Ventuno fiumi, indicati come ecosistemi di
riferimento, sono stati monitorati dai Carabinieri
per la tutela dell'ambiente. L'analisi delle acque
hanno riguardato tra l'altro il Ph (la
concentrazione di idrogeno. Tra 6.5 e 8.5
l'intervallo piu' idoneo alla vita acquatica);
torbidita'; fosforo totale (un eccessivo valore
proviene principalmente da scarichi domestici,
industriali, e dal dilavamento di suoli trattati con
fertilizzanti); nitriti (presenti in scarichi
domestici, industriali e zootecnici); nitrati (azoto
e fosforo sono i principali nutrienti responsabili
della crescita algale, che favorisce il fenomeno
dell'eutrofizzazione); coliformi fecali;
streptococchi fecali o enterococchi (sopravvivono
piu' a lungo e sono piu' resistenti dei coliformi).
Il risultato e' stato di 332 controlli di cui 47
''hanno evidenziato situazioni di non conformita'
alla normativa ambientale'' determinando quindi ''un
livello generale di illegalita' pari al 14%''.
Nel dettaglio le analisi hanno evidenziato che il
fiume con il piu' alto livello di illegalita' e' il
campano Lete con l'85,7%, seguono l'Isarco (Trentino
Alto Adige) con il 30,8%, il Basento (Basilicata)
con il 30,4%, l'Ombrone (Toscana) con il 30%. In
Calabria, per il Crati - si legge nella mappa
realizzata dai Carabinieri per la tutela
dell'Ambiente - e' stato rilevato un livello di
illegalita' del 29,2% mentre del 28,6% per il
Tappino (Molise) e il Belice (Sicilia). Livello di
illegalita' pari allo zero per otto fiumi: Brenta
(Veneto), Marmora (Valle d'Aosta), Cellina (Friuli
Venezia Giulia), Vara (Liguria), Maroggia (Umbria),
Metauro (Marche), Aniene (Lazio) e Lato (Puglia).
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