Noa
L'intervista
E' la dolcezza che ora vela il volto di Noa, 33 anni, cantautrice israeliana con radici yemenite la cui musica è spesso stata elevata a messaggio di pace nel mare di conflitti in Medio Oriente.
Chi si ricorda l'agguerrita cantante sui palchi internazionali, a fianco di Sting, Carlos Santana o del gruppo italo-palestinese Radio Dervish o ancora, davanti all'aulica platea del Vaticano, cantando per il Papa, troverà in 'Now' (Mercury) una donna diversa. L'album segna infatti una nuova pagina nella carriera dell'artista, illuminata dalla maternità e dalla vita del figlio,
Ayeli.
<Ayehli è la mia piccola isola di speranza in un vasto mare d'incertezza - racconta
Noa, che non dimentica il sangue versato nella sua terra - Ora guardo avanti con maggiore serenità, ed è per questo che ho voluto intitolare il disco
'Now'. La nostra esistenza è corta - aggiunge - e vorrei utilizzare al meglio il tempo che mi è concesso in questa vita>.
Un sentimento e uno stato d'animo che ricorre nell'album di Noa. <Del resto è naturale - spiega - quando diventi genitore, tutta la tua vita è messa in discussione e ricominci da capo>.
L'album scorre morbido e leggero, con alcune 'impennate' nello stile della cantatrice: il brano
'Hawk and sparrow', in cui la voce ospite dell'africano Lokua Kanza punta l'attenzione sui conflitti nel Continente nero, mentre
'We' vuole essere un monito affinché non sia dimenticato il valore dell'individuo <nel grande mare della globalizzazione e della generalizzazione>.
Parla in modo incisivo,
Noa, come se volesse imprimere ogni parola che esprime. Tuttavia lo sguardo di Noa sul mondo riflette una luce delicata, quella di
Ayehli, che oggi ha un anno. <In lingua Cherokee questo nome significa 'la mia altra ala' - precisa Noa - ed è a lui che ho voluto dedicare
'My other wing' >.
L'album, scritto e musicato con il collaboratore di sempre, il chitarrista Gil
Dor, lascia spazio anche ad alcune cover. <La cover è uno strumento eccellente per conoscerti e per esprimere il tuo essere più profondo - racconta
Noa, che ha scelto 'We can work it out' dei Beatles, duettando con la cantante palestinese Mira
Awad, e 'Eye in the sky' di Alan Parson - Ho voluto reinterpretare il concept di queste canzoni che mi hanno accompagnato nella vita. E per me, dunque, sono adesso canzoni differenti, perché vivono su altri sentimenti. Voglio cantare a me stessa, senza raccontarmi più bugie - conclude - E cercare di trovare punti di comunione tra i popoli, piuttosto che sprecare il nostro tempo a combattere>.
Cresciuta a New York, città di cui si sente figlia e ospite, Noa ritiene che, <paradossalmente, dopo una tragedia immensa la gente tornata a guardarsi in faccia - racconta la cantante, in riferimento all'anno vissuto dopo l'11 settembre - Prima camminavo per una città e non vedevo persone ma ombre o manichini che si muovevano; oggi posso dire che, cinicamente, la tragedia è servita per ritrovare la fratellanza>.
A chiudere l'album, un brano con la musica di Rita Marcotulli. <E' un'artista straordinaria: ho sentito questa melodia la prima volta quando ero in tour in Sicilia, poi ho insistito perché diventasse un pezzo per l'album. Così ho scritto
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