Due sono i grandi gruppi in cui sono suddivise le malattie secondo la medicina attuale: al primo appartengono quelle infettive, al secondo quelle che si definiscono “cronico-degenerative”.
Le infettive spesso si manifestano all’improvviso, ma la diagnosi e la conseguente terapia, in genere, sono tempestive: in questo caso, esiste, una volta individuato il “germe” responsabile, la possibilità di guarigione, cioè il corpo torna alle stesse condizioni di salute preesistenti la malattia.
Le malattie “cronico-degenerative” invece nascono spesso in modo subdolo (ovvero senza dare inizialmente chiari segni della loro presenza), si evolvono più o meno lentamente e la diagnosi può arrivare purtroppo tardi. Inoltre, poiché spesso sono numerosi i fattori che le determinano, la terapia è necessariamente variegata e polivalente. Per quanto riguarda poi “la guarigione”, se da un lato si è tutt’oggi ancora, purtroppo, lontani dalla restituzione dell’integrità corporea precedente le malattie “cronico-degenerative”, dall’altro la medicina ha fatto molti passi avanti nella prevenzione e nella cura.
La prevenzione si distingue nell’aver individuato in molte malattie “fattori di rischio” antecedenti. Tali fattori, sotto la guida del medico, possono essere corretti o evitati. La cura invece ha due aspetti: il primo, farmacologico, teso ad arrestare l’evolversi che caratterizza le malattie “croniche”; il secondo, riabilitativo, finalizzato a migliorare al massimo la qualità della vita della persona dal punto di vista biologico, psicologico e sociale, nonostante la presenza della malattia. Prevenzione, cura farmacologica (anche attraverso i rimedi delle medicine alternative), riabilitazione: sono le tre parole chiave da tenere ben in mente via via che andiamo a presentare quella che è considerata la più comune e frequente malattia “cronico-degenerativa” e cioè l’artrosi.
Ma prima di parlare dell’artrosi, per poi comprendere meglio, consideriamo le articolazioni del nostro corpo.
Lo scheletro (apparato osseo) è formato da numerose ossa più o meno lunghe, piatte, eccetera, che si “articolano” una con l’altra per rendere possibili gli innumerevoli movimenti di cui è capace l’uomo. Ogni estremità di un osso è unita a quella di un altro da una particolare struttura chiamata “articolazione”.
Ogni “articolazione” è formata dalle cartilagini periferiche delle ossa; da uno spazio tra di esse ripieno di liquido, con funzione insieme ammortizzante e nutriente i componenti articolari (liquido sinoviale); da una capsula che “tiene insieme” le parti; da muscoli e tendini intorno che, con le loro azioni di contrazione o rilasciamento, danno efficacia e armonia ai movimenti. Il liquido sinoviale non è stagnante ma in continuo scorrimento dentro l’articolazione: a seconda dei movimenti e dei “carichi” che tutta la struttura deve sopportare, viene assorbito o rilasciato dalle cartilagini e dalle membrane presenti, che funzionano come delle spugne a volte “strizzate”, a volte lasciate andare. I capi ossei, con le loro cartilagini, sono ricchissimi di vasi sanguigni che portano “nutrimento” (soprattutto ossigeno) e sono in continuo “rimaneggiamento”; è presente dunque un incessante lavoro, da parte di due gruppi differenti di cellule, di costruzione, distruzione, ricostruzione (e così via) di tessuto osseo tantoché nell’arco della vita di un uomo lo scheletro viene interamente rinnovato 7-8 volte. La funzione delle articolazioni è di rendere possibili i numerosi movimenti del corpo e di ammortizzare in molte situazioni il suo peso. Il movimento stimola le parti articolari a mantenersi vitali. L’assenza di movimento porta via via alla regressione delle articolazioni.
Queste ultime considerazioni sono molto importanti per comprendere meglio i meccanismi che causano l’artrosi.
E veniamo adesso all’artrosi. Con questo termine si intende una sofferenza articolare, di tipo evolutivo (cioè con peggioramento nel tempo). La sofferenza è caratterizzata inizialmente da un’usura delle cartilagini delle articolazioni a cui consegue una modificazione di tutte le strutture che le compongono (tessuto osseo, capsula, muscoli). L’usura delle parti cartilaginee causa uno stato infiammatorio e via via un assottigliamento dello spazio tra un capo osseo e l’altro. Provoca anche l’ispessimento della capsula articolare che diventa sempre più rigida, l’alterazione del delicato equilibrio tra cellule che costruiscono e distruggono (tanto che la cartilagine può “ossificarsi” e i capi ossei invece “rarefarsi”) ed infine provoca la contrazione dei muscoli inseriti intorno all’apparato. L’esito finale del processo artrosico, dopo molti anni, è il blocco totale dell’articolazione interessata con perdita della sua funzionalità.
