol na cara", il suo album d'esordio sul
mercato internazionale. Un autentico capolavoro, ne sono più che convinto".
Completamente
d'accordo. Ma torniamo al tuo "Mundo civilizado": come mai un titolo del genere?
"Perché, ai miei occhi, il cosidetto "mondo civilizzato" assomiglia
straordinariamente a un mondo completamente "non civlizzato". Elementare,
credo".
Hai
qualche aneddoto curioso da raccontare a proposito della lavorazione di questi album?
"Beh, all'inizio è stato abbastanza difficoltoso perché da molti anni non facevo un
disco da solista. Così, ricordo di aver speso un sacco di tempo per registrare le prime
sei canzoni, che poi ho buttato via perchè non ne ero per niente soddisfatto. E ti posso
assicurare che, poi, è stata davvero dura... lavorare con la metà del budget e del
tempo. Quanto agli aneddoti, ricordo che diedi il testo di una canzone a Caetano Veloso
perchè ne scrivesse la melodia. Ci mise un sacco di tempo, e quando alla fine me la
spedì incisa su cassetta... la DHL perse il pacchetto postale! Così fui costretto a
chiamare Caetano al telefono, e a registrare la melodia che lui mi cantava direttamente da
casa sua!".
E
su Brian Eno?
"Ricordo che mentre registravo il mio disco, a New York, anche lui era da quelle
parti, a lavorare sul nuovo album di David Bowie. Così, ogni giorno, dopo aver lavorato
con Bowie, Brian veniva nel mio studio per rilassarsi un po' e fare quattro chiacchiere.
Finchè, una volta, scherzando gli ho detto: "Ti sei riposato abbastanza. Ora si
comincia a lavorare!". Così, in cinque o sei ore, ha preso i nastri del mio disco,
li ha fatti passare attraverso il banco degli effetti e li ha riversati su altre piste.
Alla fine mi ha detto: "Fanne ciò che vuoi". Detto fatto".
Mi
dicono anche che sei un estimatore di Curzio Malaparte...
"E' vero. La canzone "4 skies" mi è stata ispirata dalla lettura del suo
romanzo "La pelle". Ho sempre subito il suo fascino, e ancor oggi ricordo
perfettamente le inquadrature della sua casa di Capri, girate nel 1963 da Jean-Luc Godard
per il film "Il disprezzo". Ma devo dire che anche la lettura del libro di
Roberto Calasso, "Ka", mi ha dato molti spunti".
E
in ogni caso, nei tuoi ultimi dischi, la melodia riveste un ruolo di fondamentale
importanza: tutto il contrario di quando, in gioventù, lavoravi con i DNA, i Lounge
Lizards e gli Ambitious Lovers...
"E' vero. Già con gli Ambitious Lovers facevo delle ballate, ma oggi amo ancor di
più i suoni calmi e quieti, purché provvisti di una grande tensione interiore. Per
questo mi piace il Miles Davis degli anni di "Kind of blue" e "In a silent
way". Per questo adoro Joao Gilberto, il Davis brasiliano. La sua, infatti, è una
musica che non dice tutto, ma "implica" un'infinità di cose. In certe sue
canzoni, eseguite da solo con la chitarra, si riesce a sentire un andamento ritmico a dir
poco imponente: che, in realtà, esiste solo nella mente di chi ascolta. Ma questo è
fantastico! Assolutamente fantastico!".
|