Breastfeeding

I neonati dei paesi industrializzati hanno sempre meno batteri in grado di digerire efficacemente il latte materno.

Non essendoci altri batteri in grado di metabolizzare il latte materno i ricercatori sono preoccupati per il possibile aumento di alcuni stati patologici tipici dei paesi industrializzati.

Grazie al latte materno che fornisce nutrienti per i batteri buoni che combattono gli agenti patogeni, i bimbi allattati al seno pongono da subito le basi per una buona salute.

Un nuovo studio ha scoperto che i batteri del genere Bifidobacterium sono le specie più diffuse nel microbiota dei neonati di meno di 6 mesi, in tutto il mondo, indipendentemente dal fatto che siano nutriti con latte materno o artificiale.

Una specie chiamata Bifidobacterium infantis (o B. infantis) è nota per scomporre efficacemente gli oligosaccaridi, una classe di zuccheri del latte materno, e per potenziare il sistema immunitario e lo sviluppo del microbiota batterico.

I ricercatori hanno scoperto che il Bifidobacterium infantis (o B. infantis) domina il microbiota intestinale dei neonati delle società non industrializzate.

Gli intestini dei neonati dei paesi industrializzati, invece, sono dominati dal Bifidobacterium breve, una specie con limitate capacità di degradazione degli zuccheri del latte.

La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Science il 10 giugno 2022, ha rilevato che, sebbene l’allattamento al seno abbia aumentato la quantità di specie batteriche efficienti, nei Paesi industrializzati lo ha fatto in modo insufficiente producendone una quantità complessiva comunque molto più bassa rispetto ai Paesi non industrializzati.

I ricercatori ipotizzano che, in assenza di B. infantis, il latte materno possa avere una capacità limitata di esercitare tutti i benefici per il bambino, sia per quanto riguarda lo sviluppo del microbiota che, più in geneale, per la salute del neonato.

“Una straordinaria proprietà del microbiota intestinale è di essere malleabile”, ha detto l’autore anziano dello studio, Justin Sonnenburg, PhD, professore di microbiologia e immunologia.

“A causa di questa malleabilità, il microbiota intestinale può deteriorarsi.
Questo è fondamentalmente ciò che è accaduto nei paesi industrializzati nell’ultimo secolo”.

I ricercatori hanno utilizzato 62 campioni fecali raccolti nell’arco di un anno per studiare i microbi intestinali infantili degli Hadza, un popolo di cacciatori-raccoglitori della Tanzania.

I campioni sono stati quindi confrontati con quelli di altre 17 popolazioni di tutto il mondo – tra cui comunità in Africa, Asia, Nord e Sud America ed Europa – utilizzando il sequenziamento del DNA, un metodo che profila le singole specie di un campione.

Gli Hadza della Tanzania, uno degli ultimi gruppi di cacciatori-raccoglitori rimasti, hanno uno stile di vita tra i meno industrializzati al mondo.

Secondo Sonnenburg, diversi fattori hanno portato a una bassa diversità di microrganismi nell’intestino nei Paesi industrializzati: parto cesareo, antibiotici, eccessiva igiene e una dieta ricca di grassi saturi, povera di fibre alimentari e ricca di dolcificanti ed emulsionanti artificiali.

Il parto cesareo, che impedisce la condivisione di importanti batteri vaginali, e il latte artificiale vanno di pari passo con l’alterazione del microbiota intestinale nelle prime fasi della vita.

Il parto vaginale costituisce un’occasione fondamentale per lo scambio di microbi tra mamma e neonato e lo sviluppo di un microbiota ricco di tante specie diverse.

È così importante che si sta valutando la possibilità di contaminare il neonato nato da parto cesareo con i microbi della mamma per mezzo di un tampone.

Il parto cesareo, di contro, sembrerebbe impoverire tale diversità e favorire la prevalenza di alcuni batteri come l’Escherichia coli ed il Clostridium difficilis (potenzialmente nocivi) e lo sviluppo di malattie dell’intestino (e di altre) non strettamente correlate ad esso come, per esempio, le allergie.

