Bruce Springsteen
THE RISING (Columbia/Sony Music)
Molto si è detto, scritto, ascoltato, dopo quel giorno di sole a New York, quando l'estate era ancora nell'aria ed è scoppiato, in un attimo, l'inverno degli animi.
L'11 settembre 2001 sarà per sempre una data dei giorni nefasti e il mondo della musica, in vario modo, a vario titolo ha fino ad oggi provato a dire la sua, a fare una riflessione. Il più delle volte le risposte si sono fatte sentire per fini esclusivamente speculativi, in un momento già difficile per la discografia: un proliferare di dischi, con singolare tempismo, come se tutti gli autori e i produttori, quel giorno di settembre, stessero lavorando a qualcosa di assolutamente diverso da qualsiasi opera precedente. Come se un 11 settembre fosse davvero necessario e indispensabile per cambiare rotta.
Molto si è detto, scritto, ascoltato, dopo quel giorno di sole a New York, quando l'estate era ancora nell'aria ed è scoppiato, in un attimo, l'inverno degli animi.
L'11 settembre 2001 sarà per sempre una data dei giorni nefasti e il mondo della musica, in vario modo, a vario titolo ha fino ad oggi provato a dire la sua, a fare una riflessione. Il più delle volte le risposte si sono fatte sentire per fini esclusivamente speculativi, in un momento già difficile per la discografia: un proliferare di dischi, con singolare tempismo, come se tutti gli autori e i produttori, quel giorno di settembre, stessero lavorando a qualcosa di assolutamente diverso da qualsiasi opera precedente. Come se un 11 settembre fosse davvero necessario e indispensabile per cambiare rotta.
E allora: maratone musicali, dischi con proventi a favore delle vittime (i vari
'Tributes'), dediche alle vittime della strage (come l'ultimo album di Natalie Merchant).
Eppure, gusti musicali a parte, nessuno ha scritto e composto qualcosa di semplice come invece Bruce Springsteen ha realizzato nel nuovo album appena uscito, 'The
rising'. Un album che, tra l'altro, esce a un anno di distanza dalla tragedia, dopo mesi di inevitabile riflessione.
Un titolo che esorta alla rinascita, un modo contemporaneo di sollevare la testa e non farsi abbattere più, quantomeno negli animi e nei pensieri, negli intenti e nello sguardo sul futuro.
Così, a 52 anni, The Boss raduna la sua adorata E Street Band, con la quale da tempo si erano registrati numerosi passi di riavvicinamento, e scrive una dozzina di brani o poco più dove, senza troppa retorica - almeno lui! - il messaggio di pace è chiaro e diretto.
Lui, che è sempre stato dalla parte dell'americano medio, con quella faccia che, malgrado la popolarità e il successo, potevi incontrare a un qualsiasi 'Pizza
Hut', omaggia le persone semplici, quelle che una mattina qualunque si sono alzati, si sono vestiti, hanno compiuto gesti semplici e rituali per poi, in pochi attimi, sparire nelle fiamme e tra le macerie.
Così, fanno ancora più effetto, due brani già conosciuti anche se in altre versioni: "Further On (Up The Road)", presentato più volte dal vivo nel tour americano del 2000, e "My City Of Ruins", prima eseguito in versione elettrica in un concerto di beneficenza nel dicembre 2000, poi presentato in chiave gospel con arrangiamento acustico durante lo show televisivo "A Tribute To Heroes", organizzato appunto dopo i fatti di New York.
In questo album, non straordinario musicalmente ma efficace, per chi ama
Springsteen, per i suoi contenuti, molte sono le ballate:
'Into the fire' è un omaggio a una delle tante vittime senza nome morte nel fuoco delle
Towers, 'Empty skies', 'Lonesome Day', 'You're
missing', 'Waitin' on a Sunny Day' dicono già molto dal titolo. Di effetto è certo il messaggio registrato, come intro di
'Paradise', in cui si ascolta la voce di un anonimo terrorista suicida.
The Boss, questa volta, non grida il rock degli ultimi. Parla la lingua di tutti, formalmente non prende alcuna posizione politica. Perché nella musica, chi conta, sono solo gli uomini: quelli che se ne sono andati e quelli che sono restati. A questi ultimi, il compito più difficile sulla Terra e sulle strade d'America.
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