Rispetto a trent'anni fa dalle nostre metropoli è
sparito il piombo, l'anidride solforosa, e l'ossido
di carbonio. Sono diminuiti il biossido di azoto, il
biossido di zolfo, il monossido di carbonio, le
polveri totali e il famigerato benzene, la cui
concentrazione nell'atmosfera delle aeree urbane
deriva per il 95 per cento dalle emissioni
autoveicolari. Così, nonostante oggi si registrino
livelli di traffico più elevati che nel passato,
grazie allo sviluppo tecnologico dei mezzi di
trasporto e al complessivo miglioramento delle
caratteristiche dei carburanti, gli inquinanti
principali sono tutti crollati in concentrazione.
A fornirci questo quadro inedito è l'Istituto
dell'inquinamento atmosferico del Cnr. Un rapporto
che dovrebbe farci tirare un sospiro di sollievo. Ma
l'Italia non può permettersi di abbassare il livello
di guardia: in base alle ultime statistiche, siamo
tra i paesi dell'Unione Europea che hanno fatto meno
progressi in direzione del taglio degli inquinanti.
L'aria nelle città italiane è sicuramente migliorata
rispetto agli anni Settanta. Però, si continua a
registrare il superamento dei limiti di alcuni
inquinanti, anche perché i limiti fissati si
riducono sempre di più. Lo standard del benzene nel
1997 era stato stabilito a 15 microgrammi, nel 1999
è sceso a 10, e ora è fissato a 5. E per il 2010,
secondo la direttiva europea, dovrà scomparire
totalmente. Inoltre, la nostra situazione
meteo-climatica, unica in Europa, purtroppo
favorisce l'inquinamento, ponendoci tra gli ultimi
nelle graduatorie. Ma, non produciamo immissioni
superiori rispetto alle altre metropoli europee, è
il clima che provoca la stagnazione degli inquinanti
sfavorendone la dispersione e determinando gli
episodi di inquinamento acuto.
L'Italia, infatti, è attraversa da una persistenza
di forti campi di alta pressione, sia d'estate, con
l'anticiclone delle Azzorre, sia d'inverno, con
l'anticiclone russo. In presenza dell'alta
pressione, nelle ore notturne si ha un
raffreddamento della superficie terrestre perché le
radiazioni vengono espulse all'esterno. Questa
diminuzione di temperatura al suolo fa sì che degli
strati di aria calda scorrano su degli strati di
aria che sono più freddi. Creando un equilibrio
stabile, ma che causa la stagnazione atmosferica e,
sfortunatamente, anche una forte concentrazione
degli inquinanti. E il caso emblematico di Milano,
che è la città più esposta a questa situazione
meteo-climatica, può spiegare bene questo
particolare fenomeno. La città lombarda è il centro
urbano più inquinato d'Italia, malgrado l'intensità
del traffico sia simile o anche inferiore rispetto
ad altre metropoli. Roma, che registra una
immissione superiore, con lo stesso clima milanese
sarebbe sicuramente più inquinata.
Attualmente, però, a destare maggiore preoccupazione
per le alte concentrazioni sono i nuovi inquinanti,
che negli anni passati non erano presi in
considerazione. È il caso delle terribili polveri
sottili (Pm10), che hanno la caratteristica di
essere inalate direttamente a livello degli alveoli
polmonari. "Anche se registriamo un miglioramento
dell'aria, purtroppo dal 1995, anno in cui sono
iniziate le misurazioni, queste polveri sono
aumentate. E solo da poco abbiamo scoperto quanto
possono essere pericolose, specialmente per chi
soffre di problemi respiratori", dichiara Roberto
Bertollini, direttore dell'Organizzazione mondiale
di sanità in Italia. Ma c'è un altro inquinante che
non si conosceva trent'anni fa e che pone l'Italia
al quintultimo posto nelle classifiche europee:
l'ozono. Anche questo inquinante è condizionato
dalla nostra situazione climatica. In estate è
favorito dall'alta irradiazione solare e dai venti,
che sulle nostre coste formano delle spirali che lo
trasportano dall'alto in basso e viceversa. Così
l'ozono rilevato in una zona potrebbe provenire in
realtà da una fonte lontana. Quindi, per conseguire
dei risultati, è importante che la lotta
all'inquinamento prosegua su una scala spaziale più
ampia di quella metropolitana, che può essere
regionale o addirittura internazionale..
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