Con il passare del tempo la capacità delle cellule di rimuovere la spazzatura cellulare cerebrale diminuisce, generando accumuli che accrescono i rischi di malattie neurodegenerative cerebrali.
Una nuova ricerca arricchisce la conoscenza di un problema a lungo trascurato: come abbiamo visto nei precedenti articoli (vedi Link in fondo) lo smaltimento delle scorie derivate dal metabolismo cellulare cerebrale, e non solo, è sempre più legato allo sviluppo di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica.
Il nuovo studio dei ricercatori della Perelman School of Medicine alla University of Pennsylvania è un contributo alla comprensione del problema.
Secondo Erika Holzbaur, PhD, professore di fisiologia e il principale autore Andrea Stavoe, PhD, un borsista post-dottorato nel laboratorio di Holzbaur, le cellule eliminano la “spazzatura” dannosa attraverso l’autofagia, un processo normale e necessario in cui vengono gestite aggregati di proteine e strutture danneggiate.
Con il passare degli anni la capacità di eleminare le scorie diminuisce.
Un primo elemento alla base di questa ricerca è rappresentato dalla consapevolezza che la maggior parte delle malattie neurodegenerative nelle quali ha avuto una parte il deterioramente dell’autofagia, come l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica, sono legate all’invecchiamento.
All’inizio dell’autofagia, un componente all’interno della cellula, chiamato autofagosoma, ingloba proteine deformate o strutture danneggiate in modo che possano essere degradate, essenzialmente sequestrando questi rifiuti in un sacco biologico della spazzatura.
L’autofagosoma si fonde poi con una seconda struttura cellulare, detta lisosoma, che contiene gli enzimi necessari alla decomposizione dei rifiuti, consentendo il riciclo e il riutilizzo dei componenti.
Questo flusso di rimozione dei rifiuti contribuisce a mantenere sani i neuroni, ma in sua assenza, i neuroni finiscono per morire a causa dell’accumulo di rifiuti accumulati.
Pensate alle vie di una città durante lo sciopero dei netturbini.
I ricercatori hanno valutato i tassi di autofagia dei neuroni di topo durante l’invecchiamento e hanno identificato una significativa diminuzione del numero di autofagosomi prodotti, insieme a evidenti difetti nella struttura degli autofagosomi prodotti dai neuroni di topi anziani.
Sebbene le prime fasi della formazione dell’autofagosoma non fossero influenzate, hanno trovato evidenti difetti nella struttura degli autofagosomi prodotti dai neuroni di topi anziani.
Stavoe osserva che in altri studi sono stati osservati autofagosomi con membrane malformate nel tessuto cerebrale umano di donatori deceduti con malattia neurodegenerativa.
È importante sottolineare che l’attivazione della proteina WIPI2B ripristina la formazione di autofagosomi nei neuroni anziani, riallineando il processo di autofagia degli scarti.
Questo recupero dipende dal livello di attivazione di WIPI2B, fornendo informazioni sulla regolazione biologica della formazione di autofagosomi.
D’altra parte, quando i ricercatori hanno rimosso WIPI2B dai giovani neuroni, la formazione di autofagosomi si è fermata.
“Questo straordinario e completo ripristino dell’autofagia usando una proteina suggerisce un nuovo obiettivo terapeutico per la neurodegenerazione associata all’età”, ha concluso Stavoe.
Altri co-autori sono Pallavi Gopal della Yale University, Andrea Gubas e Sharon Tooze, del The Francis Crick Institute, London.
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Kipnis continua spiegando che nell’Alzheimer, ad esempio, si accumulano grossi pezzi di proteine ed ora possiamo pensare che ciò avvenga perché non vengono rimosse in modo efficiente da questi vasi, che appaiono diversi a seconda dell’età, per cui diventa interessante comprenderne il ruolo nell’invecchiamento…”
Per saperne di più
eLIFE
Expression of WIPI2B counteracts age-related decline in autophagosome biogenesis in neurons
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Perelman School of Medicine at the University of Pennsylvania
Link…
Marco Dal Negro
Antonio Turetta
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