Questi sono i sintomi
I sintomi sono esclusivamente locali, si presentano tardivamente rispetto all’inizio della malattia ed a volte hanno periodi di attenuazione o remissione spontanea.
Due sono i sintomi fondamentali:
Il dolore. Caratteristica del dolore artrosico è di essere acuto quando inizia il movimento (soprattutto la mattina) e di scomparire addirittura man mano che ci si muove. Dopo una prolungata attività, il dolore si ripresenta ad esempio, la sera. Mentre si riposa il dolore solitamente è assente. Quando il processo artrosico è molto avanzato il dolore spesso è continuo. Infine può accentuarsi durante i cambiamenti climatici, soprattutto con l’umidità, con il vento, oppure quando si passa da un ambiente caldo ad uno freddo.
La limitazione funzionale. Questa è provocata dagli eventuali ostacoli meccanici causati dall’alterazione dei capi articolari (ossificazione delle cartilagini, diminuzione degli spazi e del liquido intrarticolare eccetera). Altra causa limitativa è data dalle contrazioni muscolari intorno all’articolazione, conseguenza di una vera e propria reazione difensiva: l’organismo, per sfuggire al dolore, cerca di “tenere ferma” la parte sofferente.
Vi sono altri sintomi che è facile riconoscere nelle varie parti colpite dalla malattia e aiutano in questo senso la formulazione della “diagnosi”. Vediamone alcuni.
Artrosi cervicale. Se il processo artrosico è localizzato nella parte alta della colonna cervicale, sotto la nuca, vi può essere mal di testa generalizzato (detto “a casco”). Invece se l’artrosi interessa la parte più bassa può insorgere dolore alle spalle con frequenti radiazioni in tutto l’arto superiore fino alla mano (cervico brachialgia). In alcuni casi, se l’artrosi e le tensioni muscolari circostanti comprimono o irritano le strutture nervose e vascolari della zona, sono presenti vertigini (a volte con vere violente crisi), tachicardia, nausea, ronzii auricolari e, qualche rara volta anche disturbi visivi. No dei più frequenti sintomi, soprattutto inizialmente, è quello di avvertire, quando si muove la testa verso destra o sinistra, dei “rumori” cervicali spesso descritti come “avere dentro della sabbia che fa attrito”.
Artrosi dorsale. Il dolore spesso è localizzato e può essere provocato dai colpi di tosse; a volte si irradia ai fianchi ed alle costole oppure alla parte anteriore del torace.
Artrosi lombare. I sintomi dell’artrosi in questa parte inferiore della colonna vertebrale possono presentarsi in modo acuto e cronico. La forma acuta insorge bruscamente con fenomeni di blocco (cosa che molto spesso accade dopo uno sforzo in flessione), e il dolore è a sbarra, cioè trasversale nella parte lombare della schiena, con possibile irradiazione lungo il nervo sciatico (lombosciatalgia). La forma cronica può manifestarsi dopo uno oppure più episodi acuti e il dolore è meno violento ma continuo, esacerbato dagli sforzi e molte volte dallo stare in piedi per lungo tempo. Anche in quest’ultimo caso esiste un certo grado di blocco nei movimenti, come flettere il tronco, ruotarlo, portare le braccia in alto, alzarsi da una sedia eccetera.
Artrosi dell’anca. La coxartrosi, o artrosi dell’anca, si presenta con dolore locale e, più spesso, con dolore inguinale, alla parte interna della coscia e del ginocchio. Il dolore, inizialmente non molto intenso, cessa con il riposo, si manifesta nuovamente all’inizio del movimento per poi calmarsi e riprendere dopo aver camminato in modo più o meno prolungato. La persona che soffre di coxartrosi spesso riferisce di far fatica a calzare le scarpe, ad infilare le calze ed anche i pantaloni, a scendere piuttosto che a salire le scale, ad accavallare le gambe.
