Ricercatori del St. Michael's Hospital hanno verificato fisicamente che le persone che parlano più di una lingua compensano meglio i sintomi dell'Alzheimer, rispetto alle persone che ne parlano una sola, e lo stesso livello di problemi si raggiunge quando i danni cerebrali sono
doppi rispetto agli altri.
Questa è la prima evidenza fisica del fatto che essere bilingui dilazione l'insorgenza dei sintomi della malattia.
La maggior parte della ricerca sull'Alzheimer si è concentrata sulla farmacoterapia, ma si è visto che anche i fattori ambientali hanno un ruolo importante. Il bilinguismo potrebbe essere un fattore che contribuisce a
dilazionare l'insorgere dei sintomi.
Già
precedenti studi hanno dimostrato che il bilinguismo ritarda l'insorgere dei sintomi mediamente di 5 anni, ma questa è la
prima volta che abbiamo una prova fisica con la TAC.
Il neuroscienziato Dr. Tom Schweizer che ha condotto la ricerca, ed il gruppo, hanno studiato le TAC di pazienti ai quali era stata diagnosticato un probabile Alzheimer, e che avevano livelli simili di educazione e capacità cognitive, come attenzione, memoria, capacità organizzativa e di pianificazione. Metà erano perfettamente bilingui e metà unilingui.
Nonostante ambedue i gruppi abbiano
dato risultati analoghi nei test cognitivi, le scansioni dei bilingui hanno mostrato zone del cervello note per essere interessate dall'Alzheimer,
atrofizzate in misura doppia rispetto agli altri.
Secondo il Dr. Schweizer le persone bilingui usano costantemente
il cervello, mantenendolo attivo, e ciò contribuisce alla salute generale del cervello stesso.
Questo è il motivo per cui molti medici spingono gli
anziani a fare le parole crociate o il Sudoku.
Il fatto di passare continuamente da una lingua all'altra
può essere un esercizio che aiuta il cervello a compensare più facilmente le falle create
dalla malattia dell'Alzheimer.
Sempre secondo il Dr. Schweizer, il bilinguismo non previene la malattia, ed una volta che appaiono i sintomi, non è chiaro se si evolva alla stessa velocità o più rapidamente.
Il prossimo passo dovrà essere quello
di ripetere lo studi su numeri più importanti, per un periodo di tempo più lungo e con mezzi più sofisticati come la risonanza magnetica.
Per saperne di più
Autori
Tom A. Schweizer, Jenna Ware, Corinne E. Fischer, Fergus I.M. Craik, Ellen Bialystok .
L'articolo è pubblicato on-line sul giornale Cortex:
http://www.cortexjournal.net/article/S0010-9452(11)00104-3/abstract
(MDN)
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