Il modo in cui ci svegliamo e quanto ci sentiamo lucidi nelle ore successive dipende da come si è dormito, da cosa si è mangiato a colazione e da quanto esercizio fisico si è fatto il giorno prima.

Il livello giornaliero di vigilanza di un individuo poi è anche legato allo stato emotivo e all’età.

Queste sono le indicazioni che emergono da un nuovo studio e vanno ad arricchire le possibilità a disposizione di chi vuole dormire bene.

I risultati provengono da un’analisi dettagliata del comportamento di 833 persone che, per due settimane, hanno consumato colazioni diverse, hanno indossato orologi da polso per monitorare l’attività fisica e la quantità, la qualità, i tempi e la regolarità del sonno, hanno tenuto un diario del cibo mangiato e hanno monitorato i livelli di veglia durante la giornata.

Nello studio sono stati inclusi gemelli – identici e fraterni – per districare l’influenza dei geni dall’ambiente e dal comportamento.

I ricercatori hanno scoperto che il segreto della lucidità è una ricetta con tre ingredienti che richiede un buon esercizio fisico, dormire più a lungo e più tardi al mattino e fare una colazione ricca di carboidrati complessi, con poco zucchero nel giorno precedente.

Gli studiosi hanno anche scoperto che una sana risposta glicemica controllata dopo aver fatto colazione è la chiave per svegliarsi più in forma.

“Ognuno di questi elementi ha un effetto peculiare e indipendente”, ha dichiarato Raphael Vallat, primo autore dello studio, ricercatore post-dottorato della UC Berkeley.

Walker, autore del bestseller internazionale “Why We Sleep”, gestisce uno dei laboratori di ricerca sul sonno più importanti al mondo, il Center for Human Sleep Science, ed è membro dell’Helen Wills Neuroscience Institute presso la UC Berkeley.

Walker e Vallat hanno collaborato con ricercatori nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Svezia per analizzare i dati di un’azienda con sede nel Regno Unito, Zoe Ltd., che ha seguito centinaia di persone per due settimane per imparare a prevedere le risposte metaboliche individuali agli alimenti in base alle caratteristiche biologiche, allo stile di vita ed alla composizione nutrizionale degli alimenti.

Ai partecipanti sono stati somministrati pasti preconfezionati, con diverse proporzioni di sostanze nutritive incorporate in muffin, per tutte le due settimane, per verificare, al risveglio, la risposta alle diverse diete.

Una prima colazione standardizzata, con quantità moderate di grassi e carboidrati, è stata confrontata con una colazione ad alto contenuto proteico (muffin più un frullato), ad alto contenuto di carboidrati o ad alto contenuto di zuccheri (bevanda al glucosio).

I soggetti hanno indossato dei monitor per la misurazione continua dei livelli di glucosio nel sangue durante la giornata.

Il tipo di colazione peggiore, in media, è stato quello con elevate quantità di zuccheri semplici ed è risultato associato all’incapacità di svegliarsi efficacemente e di mantenere la vigilanza.

Quando hanno ricevuto questa colazione a base di zucchero i partecipanti hanno lottato con la sonnolenza.

Al contrario, la colazione ricca di carboidrati – che conteneva grandi quantità di carboidrati, al contrario dello zucchero semplice, e solo una modesta quantità di proteine, è risultata collegata a individui che vedevano crescere rapidamente la loro vigilanza al mattino.

“Una colazione ricca di carboidrati può aumentare la vigilanza, a condizione che il corpo sia sano e in grado di smaltire in modo efficiente il glucosio proveniente da quel pasto, evitando un picco prolungato di zuccheri nel sangue che altrimenti bloccherebbe la vigilanza del cervello”, ha dichiarato Vallat.

“Sappiamo da tempo che una dieta ricca di zuccheri è dannosa per il sonno, per non parlare del fatto che è tossica per le cellule del cervello e del corpo”, ha aggiunto Walker.

“Tuttavia, ciò che abbiamo scoperto è che, al di là di questi effetti nocivi sul sonno, il consumo di elevate quantità di zucchero nella prima colazione e il picco di zuccheri nel sangue che ne segue ostacola notevolmente la capacità del cervello di tornare alla coscienza di veglia dopo il sonno”.

Vallat e Walker hanno anche scoperto che dormendo più a lungo del solito e/o più tardi del solito, le persone aumentano la loro vigilanza molto rapidamente dopo il risveglio.

Secondo Walker, sette/nove ore di sonno sono l’ideale per liberare il corpo dall’inerzia del sonno, l’incapacità di passare efficacemente a uno stato di lucidità funzionale al risveglio.

La maggior parte delle persone ha bisogno di questa quantità di sonno per eliminare una sostanza chimica, l’adenosina, che si accumula nell’organismo durante il giorno e provoca la sonnolenza serale, una cosa nota come pressione del sonno.

“Considerando che la maggior parte degli individui della società non dorme a sufficienza durante la settimana, dormire più a lungo in un determinato giorno può aiutare a cancellare parte del debito di sonnolenza da adenosina che hanno”, ha ipotizzato Walker.

“Inoltre, svegliarsi più tardi può aiutare la vigilanza per un secondo motivo”, ha aggiunto.

“Quando ci si sveglia più tardi, ci si alza in un momento più avanzato del ritmo circadiano di 24 ore nel corso della mattinata quando la vigilanza tende a crescere”.

Non è chiaro, invece, cosa faccia l’attività fisica per migliorare la vigilanza il giorno successivo.

“È risaputo che l’attività fisica, in generale, migliora la lucidità e anche l’umore e in questo studio abbiamo trovato un’alta correlazione tra l’umore dei partecipanti e i loro livelli di vigilanza”, ha detto Vallat “I partecipanti che, in media, sono più felici si sentono anche più vigili”.

Ma Vallat ha anche notato che l’esercizio fisico è generalmente associato a un sonno migliore e a un umore più felice.

“Può darsi che il sonno migliore indotto dall’esercizio fisico sia parte del motivo per cui, aiutando a dormire quella notte, l’esercizio fisico del giorno prima porta a una maggiore vigilanza per tutto il giorno successivo”, ha detto Vallat.

Questo quanto emerso dalla nuova ricerca.
Per svegliarsi riposati e lucidi dopo un buon sonno è sicuramente necessario tenere conto di altri elementi quali il buio, il cibo della giornata, l’acqua assunta nella serata, l’alcol, il fumo, l’uso della televisone, lo smartphone, il computer, ed altro ancora.

Dormiamo per circa 1/3 della nostra vita: durante questo tempo molti processi indispensabili fanno in modo che possiamo vivere gli altri 2/3.
Quello che succede nel nostro corpo durante il sonno è fondamentale per la sopravvivenza e non tenerne conto può costare molto caro.

Altri coautori dell’articolo sono Sarah Berry, Paul Franks e Tim Spector del King’s College di Londra; Neli Tsereteli dell’Università di Lund a Malmö, Svezia; Joan Capdevila, Haya Al Khatib e Jonathan Wolf di Zoe Ltd.; Ana Valdes dell’Università di Nottingham nel Regno Unito; e Linda Delahanty, David Drew e Andrew Chan del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School di Boston. Lo studio è stato finanziato da Zoe Ltd. e dal Department of Twin Studies del King College di Londra.

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Marco Dal Negro
Antonio Turetta

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