Finalmente è stato trovato un modo per sapere
esattamente quando una persona in anestesia totale
perde conoscenza. E' stato identificato uno schema
dell'attività cerebrale che permette di sapere se il
paziente è presente e conscio o privo di coscienza.
Potendo seguire con precisione l'attività
dell'anestetico, la scoperta permetterà di dosarlo
in modo sempre più appropriato, evitando sia
risvegli anticipati che dosaggi troppo alti.
Anche se lo studio ha riguardato un solo anestetico,
il propofol, i ricercatori del Massachusetts General
Hospital (MGH) e del Massachusetts Institute of
Technology (MIT) ritengono che quanto scoperto sarà
applicabile anche agli altri farmaci utilizzati per
ottenere l'anestesia generale.
Patrick Purdon, PhD uno dei principali autori della
ricerca apparsa sulla rivista PNAS Plus, spiega che
il meccanismo grazie al quale l'anestetico porta
all'incoscienza rimane uno dei principali misteri
scientifici perciò la scoperta è molto importante,
perchè propone uno specifico meccanismo di azione
del propofol, uno degli anestetici più utilizzati.
Il modello identificato mette in evidenza un nuovo
stato del cervello, nel quale i neuroni di diverse
aree sono disattivati in tempi diversi rendendo
impossibili le comunicazioni tra le diverse regioni.
La corrente ipotesi sulla natura dell'incoscienza è
che rappresenta una interruzione delle comunicazioni
all'interno del cervello. Gli studi realizzati sugli
effetti dell'anestesia generale negli animali non
possono determinare con precisione quando avviene la
perdita della coscienza.
Questo studio ha misurato l'attività di singoli
neuroni e di circuiti neuronali in tre pazienti cui
erano stati precedentemente impiantati alcuni
elettrodi nel cervello per aiutare a diagnosticare
l'epilessia. All'inizio delle procedure chirurgiche
necessarie alla rimozione degli elettrodi, ai
pazienti è stato domandato di premere un bottone
ogni volta che avessero sentito un suono che veniva
generato ogni quattro secondi.
Quando un paziente non rispondeva per due suoni
consecutivi, il periodo temporale di cinque secondi
delimitato dai due suoni mancati veniva identificato
come il momento in cui si aveva la perdita della
coscienza.
La misura dell'attività dei singoli neuroni mostrava
una caduta nell'attività complessiva, ma non prima
di 30 secondi dopo la perdita dello stato di
coscienza, momento che coincideva con un cambiamento
nella struttura complessiva dell'attività cerebrale.
Mentre l'attività elettrica nel cervello conscio
appare disorganizzata, senza regole evidenti, nel
momento in cui i partecipanti hanno perso conoscenza
l'attività dei loro cervelli ha cominciato a
mostrare delle oscillazioni regolari tra stati di
attivazione e stati di disattivazione.
Laura Lewis, una coordinatrice dello studio e
l'autrice della relazione, spiega che la i periodi
di disattivazione dell'attività cerebrale avvenivano
in tempi diversi, in aree diverse, rendendo
impossibili le comunicazioni.
Mentre questo schema di oscillazioni è stato
osservato in esseri umani addormentati o sotto
anestesia, questo è il primo studio che ha studiato
e verificato l'attività neuronale proprio nel
passaggio dallo stato di coscienza a quello di
incoscienza.
In precedenza i parametri delle onde cerebrali e la
fisiologia cerebrale che indicavano lo stato di
incoscienza erano incerti, per cui gli anestesisti
non avevano una strada maestra per seguire lo stato
cerebrale durante l'anestesia generale. Ora che è
stato identificato un marcatore fisiologico
associato con l'incoscienza, sarà possibile
sviluppare dei sistemi che permettano di sapere in
tempo reale se il paziente è cosciente oppure no, di
scegliere il farmaco migliore per ogni paziente e di
dosarlo in modo appropriato.
Per trovare i nomi degli altri ricercatori che hanno
partecipato allo studio, oltre a quelli gia citati,
potete
aprire la pagina inglese di questa notizia.
Per saperne di più
Massachusetts General Hospital
( MDN )
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