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Tumore alla prostata: i primi dati dello studio Pros-it (30/06/2016)

Per monitorare il tumore della prostata in chiave epidemiologica (20% nella popolazione maschile con 36.000 nuovi casi l’anno in Italia) la sezione Invecchiamento dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Padova ha promosso lo studio 'Pros-It' (Prostata Italia).

Per una durata di tre anni (settembre 2014 - settembre 2017) lo studio intende fotografare la situazione nel nostro Paese, coinvolgendo 97 centri specialistici (51 di Urologia, 39 di Radioterapia, 7 di Oncologia) su tutto il territorio nazionale ed arruolando 1.714 uomini che hanno avuto diagnosi di questa forma di cancro ad un'età media di poco più di 68 anni. Il loro stato complessivo di salute alla diagnosi è risultato buono e sostanzialmente sovrapponibile a quello della popolazione generale.
Per fare il punto sui risultati raggiunti e discutere delle prospettive future, si è svolto a Roma presso la sede centrale del Cnr un 'Investigators Meeting'.

“Pros-It è il primo studio epidemiologico, multicentrico e multispecialistico di monitoraggio del profilo di cura del tumore della prostata in Italia e mira a valutare caratteristiche cliniche, demografiche e protocolli di terapia, per individuare i fattori su cui lavorare per migliorare la qualità di vita del paziente”, spiega Gaetano Crepaldi, professore emerito di Medicina interna dell’Università di Padova e ricercatore associato dell’In-Cnr, responsabile scientifico del progetto.

“Meno del 9% dei soggetti arruolati, in fase di diagnosi di questa forma tumorale, ha scelto una struttura ospedaliera esterna rispetto alla propria area di residenza”, precisa Marianna Noale, biostatistico dell’In-Cnr. “Tuttavia, mentre appena l’1% di pazienti in regioni del Nord Italia è stato arruolato in strutture del Sud, quasi il 14% di quelli residenti al Sud si è rivolto a strutture dell’Italia settentrionale”.

Il primo follow-up, a 6 mesi dalla diagnosi, evidenzia una buona aderenza al progetto. “Oltre l’85% dei pazienti arruolati sono stati ricontattati e rivisitati dai medici che partecipano allo studio”, continua Stefania Maggi dell’In-Cnr, coordinatore del progetto.
“Inoltre, meno della metà del campione viene sottoposto a trattamento chirurgico, oltre il 40% a radioterapia, il 24% a ormonoterapia e percentuali più basse ad altri trattamenti quali costante e regolare osservazione e brachiterapia, forma di radioterapia in cui la sorgente è collocata all'interno o vicino alla zona da trattare.
I risultati fin qui raggiunti evidenziando la correttezza della scelta del Cnr di coinvolgere nel progetto un team multidisciplinare, con urologi, radioterapisti e oncologi, in modo da individuare, sulla base dei dati, gli aspetti su cui lavorare per migliorare il profilo di cura e la qualità di vita del paziente”.

Anche Angelo Porreca, primario urologo del Policlinico di Abano Terme, uno tra i centri partecipanti al progetto, si sofferma sull’importanza della qualità di vita dei pazienti coinvolti nel progetto: “Pur restando primario l’obiettivo di massimizzare la sopravvivenza dei pazienti, negli ultimi anni l’attenzione degli specialisti si è rivolta sempre più alla considerazione dell’impatto di ciascuna terapia sulla qualità di vita, sia in generale, sia sulle funzioni specifiche (urinarie, intestinali e sessuali). Ad esempio, in caso di malattia poco aggressiva alla diagnosi, con una storia naturale lenta e facile da curare, dovremo considerare terapie che non alterino troppo il benessere del paziente”.

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