Artrosi del ginocchio. Il dolore è riferito di solito alla rotula, alla faccia interna del ginocchio e posteriormente. Nell’atteggiamento del ginocchio in semi flessione e nei movimenti sono presenti “scrosci” articolari. Anche qui la persona riferisce di avvertire dolore più alla discesa che alla salita delle scale. L’articolazione a volte si gonfia per l’aumento del liquido intrarticolare (espressione di una riacutizzazione infiammatoria) e talvolta è presente una diminuzione d tutta la muscolatura della coscia.
Quali sono le cause
In una o più articolazioni si instaura un processo artrosico quando su di esse si verifica, per fattori generali o locali, uno squilibrio tra la capacità di resistenza delle cartilagini e le sollecitazioni funzionali date dai movimenti e dal peso corporeo. Al momento i medici sono orientati a pensare che siano numerosi i fattori che predispongono alla malattia o che la attivano.
Vediamo dunque ora quali sono i fattori considerati più importanti.
Fattori generali. Innanzitutto l’età. Inevitabilmente l’invecchiamento colpisce anche le strutture articolari: le cartilagini, così il liquido sinoviale, divengono sempre meno capaci di sopportare i “carichi” e di rinnovarsi. D’altro canto è pur vero che non tutte le persone anziane soffrono di artrosi e che si verificano sempre più numerosi i casi di giovani, soprattutto tra le donne, che ne sono colpiti. Ereditarietà. Non è stato dimostrato che l’artrosi sia ereditaria, anche se è ben documentato invece che c’è predisposizione a questa malattia se si hanno la madre o il padre che ne soffrono. Obesità. Il sovrappeso, in particolare quando diviene obesità, è sicuramente uno dei fattori di rischio più incisivi nell’artrosi, soprattutto in quella delle ginocchia, delle anche e della parte lombare della colonna vertebrale. Peraltro in molte persone obese si riscontra un aumento della quantità di zuccheri nel sangue (glicemia) e di colesterolo e queste due sostanze sembrano favorire l’insorgere della malattia. Squilibri ormonali. Alcune alterazioni ormonali favoriscono l’insorgenza dell’artrosi. La carenza di estrogeni, in particolare, ha mostrato una spiccata azione che favorisce la malattia, che proprio per questo, può colpire le donne in menopausa. Ambiente. L’artrosi può essere considerata una malattia professionale in alcuni tipi di lavoro: chi utilizza il martello pneumatico (artrosi alle mani, gomiti, spalle); chi guida i camion (artrosi lombare); chi lavora per lungo tempo con il computer (artrosi cervicale-dorsale). In generale ogni attività lavorativa può predisporre all’artrosi quando si permane in posture (posizioni del corpo) “fisse”.
Fattori locali. Tra le cause dell’artrosi assume importanza l’ipotesi di traumi e microtraumi provocati da usura in rapporti articolari scorretti. Ne conseguono microfratture nelle fini strutture dei capi ossei che formano l’articolazione, causando così perdita di elasticità e dunque rigidità. In questo caso le cartilagini divengono sovraccaricate e via via sofferenti. In seguito la cartilagini diviene meno adatta a sopportare gli stress meccanici dati dai movimenti e dal peso corporeo ed inizia così il processo artrosico. I rapporti articolari scorretti sono riconducibili a due gruppi fondamentali: il primo comprende deformità congenite o acquisite come le ginocchia valghe (dette a X), la sublussazione dell’anca, la scoliosi eccetera: il secondo riguarda tutte quelle situazioni di natura traumatica come le fratture con infiammazione articolare.
Come nasce la diagnosi
Dolore e limitazione funzionale sono sicuramente i segni principali che fanno sospettare un’artrosi, soprattutto se nella storia della persona sono presenti uno o più dei fattori causali descritti sopra. La certezza però si raggiunge con una radiografia dell’articolazione colpita. In questa si noteranno allora le superfici articolari usurate, la forma dei capi ossei alterata per i fenomeni di rimaneggiamento osseo, gli spazi articolari diminuiti.
Qual è la terapia
Nessuna malattia subisce così tanti interventi terapeutici come l’artrosi. Questo si verifica perché la malattia ha più fasi cliniche (dalla sensazione di rigidità ai movimenti acuti, da remissioni anche spontanee ad aggravamenti improvvisi anche con notevole limitazione dei movimenti), perché si manifesta a diverse età (dai 30 ai 70 anni) ed infine perché può interessare tutti i distretti corporei ove vi sia un’articolazione.