La quantità di geni microbici nel microbioma umano è più di 100 volte superiore a quella dei geni umani nel genoma umano: circa 2-10 milioni di geni.

A causa dell’elevato numero, per studiare i genomi delle specie all’interno della comunità microbica, i ricercatori hanno utilizzato il deep metagenomic sequencing, un metodo che fornisce informazioni sulla capacità funzionale di tutti i microrganismi.

Il sequenziamento ha prodotto una diversità non riscontrabile nei paesi industrializzati: il 23,4% delle specie microbiche rilevate nei neonati Hadza erano specie nuove non presenti nel Genoma Gastrointestinale Umano Unificato, un catalogo di tutti i batteri che sono stati rilevati nel microbiota intestinale umano.

“Abbiamo sbloccato questa riserva di dati sulla diversità intestinale che cambierà per sempre il modo in cui comprendiamo i batteri intestinali infantili e il loro ruolo nel microbioma umano”, ha dichiarato Matthew Olm, autore principale dello studio e borsista post-dottorato nel laboratorio di Sonnenburg.

Quanto emerso da questa ricerca fornisce informazioni fondamentali per lo studio delle funzioni centrali nello sviluppo del microbiota intestinale dei neonati, comprese quelle che si stanno perdendo nelle popolazioni industrializzate.

Il team è particolarmente interessato ai geni del Bifidobacterium che digeriscono il latte, perché la loro assenza potrebbe avere conseguenze immunitarie a lungo termine.

Secondo Sonnenburg, molte complicazioni comuni nel mondo industrializzato, come allergie e asma, derivano da squilibri del microbiota.

La prevalenza di una specie rispetto a un’altra può, in parte, determinare la traiettoria di salute di un neonato.

Secondo Sonnenburg “Se si modifica il microbiota intestinale, i cambiamenti si ripercuotono su tutto il corpo umano”.

“Le stesse connessioni tra il microbiota intestinale e tutti i tipi di malattie infiammatorie croniche – che vanno dalla sindrome metabolica alle malattie cardiache a diversi tipi di cancro fino alle malattie autoimmuni – offrono anche il potenziale per essere sfruttate per la salute di precisione e, in ultima analisi, per la prevenzione delle malattie.”

L’impatto sul sistema immunitario di una minore quantità di B. infantis è in gran parte sconosciuto.

Tuttavia, uno studio dell’Università del Nebraska suggerisce che la mancanza di B. infantis provoca infiammazione sistemica e una disregolazione immunitaria all’inizio della vita.

Definizioni: Flora intestinale, microbiota e microbioma

ISS – Istituto Superiore di Sanità

Il termine scientifico corretto, oggi, per descrivere l’insieme dei microrganismi che popola il tratto digerente, per lo più l’intestino, è microbiota intestinale. Si tratta di oltre mille miliardi di batteri, virus, funghi e protozoi, con il peso totale di circa un chilogrammo e mezzo che, comunicando tra loro, agiscono come se fossero un unico organismo e svolgono funzioni importanti per la salute dell’uomo.

Alcune volte, impropriamente, al posto di microbiota viene utilizzato il termine microbioma.

Esso, invece, indica esclusivamente il patrimonio genetico (insieme dei suoi geni) del microbiota. La differenza tra questi due termini è la stessa che c’è tra uomo e genoma umano.

Vedi anche
La flora batterica intestinale dei neonati allattati al seno è cambiata
13 giugno 2018
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La flora batterica della mamma arricchisce anche il suo latte (11/01/2016)
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Per saperne di più
Science
Robust variation in infant gut microbiome assembly across a spectrum of lifestyles
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Cell
Bifidobacteria-mediated immune system imprinting early in life
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Science Transaltional Medicine
Bifidobacterium infantis treatment promotes weight gain in Bangladeshi infants with severe acute malnutrition
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Stanford Medicine
Link…

ISS
Istituto Superiore di Sanità
Link…

Marco Dal Negro
Antonio Turetta

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