Quattro studentesse dell'Università di Udine hanno
brevettato l'uovo vegano, un'idea commerciale
furbetta che promette a vegane e vegani di rimettere
piede in un paradiso perduto, quello dell'uovo.

Brave le ragazze che hanno fiutato il business senza
aspettare che qualcuno portasse a loro "il lavoro".
Felici tutti quelli a cui, in fondo, dispiace non
potere mangiare le uova, che sono buone e permettono
di limitare gli integratori che sono assolutamente
necessari ai vegani per mantenersi in buona salute.
"Non chiamatelo uovo vegano per non creare
confusione e ingannare i consumatori sulle reali
caratteristiche del nuovo prodotto" chiede la
Coldiretti invitando a rispettare il principio su
cui si basa un recente pronunciamento della Corte di
Giustizia europea sui prodotti di origine vegetale
(come il latte, il formaggio...), che non possono in
nessun caso essere chiamati con nomi di prodotti
animali: latte e derivati possono portare questo
nome solo se prodotti frutto della secrezione
mammaria naturale animale (Link...)
Anche con latte e latticini il mercato vegano ha
cercato di proporre dei surrogati, altri pezzi del
paradiso perduto, di quegli alimenti rigorosamente
vietati dai detentori delle regole del settore,
sempre illudendo di poter continuare, in qualche
modo, a far parte del mondo normale, quello degli
altri, restando però più puri, migliori, perché
vegani.
Un gran bel giochino, non c'è che dire, guarda cosa
non si fa per i soldi ed il potere.
Per saperne di più
sulle uova...
Link...
Marco Dal Negro
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