Un’altra causa dei molti trattamenti anti artrosi è la confusione riguardante, finalmente in via di risoluzione, quale debba essere lo specialista a cui rivolgersi. Due sono gli specialisti di riferimento: l’ortopedico ed il fisiatra.
Nessuno dei due è più importante dell’altro, singolarmente hanno le loro specifiche competenze e la terapia anti artrosi migliore è la collaborazione tra i due in funzione di una prevenzione-cura-migliore qualità della vita della persona che rischia o presenta artrosi. L’ortopedico è un chirurgo e un fine diagnosta dei danni anatomici muscolo-scheletrici; il fisiatra è un internista che si occupa della rieducazione delle funzioni ed un fine diagnosta di quante e quali sono le possibilità di recupero della persona e di come stimolarle al massimo.
Vedremo in seguito le terapie anti artrosi, sia ortopediche sia fisiatriche. Vedremo che cosa è la terapia fisica e che cosa è la fisioterapia. Vedremo come si può prevenire l’artrosi ed infine quale significativo aiuto possano dare le medicine alternative come l’agopuntura, la fitoterapia e l’oligoterapia.
La terapia dell’artrosi in generale mira ad arrestare (oppure a rallentare) e a far regredire il corso della malattia o perlomeno a ridurre oppure eliminare i disturbi da essa provocati.
E’ possibile classificare i trattamenti anti artrosi in tre gruppi: farmacologico, ortopedico, fisiatrico.
Trattamento farmacologico
La terapia con l’utilizzo dei farmaci è essenzialmente sintomatica perché una terapia “causale”, cioè mirata a proteggere e riparare le cartilagini articolari; a tutt’oggi non è purtroppo disponibile.I sintomi da diminuire oppure eliminre con i farmaci sono il dolore e l’infiammazione e dunque si utilizzano analgesici ed antinfiammatori. Tra i primi il più utilizzato è il paracetamolo che possiede scarsa tossicità ma efficacia limitata; nei secondi spicca l’acido acetilsalicilico che sicuramente ha una potente attività antinfiammatoria ma alta tossicità a livello dello stomaco (gastrite o recidive di ulcera), del sangue (diminuisce la capacità di coagulazione e dunque può provocare emorragie), del polmone (in chi è predisposto può scatenare un attacco asmatico). Attualmente si prescrivono molti tipi di derivati di quest’ultimo farmaco (si può dire che ogni anno le Case farmaceutiche ne propongono uno nuovo) arricchiti di fattori protettivi oppure modificati proprio per diminuire la loro tossicità soprattutto gastrica. Purtroppo in generale si può affermare che esiste un parallelismo diretto tra attività antinfiammatoriadi qualsiasi farmaco ed effetti collaterali, nel senso che più un farmaco è efficace tanto più sono frequenti gli effetti indesiderati da esso provocati. D’altro canto ogni medico sa che deve sempre tener conto (in “scienza e coscienza”) nella prescrizione di un farmaco del cosiddetto rapporto costi-benefici e dunque che quando la situazione infiammatoria (e il dolore) può aggravare l’artrosi quei farmaci “devono” essere utilizzati. Altri farmaci prescritti in chi presenta artrosi sono i miorilassanti ed i cortisonici. I primi, come dice il loro nome, servono essenzialmente a rilassare i muscoli e vengono utilizzati perché intorno alle articolazioni colpite c’è sempre una componente di contrattura muscolare che accresce l’impotenza funzionale e la reazione dolorosa. Il cortisone invece viene somministrato in casi selezionati oculatamente per la sua alta tossicità, dal medico stesso localmente. Cioè il medico pratica una infiltrazione nelle articolazioni in presenza di una grave infiammazione accompagnata da un forte dolore.
Trattamento ortopedico
Come già detto in precedenza, lo specialista ortopedico è un medico chirurgo ed in presenza di artrosi di dedica alla diagnosi ed alla terapia dei danni anatomici muscolari ed articolari. La terapia ortopedica ha due campi di intervento, quello incruento (detto di ortesi) e quello cruento (cioè interventi chirurgici).
