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Nuova tecnica per guarire ferite croniche ed ulcere venose (08/08/2013)

E' stata trovata una nuova tecnica in grado di accelerare in modo significativo la riparazione dei tessuti riducendo i costi legati alla gestione delle ferite croniche.




In un piccolo studio clinico i ricercatori hanno trattato delle ferite croniche con ultrasuoni, a bassa intensità e bassa frequenza, applicati direttamente sulla ferita. Il risultato è stata un'accelerazione della risoluzione di ulcere venose in cinque pazienti. Le ulcere venose vengono quando il sangue non riesce a ritornare lungo le vene e crea dei punti di ristagno che possono causare una fuoriuscita di cellule e di proteine dalle vene alla zona circostante, creando infiammazione ed ulcerazioni.

La tecnologia è stata sviluppata da ricercatori della Drexel University, Philadelphia, con finanziamenti del National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering (NIBIB), che è parte dei the National Institutes of Health degli U.S..

Le ulcere venose rappresentano l'80% delle ferite croniche agli arti inferiori e colpiscono, negli U.S., circa 500.000 persone all'anno, un numero stimato in crescita, con un costo di 1.000.000.000 di $ annui.

Ora queste ferite si curano in modo convenzionale, tenendo pulita e disinfettata la ferita, comprimendo la parte con calze contenitive che imediscono il riflusso sanguigno. In questo modo le ferite impiegano tempi molto lunghi per guarire, nell'ordine di mesi, ed a volte di anni.

In un articolo in fase di pubblicazione sul Journal of the Acoustical Society of America i ricercatori di Drexel spiegano che abbinando il trattamento tradizionale di compressione con applicazioni settimanali di ultrasuoni a bassa frequenza e di bassa intensità si è ottenuta una chiara riduzione delle dimensioni delle ferite in sole 4 settimane (Fig. 3a,3b). Per contro, i pazienti che non sono stati sottoposti alla terapia con gli ultrasuoni hanno mostrato mediamente un aumento delle dimensioni delle ferite (Fig. 2a,2b).

Michael Weingarten, M.D., responsabile della chirurgia vascolare alla Drexel Medicine spiega che, con l'eccezione dei costosi interventi di innesto di pelle ci sono poche possibilità di intervento per queste ulcere.

Le precedenti ricerche avevano lavorato con frequenze molto più alte, 1-3 megahertz (MHz), ma è stato adesso, lavorando con frequenze molto più basse, tra i 20 ed i 100 kilohertz (kHz) che si sono visti i cambiamenti.
Per identificare il mix più efficace di frequenze e tempi i ricercatori hanno provato con ultrasuoni per 15 minuti a 20 KHz, per 45 minuti a 20 KHs, per 15 minuti a 100 kHz, e per 15 minuti di finti ultrasuoni per l'effetto placebo.
Il gruppo che ha ricervuto gli ultrasuoni per 15 minuti a 20 KHs è quello che ha mmostrato i risultati migliori, con 5 pazienti che, dopo il quarto trattamento, hammo avuto una completa guarigione delle ferite, soprendendo i ricercatori che hanno osservato risultati migliori rispetto ai trattamenti di 45 minuti.

I riscontri clinici hanno cofermato quanto scoperto negli studi in vitro nei quali i fibroblasti, che hanno un ruolo attivo nella guarigione delle ferite, hanno mostrato un incremento del 32% nel metabolismo cellulare ed un 40% di incremento nella proliferazione cellulare risptto alle cellule di controlllo, nelle 24 ore successive al trattamento per 15 minuti a 20 KHs.

Un'altra sfida è stata quella di riuscire a ridurre le dimensioni dell'apparato transduttore di ultrasuoni in modo che potesse diventare leggero e fosse possibile portarlo addosso senza problemi. Il risultato ' stato un piccolo apparecchietto di 100 grammi con batterie al litio, come un telefonino, in modo da potere fare la terapia a casa propria con le proprie calze contenitive, senza dovere andare dal medico.

Prima di entrare nella pratica clinica il trattamento dovranno ovviamente essere confermate efficacia e sicurezza della terapia da un numero di pazienti più grande, ma il problema riguarda una platea molto importante che comprende anche i pazienti diabetici.

Per ottimizzare i risultati di questa terapia ora i ricercatori stanno lavorando alla personalizzazione dei parametri terapeutici: lo studio ha mostrato infatti che si hanno risultati migliori personalizzando i valori. Sono infatti in corso i test per verificare un componente diagnostico di controllo del cerotto ad ultrasuoni, che permetta di ottimizzare il trattamento di ogni paziente.
Il nuovo componente lavora con la near infrared spectroscopy (NIRS) per valutare in modo non invasivo i cambiamenti nella ferita indici del fatto che la terapia sta funzionando, anche quando non si vede nulla ad occhio nudo.

Seguendo i micro-cambiamenti nei tessuti subito dopo avere applicato gli ultrasuoni è possibile ottimizzare il trattamento per ogni singolo paziente e per ogni singola lesione, senza causare effetti collaterali.
Attualmente è in corso un test di questi componenti su di una ventina di pazienti.
Allo stesso tempo i ricercatori stanno proseguendo con gli studi in vitro per verificare gli effetti degli ultrasuoni sui macrofagi, che sono cellule del sistema immunitario coinvolte nella guarigione delle ferite, e sulla produzione di collagene.

Per saperne di più
NIBIB

Marco Dal Negro

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