Durante tutto il secolo appena concluso, il clima è
cambiato, probabilmente a causa delle emissioni di
gas dovute alle attività umane, e il processo sembra
destinato a continuare.
Un mutamento che porterà piogge abbondanti
sull'Europa e sulle regioni dell'Asia in cui
soffiano i monsoni. Difficile a credersi, lanciando
uno sguardo fuori dalla finestra. Non così
incredibile se si guarda invece al quadro generale
dei cambiamenti climatici che si sta delineando.
Siccità e precipitazioni eccessive e violente non
sono altro che due facce dello stesso fenomeno,
manifestazioni estreme del cambiamento in atto.
E proprio sullo studio, e sul tentativo di prevedere
i fenomeni estremi - ondate di caldo, siccità,
inondazioni - si concentrano due ricerche, una
europea e l'altra statunitense, i cui risultati sono
stati pubblicati dalla rivista Nature. La previsione
che risulta dallo studio europeo disegna, per il
prossimo secolo, un'Europa centrale e settentrionale
in cui la probabilità di forti precipitazioni
invernali sarà cinque volte più alta di quella
attuale. Una situazione che accomuna Europa e Asia,
dove, nelle regioni in cui soffiano i monsoni,
insieme alle piogge crescerà anche il rischio di
inondazioni, soprattutto in Bangladesh.
L'interesse per i fenomeni estremi deriva
dall'influenza enorme che questi hanno sulla società
e sull'economia delle zone colpite, con
ripercussioni che, almeno nell'immediato, risultano
molto più gravi di quelle dovute ai cambiamenti del
clima generale, che si manifestano invece su periodi
più lunghi. La possibilità di prevedere questi
eventi e di minimizzare i rischi, ha quindi grande
importanza anche a livello politico. E poiché le
previsioni, per quanto riguarda il clima, dipendono
dai modelli che vengono scelti per descriverne
l'evoluzione, la scelta dell'approccio più efficace
e affidabile può garantire una previsione più
accurata. Così, per stilare la mappa del rischio
degli eventi estremi, Tim Palmer e Jouni Räisänen,
ricercatori rispettivamente al European Centre for
Medium-Range Weather Forecasts di Berks, nel Regno
Unito, e al Rossby Centre di Norrköping, in Svezia,
hanno analizzato risultati di 19 modelli che
descrivono l'evoluzione del clima per i prossimi
ottanta anni. I due ricercatori hanno fatto di più
che mettere assieme i risultati e stabilire una
media. In questo modo, infatti, avrebbero ottenuto
una stima abbastanza affidabile dell'evoluzione
media del clima, ma non avrebbero potuto
quantificare con altrettanta precisione il rischio
di eventi estremi. Agli scenari previsti dai 19
modelli è invece stato applicato un metodo
probabilistico, simile a quello utilizzato di solito
per le previsioni del tempo nel breve e medio
periodo. Nel calcolo si è poi tenuta in conto la
concentrazione atmosferica di anidride carbonica, e
il suo probabile aumento. Come situazione di
partenza, che descrive le attuali condizioni
climatiche, è stata scelta quella in cui la
concentrazione in atmosfera di biossido di carbonio,
il gas principale responsabile dell'effetto serra, è
pari alla media registrata nel ventesimo secolo; poi
sono stati analizzati i risultati ottenuti
considerando una crescita del livello di biossido di
carbonio dell'uno per cento ogni anno. In realtà
questo aumento è un po' più rapido di quello
previsto, ma, in questo modo, gli scienziati hanno
voluto tenere conto anche del contributo di altri
gas serra non considerati direttamente. Al termine
dell'analisi, il confronto con la situazione
iniziale ha permesso ai due studiosi di formulare
una previsione sull'andamento del rischio di
fenomeni estremi dovuti al cambiamento climatico.
Anche in metodo di Palmer e Räisänen, comunque, ha
alcuni limiti, e come gli altri non è in grado di
fare previsioni di eventi estremi in aree ristrette,
per esempio bacini idrici con superfici inferiori ai
200 chilometri quadrati. Proprio alcuni corsi
d'acqua di queste dimensioni sono invece al centro
dello studio condotto dai ricercatori statunitensi
del US Geological Survey di Princeton, guidati da
Chris Milly. Lo studio ha concluso che durante
l'ultimo secolo la frequenza delle inondazioni è
cresciuta, e vi è solo una minima probabilità che
questo sia dovuto alla variabilità climatica
naturale. Le informazioni raccolte sugli eventi
passati e lo sviluppo di modelli sempre più
affidabili per le previsioni sul futuro possono
portare a una maggiore conoscenza dei fenomeni
estremi, e a una probabilità più alta di prevederli
e minimizzarne gli effetti, soprattutto se i sistemi
di calcolo dedicati allo studio dei cambiamenti
climatici saranno potenziati e affinati.
Su questo argomento vedi
anche:
Gas serra e disastri ambientali
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