Terapia incruenta: questo tipo di cura si basa sull’impiego di apparecchi per proteggere, correggere, far riposare le articolazioni con artrosi. Ecco allora che possono essere utili tutori di vario materiale per le articolazioni periferiche, corsetti (o “minerve”) per la colonna vertebrale, apparecchi gessati quando occorre garantire l’assoluto riposo articolare, scarpe ortopediche per riequilibrare i pesi del corpo sui piedi, eccetera. Anche l’applicazione delle cosiddette “trazioni” è un’indicazione ortopedica, queste servono ad allontanare lentamente i capi articolari, affinché vi sia usura, rilasciando contemporaneamente i muscoli vicini. Le trazioni vengono applicate con un sistema di pesi e carrucole e si possono effettuare in centri specializzati oppure, in alcuni casi, addirittura a domicilio.
Terapia cruenta: può essere profilattica, cioè quando si interviene chirurgicamente per correggere quelle incongruenze tra i capi articolari che possono produrre nel tempo un’artrosi. Fanno parte di questa terapia la chirurgia dell’alluce valgo, delle gravi scoliosi, delle deformità del ginocchio non più correggibili in altro modo (ginocchia valghe oppure a X, ginocchia vare o a “cavallerizzo”) eccetera. La terapia cruenta ortopedica comprende anche gli interventi chirurgici detti curativi, cioè miranti ad eliminare il dolore e, possibilmente, a recuperare totalmente la funzionalità articolare. Attualmente la chirurgia ortopedica è orientata in prevalenza verso questi ultimi tipi di intervento, specializzandosi sempre più nella sostituzione di parti ossee ed articolari con materiali compatibili con il corpo umano (protesi).
Il concetto di “riabilitazione”: sta via via diventando sempre meno “idea” e sempre più “cultura” tanto che, sia nei nuovi ordinamenti sanitari che fra la gente, viene considerato un necessario ed irrinunciabile completamento della cura di molte malattie. Per riabilitazione si intende in primo luogo la valutazione del danno dato dalla malattia nell’apparato colpito, delle condizioni preesistenti che possono averla causata, del danno dato che la malattia può causare anche in parti del corpo lontane dall’apparato colpito, di quali sono le situazioni che possono peggiorarla anche indirettamente; in secondo luogo la riabilitazione comporta un’analisi dei dati e, in funzione anche delle personalità e del “ruolo sociale” della persona, l’impostazione di un programma riabilitativo mirato ad impedire l’aggravamento oppure le recidive, a migliorare o a recuperare le funzioni dei distretti corporei ammalati (reintegrandole via via nelle attività quotidiane), a correggere il più possibile i fattori di rischio, a migliorare la qualità della vita del paziente anche quando permane (come nell’artrosi) il danno dato dalla malattia. Da ormai più di vent’anni esiste tra le specialità internistiche la figura del fisiatra, cioè quel medico che si occupa di riabilitazione delle persone affette da malattie neurologiche (come le paralisi cerebrali infantili, le paresi eccetera), da malattie internistiche (come i cardiopatici), da malattie dell’apparato muscolo-scheletrico-articolare (come, appunto, l’artrosi ma anche l’artrite reumatoide, il mal di schiena eccetera). Nella cura rieducativa dell’artrosi lo specialista ha “molte frecce per il suo arco”, due soprattutto: la terapia fisica e la fisioterapia. La prima è propriamente una terapia con mezzi fisici ed è applicata con particolari apparecchi da operatori che seguono le indicazioni del fisiatra; la seconda è un vasto campo di tecniche corporee utilizzate dal terapista della riabilitazione, figura professionale che lavora in stretta collaborazione con il medico riabilitatore. Vediamo volutamente a grandi linee quali sono le principali terapie fisiche e fisioterapiche.
