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La saliva: molto più di semplice acqua (12/01/2011)

 

La nostra saliva è costituita per il 99% da acqua. Il restante 1% contiene, invece, numerose sostanze importanti per la digestione, per la salute dei denti e per il controllo della crescita batterica all’interno della bocca.

Le ghiandole salivari presenti all’interno della nostra bocca producono circa 1-2 litri di saliva al giorno. Il plasma è utilizzato come base, da cui le ghiandole salivari estraggono molte sostanze e a cui ne aggiungono altre. La lista degli elementi trovati nella saliva è lunga, ed è in continua crescita. Inoltre, questi elementi sono molto diversi tra loro e hanno diverse funzioni, peraltro sono conosciute solo alcune tra le più importanti attività svolte da questi elementi.

Il cibo e la saliva

La saliva ci impedisce di soffocare con il cibo

Un importante ruolo della saliva durante la masticazione è rappresentato dalla sua viscidità. Durante la masticazione il cibo secco, friabile o frammentato viene trasformato in un insieme soffice e coeso, il “bolo”.(1) Questo bolo è tenuto unito da lunghe, filamentose molecole, le mucine, che si uniscono alle loro estremità. Inoltre, le mucine legano una grande quantità di acqua e pertanto mantengono il bolo umido e soffice.(2),(3) Questa funzione è molto importante perché non ci fa soffocare con il cibo e permette di evitare che l’esofago venga danneggiato da particelle di cibo rugose.

Gusto

La saliva è essenziale per la sensazione del gusto. Le papille gustative sono nascoste in profondità nella lingua e non possono essere raggiunte da particelle di cibo secche o grumose. Facciamo un esperimento, chiudete gli occhi e mettete sulla lingua una zolletta di zucchero o un granello di sale. Più la lingua è asciutta più diventa difficile distinguere i due sapori. Solo quando avrete inumidito i granelli con la saliva verranno liberate le singole molecole di zucchero o sale e potrete riconoscere il sapore dolce o salato. Questa funzione della saliva è dovuta al suo principale costituente, l’acqua.

Alimenti più complessi come l’amido o le proteine richiedono un ulteriore aiuto della saliva per essere identificati con il loro sapore. L’insieme dei recettori del gusto viene attivato solo attraverso il legame con molecole di piccole dimensioni o con ioni, e non con molecole a lunga catena (polimeri). Questo ci fa comprendere perché una molecola di amido, che è costituita da milioni di singole molecole di zucchero (monosaccaridi), non ha un sapore dolce. Per svelare il vero sapore dei cibi, la nostra saliva contiene degli enzimi digestivi.(4) Ciascun enzima accelera una specifica reazione chimica che altrimenti avverrebbe in un tempo troppo lento per i nostri scopi. L’amilasi, ad esempio, aiuta le molecole di acqua della saliva a scindere i legami chimici tra i monosaccaridi dell’amido. Quindi le singole molecole di zucchero rilasciate dalla reazione si legano ai recettori per il sapore dolce, che trasmettono il messaggio al cervello che stabilisce se l’alimento è sicuro e può essere deglutito. Lo stesso accade per le proteine, che vengono scisse nei singoli aminoacidi dalle proteasi della saliva; gli aminoacidi possono stimolare il recettore “umami” (umami = saporito).

La saliva è un costruttore

Le sostanze dure che costituiscono i nostri denti, smalto e dentina, sono dei cristalli molto duri chiamati idrossiapatite. L’idrossiapatite è costituita da calcio, fosfato e ioni ossidrile. Inoltre, contengono molecole organiche, perlopiù collagene, e nel caso della dentina anche delle propaggini cellulari degli odontoblasti (le cellule che producono la dentina).

Fonte della costruzione di cristalli di idrossiapatite

A causa delle sue proprietà l’acqua può rimuovere gli ioni dai cristalli di sale. Ad esempio, il sale da cucina, quando viene messo in acqua, si scioglie immediatamente nei suoi due componenti, gli ioni sodio e cloro. Sebbene nell’idrossiapatite gli ioni siano legati molto tenacemente, nell’acqua il cristallo può continuamente perdere ioni dalla superficie e ridursi. Per contrastare questo processo, la nostra saliva è satura di ioni calcio e fosforo. Questi ioni occupano gli spazi liberi nella struttura del cristallo prevenendo così una continua corrosione della superficie dello smalto. Se la nostra saliva venisse continuamente diluita in acqua, la concentrazione di fosfato di calcio diventerebbe insufficiente e lo smalto comincerebbe a erodersi. Questo, ad esempio, accade nel caso della cosiddetta “sindrome da biberon” dei neonati. Inseguito al prolungato succhiare dal biberon, soprattutto se contiene solo acqua, i denti diventano porosi e si sviluppa la tipica carie degli incisivi superiori.(5) Alcune strategie che possono contribuire a ridurre questo rischio sono una buona igiene orale, che si ottiene lavando i denti due volte al dì con un dentifricio contenente fluoro, e la riduzione di un’esposizione prolungata dei denti a bevande contenenti carboidrati fermentati (es. succhi di frutta, latte).(6)

