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Istituto Superiore di Sanità: ottimizzazione della chemioterapia mediante l'impiego di sostanze naturali (13/01/2011)

 

Dal Convegno: "Sostanze naturali, farmaci e alimenti: azioni e interazioni." Istituto Superiore di Sanità, tenutosi a Roma, il 14 dicembre 2010.
La maggior parte dei tumori può presentare una scarsa sensibilità agli agenti chemioterapici risultando, quindi, difficilmente aggredibili con i tradizionali trattamenti farmacologici.
Uno dei principali obiettivi della ricerca oncologica è perciò quello di individuare nuove strategie terapeutiche efficaci nei confronti dei tumori farmacoresistenti.
A tal scopo, numerosi prodotti naturali di diversa origine e struttura chimica sono stati usati, da soli o in associazione con i convenzionali farmaci antitumorali, nella speranza di inibire, o almeno ridurre, la farmacoresistenza delle cellule tumorali. 

Nel corso dei nostri studi abbiamo dimostrato che l'alcaloide bisindolico voacamina, isolato dalla pianta Peschiera fuchsiaefolia, è in grado di esercitare in vitro un marcato effetto chemiosensibilizzante su cellule tumorali farmacoresistenti trattate con la doxorubicina.
In particolare, le cellule resistenti pretrattate con la voacamina mostrano un aumentato accumulo intracellulare del farmaco, essenzialmente localizzato all'interno del nucleo, paragonabile a quello osservato nelle cellule farmacosensibili.
L'analisi della sopravvivenza cellulare e le osservazioni di microscopia ottica ed elettronica hanno evidenziato un notevole aumento dell'effetto citotossico della doxorubicina nei confronti delle cellule resistenti pretrattate con l'estratto vegetale.
Abbiamo successivamente dimostrato che la voacamina è in grado di esercitare tali effetti essendo un substrato della P-gp ed agendo quindi quale antagonista competitivo nei confronti dell'agente chemioterapico.

Nel corso di tale ricerca, alcune evidenze sperimentali hanno suggerito che l'aumento dell'effetto citotossico indotto dall'alcaloide vegetale non è dovuto al potenziamento del processo apoptotico ma piuttosto all'induzione di morte cellulare per autofagia.

In conclusione, le capacità della voacamina di chemiosensibilizzare le cellule tumorali MDR e di modulare il processo autofagico rendono questo agente naturale particolarmente promettente ai fini dell'ottimizzazione della chemioterapia.

Infatti, sebbene il ruolo dell'autofagia nelle cellule tumorali in risposta agli agenti citotossici è ancora poco chiaro e molto dibattuto, l'impiego di un prodotto naturale capace di modulare il processo autofagico potrebbe avere interessanti applicazioni cliniche.

Il fenomeno della farmacoresistenza (MDR: Multidrug Resistance) è spesso dovuto alla capacità della cellula tumorale di estrudere gli agenti citotossici riducendo la loro concentrazione intracellulare.
In questo complesso meccanismo, un ruolo molto importante è svolto dalla molecola di trasporto P-glicoproteina (P-gp) che è generalmente sovraespressa sulla superficie delle cellule MDR. 

Numerosi studi, sia in vitro che in vivo, supportano l'ipotesi che differenti programmi di morte possono essere innescati in funzione dello stress cellulare indotto.
L'autofagia è un processo che viene indotto dalla cellula in risposta a differenti stimoli citotossici.
Questo processo può proteggere le cellule tumorali dall'apoptosi dopo trattamento con farmaci antitumorali o essere un meccanismo di morte per cellule che presentano un deficit nel loro programma apoptotico. Si è dunque valutato se il trattamento chemiosensibilizzante della voacamina potesse scatenare, sulle linee farmacosensibili e farmacoresistenti, un processo di morte cellulare per autofagia. Primo obiettivo di questo studio è stato quello di esaminare la presenza di vacuoli acidici intracitoplasmatici mediante coloranti vitali quali arancio di acridina (AO) e monodansilcadaverina (MDC).
La valutazione è stata effettuata mediante microscopia ottica e confocale, la quantificazione mediante analisi citofluorimetrica.
Ilcolorante MDC, marker fluorescente specifico per la presenza di autofagolisosomi 
(organelli contenenti enzimi lisosomiali, fosfatasi acide e forme mature di catepsina D) ha rivelato un aumento della percentuale di strutture autofagosomiali nelle linee 
farmacoresistenti dopo trattamento per 24 ore con voacamina. Inoltre, osservazioni 
mediante microscopia elettronica a trasmissione hanno rivelato, in cellule resistenti trattate con voacamina, sia da sola che in combinazione con la doxorubicina, la presenza di alterazioni mitocondriali e di numerosi vacuoli circondati da doppia membrana con 
all'interno organuli citoplasmatici degenerati. Per dimostrare ulteriormente la presenza dei vacuoli autofagici nelle cellule trattate con voacamina è stata valutata la presenza di un recente marker dell'autofagia: la proteina MAP-LC3 (Microtubule-Associated Protein 1 Light Chain 3).
La proteina LC3, normalmente localizzata a livello citoplasmatico, durante l'autofagia viene tagliata, lipidata e posizionata esclusivamente a livello degli autofagosomi.
È stata quindi valutata e dimostrata la maggiore espressione della frazione lipidica LC3-II della proteina rispetto alla frazione citoplasmatica LC3-I nei campioni trattati con la sostanza chemiosensibilizzante.
Tali dati confermano il ruolo chiave svolto dall'autofagia nei meccanismi di morte delle cellule tumorali trattate con la voacamina, sia singolarmente sia in combinazione con l'agente chemioterapico.

Per saperne di più
Istituto Superiore di Sanità

(MDN)

 


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