Terapia fisica
In generale i mezzi fisici impiegati nella pratica clinica sono l’acqua, la luce, il calore e l’elettricità. Applicati al corpo, tutti hanno effetti antidolorifici, di rilasciamento muscolare ed infine antinfiammatori diretti sulle articolazioni attraverso lo stimolo ad un maggiore afflusso di sangue (con conseguente maggior apporto di ossigeno). E’ estremamente importante precisare quanto segue:
deve essere valutato per ogni mezzo fisico il momento, l’intensità e la durata di applicazione in funzione delle varie fasi della malattia artrosica e far comunque seguire al loro utilizzo tecniche di fisioterapia;
tutte le energie con mezzi fisici hanno delle controindicazioni (come ad esempio il diabete, la gravidanza, l’osteoporosi avanzata, gli stati febbrili, gli stati infiammatori acuti, alcune cardiopatie, l’ipertiroidismo, malattie della pelle generalizzate, eccetera) che devono essere attentamente considerate di volta in volta dal fisiatra;
la somministrazione di una energia fisica provoca reazioni di difesa da parte dell’organismo e questo viene considerato un segnale di significato terapeutico, cioè il corpo (l’apparato, il distretto eccetera) attraverso una “crisi reattiva” viene stimolato ad agire terapeuticamente sulla malattia (la spiegazione biologica e fisica di questo effetto esula per la sua complessità da questo contesto);
Vediamo ora quali sono questi mezzi fisici
Ultrasuoni: sono vibrazioni sonore a frequenza così elevata da non risultare percepibili dall’orecchio umano. Hanno varie intensità di emissione regolabili a seconda della profondità delle articolazioni da raggiungere; sono applicabili attraverso “testine” da porre sulla cute e da muovere circolarmente senza soffermarsi su un punto preciso. L’effetto principale terapeutico è produrre calore (non doloroso) in profondità in modo che l’articolazione venga “nutrita” meglio dal sangue. Controindicazioni: l’osteoporosi, gli stati infiammatori acuti, presenza di ematomi.
Laser: in questi ultimi anni si sta diffondendo moltissimo in medicina l’uso della “luce visibile” emessa da apparecchi chiamati laser. Nella cura dell’artrosi viene impiegato un laser non chirurgico applicando in vari punti cutanei (dai due ai sei minuti per punto) e variando l’intensità a seconda della profondità da raggiungere. L’effetto principale del laser è quello anti dolore ed in molti casi i punti sulla pelle corrispondono a quelli utilizzati in agopuntura;
Marconi e radarterapia: sono apparecchi che utilizzano correnti alternate a frequenze elevatissime con grande capacità di penetrazione nei tessuti del corpo dove inducono un intenso effetto calorico (antinfiammatorio). La Marconiterapia viene applicata per mezzo di spirali rivestite di gomma (solenoidi) e la seduta dura non più di quindici minuti; la radarterapia (caratterizzata da frequenze ancora più elevate) si avvale di diffusori con diversa forma in rapporto con le parti da trattare. Entrambe queste terapie vengono utilizzate oltre che per l’artrosi anche per l’asma bronchiale, le sinusiti croniche, le paralisi facciali;
Magnetoterapia: fin dall’antichità sono noti gli effetti dei magneti naturali ed altrettanto antichi sono i tentativi di usarli in medicina. E’ solamente però da circa vent’anni che si sono intrapresi studi sistematici dei fenomeni legati all’interazione tra i campi magnetici ed il corpo umano. La magnetoterapia è una particolare terapia fisica che utilizza apparecchiature (ne esistono numerosi tipi) generanti campi magnetici a bassa intensità. I meccanismi reali dell’effetto terapeutico (anti dolore, antinfiammatorio, rilassanti i muscoli) non sono ancora del tutto chiari e attualmente in fisiatria sono impiegati in alcune forme artrosiche e nella cura dell’osteoporosi.
Prevenire con la fisioterapia
Per fisioterapia si intende l’insieme delle forme di attivazione muscolare e degli esercizi articolari (semplici e complessi) diretti a migliorare, riequilibrare, l’aspetto posturale (cioè le posizioni del corpo soprattutto da seduti e in piedi) e quello dinamico (cioè il corpo in movimento). I vari sinonimi ancora oggi purtroppo in uso, come “ginnastica correttiva” eccetera, sono imprecisi e limitativi perché la fisioterapia è una vera e propria terapia indispensabile alla cura riabilitativa. Peraltro se da un lato esistono tecniche rieducative dall’altro il terapista della riabilitazione, unica figura professionale esperta nell’applicazione fisioterapica, è sempre più teso ad uscire dagli schematismi (a volte fanatismi) di una tecnica piuttosto che di un’altra e a considerare l’individuo più che un ammalato una “persona” con le sue emozioni, il suo lavoro, il suo ambiente sociale, le sue aspirazioni, eccetera. Ecco dunque che, nella fisioterapia anti artrosi (ma la considerazione è valida in qualunque malattia che necessita di rieducazione) l’effetto fisioterapico non è solo nello specifico anti dolore e correttivo di “anomale posizioni”, ma anche conoscenza del proprio corpo e di come attraverso i movimenti di questo molte volte si esprimono i vari aspetti della propria personalità
Prevenzione dell’artrosi: in medicina prevenire significa attuare provvedimenti mirati ad impedire l’insorgenza di una malattia (prevenzione primaria) oppure limitare i danni da essa derivabili (prevenzione secondaria). Nella malattia artrosica la prevenzione primaria si identifica nella correzione dei fattori predisponenti. Vediamo quelli più importanti:
Età: non è vero che a causa dell’invecchiamento tutte le persone sono destinate ad avere l’artrosi. E’ però vero che chi si dimentica di avere un corpo “nato per muoversi” nei suoi più ampi aspetti, può notevolmente rischiare, invecchiando, di avere l’artrosi. Dunque è necessario dedicare con costanza del tempo ad una attività fisica tenendo conto che “non è mai troppo tardi” e che questo è possibile ad ogni età. Tutte le articolazioni rimangono vitali ed elastiche proprio grazie al movimento.
