Ma gli inceneritori che
se la passano peggio, sono quelli americani. A
metterli in crisi è, nientepopodimeno che il
"Mercato". L'edizione del 11 Agosto 1993 del Wall
Street Journal metteva in guardia i lettori ad
investire negli inceneritori di rifiuti urbani, in
quanto giudicati un disastro finanziario per i
governi locali. Il motivo di quest'avviso è molto
semplice: l'alto e crescente costo
dell'incenerimento causato dagli enormi
investimenti, resi obbligatori per abbattere gli
inquinanti che lo stesso incenerimento produce a
carico dei rifiuti urbani, la cui tossicità
intrinseca è, peraltro, bassissima (la maggiore
quantità dei rifiuti urbani negli USA, come in
Europa, è rappresentata da carta e imballaggi per
alimenti).
Per questo motivo negli USA, ma anche in Italia, gli
inceneritori sono fuori mercato se non sono
sostenuti da generose sovvenzioni statali.
E' proprio quello che è successo nel marzo del 1996,
quando Jim Edgard, governatore dell'Illinois, ha
deciso di abolire la legge, approvata nel 1988, che
detassava l'acquisto d'elettricità prodotta dagli
inceneritori, con un costo per lo stato
dell'Illinois di circa tre miliardi di dollari, nei
successivi venti anni. Questa decisione ha provocato
la bancarotta dell'inceneritore di pneumatici di
Ford Heights e ha messo in crisi una dozzina
d'inceneritori dell'area di Chicago.
Non è quindi un caso che negli Stati Uniti si faccia
ricorso all'incenerimento per trattare solo il 16 %
dei rifiuti, mentre il riciclaggio, in gran
crescita, "smaltisce" mediamente il 30 % dei rifiuti
prodotti in questo paese, con punte superiori al 40
% in molti Stati Federali.
Emblematica la situazione di New York che, nel 1960,
utilizzava undici impianti d' incenerimento per
trattare i suoi rifiuti. Nel 1981, gli inceneritori
si riducevano a tre. Ma, nel 1993, anche questi tre
impianti, troppo costosi per essere adattati alle
più stringenti norme anti inquinamento, erano
definitivamente cancellati, a favore del riciclaggio
e del compostaggio.
Ma non è New York la sola città americana che ha
deciso di fare a meno degli inceneritori. Anche
Seattle, una città di 500.000 abitanti nello stato
di Washington, dieci anni or sono, ha deciso di far
a meno degli inceneritori puntando su un riciclaggio
spinto al 60 %, obiettivo raggiunto nel 2000 per la
raccolta dei materiali post consumo prodotti dagli
abitanti delle aree residenziali e con una media di
riciclaggio, su tutta la città, pari al 47 %.
Sempre rimanendo nella realtà nord americana,
interessanti i dati forniti dalla contea di Alameda,
nel Nuovo Messico,
(http://www.stopwaste.org/diversion-1.html) che
smentiscono chi afferma che occorrono tempi lunghi
per raggiungere quote significative di riciclaggio e
che è difficile raggiungere il 35 % di riciclaggio.
La città di Alameda nel 1990 riciclava il 15 % dei
suoi rifiuti, nel 1995 la quota era del 48 %, nel
1996 cresceva ancora al 51% , nel 1997 era al 56% e
nel 1999 il riciclaggio raggiungeva il 64%!
In questo momento va molto di moda l'inceneritore,
nuovo di zecca, di Brescia che certamente ha già
conquistato un primato: nella gara per il suo
appalto ha vinto la ditta con l'offerta più alta,
circa 30 miliardi in più di quella del secondo
classificato.
Comunque, stampa e televisione hanno enfatizzato il
fatto che a tutela della salute dei cittadini è
stato nominato un Comitato di "Saggi" che garantisce
l'attendibilità dei controlli e il rispetto dei
limiti alle emissioni di quest'impianto.
Può sembrare una bella e rassicurante iniziativa, ma
c'è qualcuno tra i lettori di queste note, che è in
grado di spiegarci per quale motivo a nessuno
verrebbe in mente di proporre Comitati di Saggi per
le riciclerie e i centri di compostaggio, nonostante
che questi impianti siano in grado di "smaltire" la
stessa quantità di rifiuti d'un inceneritore?
E che dire in merito alla notizia (vera!), riportata
nel 2002 da Venerdì di Repubblica, in base alla
quale le ceneri volanti del Termoutilizzatore di
Brescia sono inviate nelle miniere di salgemma
tedesche? Non sarà che la tossicità di queste
ceneri, per la presenza di metalli pesanti e
diossine, è così elevate da giustificare un sistema
di stoccaggio simile a quello delle scorie
radioattive? E ai gestori dell'inceneritore di
Brescia (e ai contribuenti bresciani), quanto costa
in trasporto e stoccaggio, lo smaltimento di questi
rifiuti prodotti dall'inceneritore?
Fonte: Italia Nostra, WWF, Legambiente
Su questo argomento
vedi anche:
Storie d'ordinario incenerimento (1)
Storie d'ordinario incenerimento (1)
Salute umana VS inceneritori
Legambiente: il 30% dei rifiuti italiani non si sa
dove va a finire
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