
Attività fisica
Dopo i 70 anni alimentarsi in modo corretto seguendo un programma alimentare individuale e fare attività fisica basata su esercizi aerobici, di forza e di equilibrio riduce del 22% il rischio di disabilità motoria oltre ad aiutare l’intero organismo ad invecchiare nel migliore di modi possibili.
Che mangiare in modo corretto e fare un po’ di attività fisica faccia bene, anche invecchiando, non è certo una novità.
Spiegare in pratica nel dettaglio come farlo, sicuramente aiuterà moltissime persone a seguire questa strada permettendo loro di superare l’inerzia e la paura di non farlo nel modo giusto.
Uno studio europeo guidato da ricercatori italiani della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -Università Cattolica, campus di Roma e pubblicato sul British Medical Journal ha certificato come contrastare la fragilità legata all’invecchiamento riducendo il rischio di disabilità.
Secondo lo studio SPRINTT (Sarcopenia and Physical fRailty IN older people: multi-componenT Treatment strategies) nell’arco di un periodo di osservazione di 3 anni, la combinazione di esercizi aerobici (come camminare), di forza, flessibilità ed equilibrio ed una dieta personalizzata ha permesso di contrastare la sarcopenia (perdita dei massa muscolare) e la fragilità fisica.
I risultati dello studio SPRINTT sono stati ottenuti in 1.519 uomini e donne (età media 79 anni) con fragilità fisica e sarcopenia, reclutati tra il 2016 e il 2019 in 16 centri clinici di 11 paesi europei.
La definizione di “fragilità fisica e sarcopenia” si basa sull’utilizzo di una batteria validata di test funzionali, la Short Physical Performance Battery (SPPB), che misura la performance funzionale della persona anziana attraverso test di equilibrio, deambulazione e forza muscolare in maniera standardizzata e ne qualifica l’espressione clinica.
L’altra componente della condizione, la sarcopenia, viene misurata in maniera oggettiva attraverso la DEXA, un esame radiologico in tutto simile a quello effettuato per la diagnosi di osteoporosi.
In tutto, 760 partecipanti hanno effettuato l’intervento combinato di attività fisica con supporto tecnologico e nutrizione e 759 hanno partecipato a un percorso di seminari sull’invecchiamento in salute (controlli).
Tutti i 1519 partecipanti sono stati monitorati fino a 36 mesi.
Il gruppo di intervento ha ricevuto 2 volte alla settimana sessioni di attività fisica di moderata intensità presso il centro di studio e fino a 4 volte alla settimana a casa.
Le attività proposte comprendevano sessioni di camminata a passo sostenuto, esercizi di rinforzo muscolare prevalentemente degli arti inferiori, esercizi di equilibrio ed esercizi di flessibilità.
Tutte le attività erano personalizzate in base alle capacità e alle limitazioni di ciascun partecipante ed erano eseguite senza il ricorso ad attrezzature specifiche.
La quantità di attività fisica praticata è stata misurata periodicamente attraverso un actimetro posizionato sulla coscia per 7 giorni.
Questa informazione è stata utilizzata dagli istruttori per monitorare i progressi di ciascuno e personalizzare la prescrizione del tipo e dell’intensità di attività fisica.
Tutti i partecipanti hanno poi ricevuto consulenze nutrizionali personalizzate, corredate da piani dietetici individuali, per ottimizzare il consumo di calorie e proteine con la dieta.
I partecipanti del gruppo di controllo hanno ricevuto una volta al mese una formazione sull’invecchiamento sano e un breve programma di esercizi di stretching per la parte superiore del corpo o tecniche di rilassamento.
Tra i partecipanti che all’inizio dello studio presentavano una maggiore compromissione della funzione fisica (punteggio alla SPPB di 3-7), la disabilità motoria si è verificata nel 47% di quelli assegnati all’intervento attivo e nel 53% dei controlli.
La funzione fisica, valutata attraverso il cambiamento del punteggio della SPPB, è migliorata maggiormente nel gruppo di intervento che nei controlli sia a 24 mesi che a 36 mesi.
Le donne nel gruppo di intervento hanno perso meno forza muscolare e meno massa muscolare in braccia e gambe rispetto alle donne del gruppo di controllo, mentre nessuna differenza significativa tra intervento e controllo è stata osservata negli uomini.
In un’analisi separata condotta nei partecipanti con una migliore capacità motoria di base (punteggi SPPB di 8 o 9 all’inizio dello studio), l’intervento non ha modificato il rischio di sviluppare disabilità motoria e ha avuto effetti marginali sulle prestazioni fisiche.
I ricercatori dello studio SPRINTT concludono che l’intervento testato “può essere proposto come una strategia per preservare la mobilità nelle persone anziane a rischio di disabilità”.
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Per saperne di più
BMJ
Multicomponent intervention to prevent mobility disability in frail older adults: randomised controlled trial (SPRINTT project)
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Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS
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Marco Dal Negro
Antonio Turetta