Ereditarietà: non si può fare nulla contro la predisposizione ereditaria all’artrosi se non avere più attenzione di altri alla correzione dei fattori di rischio qui presentati.
Obesità: dimagrire ha due riferimenti: diminuire l’apporto calorico nella dieta ed incrementare l’attività fisica per far consumare meglio gli eccessi calorici. Occorre ricordare che un giusto peso corporeo previene in parte le malattie cardiovascolari e soprattutto l’artrosi delle anche e delle ginocchia.
All’insorgere della menopausa: è necessario tenere sotto controllo i dosaggi ormonali. In alcuni casi, non solo per prevenire l’osteoporosi ma anche l’artrosi, potrebbe essere necessario assumere per qualche tempo ormoni estrogeni.
Ambiente: in alcuni lavori che si sanno predisponenti l’artrosi, è necessario modificare sia i ritmi che le posizioni del corpo soprattutto facendole variare. Esiste una scienza medica chiamata “ergonomia” che studia e risolve i problemi inerenti il rapporto ambiente di lavoro-lavoratore: molto spesso bastano pochi semplici accorgimenti per mantenere alta la produttività con minore sforzo corporeo.
Fattori locali: ginocchia, valghe o vare, scoliosi, piedi piatti, displasia delle anche eccetera, sono tutte situazioni abnormi che vanno diagnosticate fin dall’infanzia e modificate. Vi sono peraltro atteggiamenti corporei scorretti non sostenuti così chiaramente da una causa precisa ma da posizioni abitudinarie via via apprese negli anni. In questo caso occorre “l’analisi posturale” fatta dal fisiatra oppure anche dal chiropratico (specializzato nell’idividuare e nel correggere questi squilibri) per individuare dove nasce il disequilibrio per studiare insieme alla persona i modi per riapprendere un’armonia posturale anti artrosi.
Cura dell’artrosi in medicina naturale
Infiammazione articolare, dolore, limitazione ai movimenti, contratture muscolari… possono trovare tutti grande giovamento nell’ambito delle medicine cosiddette alternative, o naturali. Vediamo come l’oligoterapia, la fitoterapia e l’agopuntura affrontano la malattia artrosica.
Agli inizi degli anni Settanta il medico francese Jacques Ménétrier fonda la “medicina funzionale”. Questa studia le funzioni organiche nei confronti dell’aggressione sia esterna che interna e le molteplici modificazioni psicofisiche che possono derivarne. Il concetto di base è molto semplice: qualsiasi virus o batterio, qualsiasi agente esterno (anche traumatico), qualsiasi agente interno (in prevalenza psichico) non dà malattia in presenza di un “terreno” organico in equilibrio e dunque in buona capacità difensiva. Purtroppo le cattive abitudini di vita, l’inquinamento, lo stress, le carenze alimenatri eccetera, tutti caratterizzanti l’uomo moderno, portano ad un impoverimento del “terreno” corpo. La medicina funzionale individua dei terreni particolari chiamati “diatesi” dove sono rappresentati sintomi fisici e psichici caratteristici. La terapia, una volta individuata la diatesi di appartenenza delle persone, si basa sulla somministrazione di oligoelementi (oligoterapia), cioè “sali metallici semplici” che vanno ad aiutare le cellule del corpo a ritrovare l’equilibrio e a produrre migliore energia difensiva. L’artrosi viene rilevata nella diatesi detta distonica o neuroartritica che può essere qualificata anche da: turbe digestive ed intestinali, premenopausa, assenze mestruali, stanchezza soprattutto mattutina, sonno breve e difficoltoso, memoria con difficoltà temporanea, ansietà, nervosismo, palpitazioni, turbe circolatorie… eccetera. Ebbene, l’artrosi viene curata da un lato riequilibrando il terreno con manganese-cobalto e dall’altro agendo su vari sintomi con altri oligoelementi.
Uno dei campi in cui l’agopuntura viene meglio tollerata dalla medicina ufficiale è quello della “terapia del dolore” tant’è che questa metodica della medicina tradizionale cinese viene inserita da più parti fra la terapia fisica per l’artrosi. Con l’agopuntura si possono dunque togliere o diminuire il dolore artrosico e le contratture muscolari intorno all’articolazione soprattutto quando la si utilizza in questo senso esclusivamente sintomatico. Occorre però precisare che nella medicina cinese l’artrosi viene diagnosticata e curata non solo cercando di eliminare i sintomi, ma anche individuando precise cause e conseguenti trattamenti con agopuntura, farmaci composti da erbe, correzioni alimentari, miranti tutti a riequilibrare l’intero organismo. In agopuntura si classifica l’artrosi fondamentalmente in tre tipi:
Artrosi migrante: la causa è il “vento” e le articolazioni più interessate sono i polsi, i gomiti, le anche, le ginocchia. Il dolore è migrante, cioè si sposta da un’articolazione all’altra, c’è limitazione funzionale e talvolta febbre; i dolori possono peggiorare sia con il caldo che con il freddo; i muscoli intorno non sono particolarmente contratti.
Artrosi dolorosa: la causa è il freddo e i dolori articolari sono a localizzazione ben precisa ed intensi. Questi migliorano con il caldo e si aggravano con il freddo, sono più lievi durante il giorno e dopo aver mobilizzato l’articolazione, sono più forti ai primi movimenti mattutini e dopo il riposo; la persona riferisce spesso di avvertire freddo ed i segni di infiammazione locale sono quasi assenti.
Artrosi fissa: la causa è l’umidità e l’artrosi è localizzata con pesantezza, gonfiore alle articolazioni colpite; vi è intorpidimento muscolare con “formicolii cutanei”; le stagioni umide o la pioggia aggravano i sintomi.
Cura con le erbe
Tre sono le erbe anti artrosi
Artiglio del diavolo, pianta erbacea che cresce sui terreni argillosi e sabbiosi, e che è dotata di attività antidolorifica ed antinfiammatoria insieme. La pianta induce anche una diminuzione del colesterolo e dell’acido urico.
Olmaria, o “regina dei prati”, pianta erbacea perenne molto utile per ridurre l’infiammazione articolare e gli eventuali versamenti. Ha un’azione anche diuretica sudorifera e calmante la febbre.
Ribes nero, pianta che nel 1700 veniva considerata una sorta di panacea universale tanta che dai medici del tempo veniva prescritta per guarire le febbri, la peste, l’ittero, la calcolosi e le piaghe. In realtà viene attualmente impiegata per le sue proprietà diuretiche ed antireumatiche. Il ribes nero viene chiamato anche “perla della fitoterapia” per la sua fondamentale attività antinfiammatoria nell’artrosi, ma anche nelle infiammazioni respiratorie, digestive ed urinarie.
Conclusioni
Uno dei grandi problemi con cui il medico deve quotidianamente lottare è il senso di incurabilità e rassegnazione che spesso viene vissuto dalle persone colpite da una malattia cronico-degenerativa. La malattia artrosica viene considerata come una sorta di “croce” e contro cui non si può fare nulla. Tutto ciò non è vero: l’artrosi si può curare, si può limitare, si può arrestare. Infine, cosa importante da ribadire, si può imparare a vivere nel miglior modo possibile senza dolore e riducendo le limitazioni ed i movimenti, nonostante la presenza della malattia, perché come si è visto sono molteplici gli interventi anti artrosi. Questi devono essere valutati caso per caso senza però “innamoramenti” verso una terapia piuttosto che un’altra (sia da parte del medico che da parte dell’individuo con artrosi) ma, anzi, è opportuno integrare più vie terapeutiche finalizzate insieme alla cura, alla prevenzione, alla riabilitazione.