Neutralizzazione degli acidi

L’idrossiapatite si forma quando sono presenti solamente gli ioni idrossido (OH-) e fosfato (PO43-). Questo si verifica prevalentemente in presenza di un pH alcalino (pH>7). In condizioni di acidità gli ioni OH- sono convertiti in acqua e gli ioni fosfato in mono-, di- e tri-idrogeno fosfato. Questi non entrano a far parte della struttura del cristallo di idrossiapatite e vengono lavati via.(7) La saliva previene questa situazione tamponando le sostanze che rendono il pH quasi neutro, circa 7. Se il pH è eccessivamente alcalino per un periodo prolungato, l’idrossiapatite si accresce troppo velocemente, formando un’incrostazione (tartaro). Al contrario una continua esposizione a fluidi acidi (pH<7), ad esempio in seguito alla suzione di succo di frutta dal biberon, rende lo smalto poroso e sottile.(5)

Rivestimento della superficie

Abbiamo visto che la superficie dei cristalli di idrossiapatite che formano lo smalto è sensibile ai cambiamenti della composizione della saliva ed è in continua ricostruzione. Tuttavia, i nostri denti rimangono sani e funzionali per molti decenni. Pertanto, sarebbe auspicabile avere un ambiente stabile sulla superficie dello smalto. Anche in questo caso la saliva ha un ruolo: i suoi componenti, in primo luogo la mucina, si legano stabilmente alla superficie dello smalto e costituiscono uno strato protettivo.(8) Questo strato protettivo delle molecole di mucina, detto pellicola, lega acqua e ioni e li mantiene in posizione.(9) Inoltre, uniforma le irregolarità della superficie del cristallo e la mantiene liscia e lubrificata.

La saliva nel biotopo della cavità orale

I nostri conviventi

La presenza di superfici umide e calde all’interno della nostra bocca costituisce l’habitat ideale (biotopo) per i microorganismi, prevalentemente batteri, ma anche lieviti (Candida) e protozoi (Entamoeba gingivalis).(10) In aggiunta al clima ideale, questi microorganismi beneficiano di un’alimentazione abbondante che ricevono attraverso la nostra assunzione regolare di cibo.

Sopravvivere nel biotopo del cavo orale

I batteri hanno un’unica possibilità di sopravvivenza: devono cercare di resistere e non essere deglutiti. Alcune specie di batteri, in particolare gli streptococchi, possono legarsi direttamente alla pellicola. Questo legame è reso possibile sia dalla presenza di ioni calcio carichi positivamente che si pongono tra le superfici della pellicola e dei batteri, cariche negativamente, sia dal legame specifico di alcune proteine batteriche (lectine) con la struttura della pellicola.

Già cinque minuti dopo che i denti sono stati lavati, i primi batteri iniziano ad attaccarsi alla nuova pellicola che si va formando. Inseguito i batteri si moltiplicano attraverso la divisione cellulare e formano un biofilm. Questo primo strato di “pionieri” permette agli altri batteri di legarsi. Dopo due o tre ore, si è già formata una placca visibile a occhio nudo. In alcune aree nascoste della bocca, le colonie batteriche possono accrescersi in spessore, formando delle strutture tridimensionali definite “placca matura”. Se la placca non viene disturbata dallo spazzolino o dal filo interdentale, può crescere di circa un millimetro o 300 batteri al giorno.(11) Sotto queste colonie di grosse dimensioni, soprattutto gli strati più bassi del dente vanno incontro alla mancanza di ossigeno. Per poter continuare a estrarre energia dal cibo, questi batteri hanno bisogno di utilizzare la fermentazione, un processo che produce acidi organici invece di acqua e anidride carbonica. Il conseguente microclima acido dissolve i cristalli di idrossiapatite e causa la carie. Dopo circa una settimana, la placca inizia a mineralizzare: il calcio e il fosfato della saliva vengono depositati sulla colonia batterica che risulta indurita e diventa tartaro.

La placca spessa e dura si può formare nelle aree della bocca in cui i batteri possono proliferare indisturbati per diversi giorni. Il flusso costante della saliva previene questo problema solamente dilavando gli strati batterici debolmente attaccati sulla maggior parte delle superfici dentali. La placca e il tartaro non si formano sulle superfici dentali esposte, anche nelle persone che non si lavano i denti per un periodo prolungato di tempo. Tuttavia, alcune nicchie particolari, come gli spazi interdentali e le tasche gengivali, offrono una protezione sufficiente contro la funzione meccanica dilavante della saliva.

Ma la saliva può fare molto di più: le proteine che formano la pellicola sulla superficie dentale, alla quale i batteri possono aderire, sono presenti anche in forma solubile nella saliva. I batteri, che non possono riconoscere a quale mucina si sono legati, se a quella fissata al dente o a quella libera nella saliva, possono quindi essere trasportati nello stomaco in seguito alla deglutizione. Molti batteri sono quindi intrappolati e deglutiti. Inoltre la saliva contiene l’enzima lisozima, che attacca e perfora la parete di alcuni batteri, facendoli scoppiare. Nella saliva sono presenti anche degli anticorpi (immunoglobulina A) che impediscono ai batteri di stabilirsi nella cavità orale.(12)

La nostra saliva favorisce la presenza di batteri che non producono acidi, e contribuisce ad uccidere i batteri indesiderati e in eccesso attraverso l’uso del nitrato. Il nitrato è un’importante fonte di azoto per le piante e spesso è utilizzato come fertilizzante. Molte piante, in particolare insalata e verdure, conservano i nitrati come riserva per eventuali necessità. Le nostre cellule non utilizzano molto queste sostanze, infatti i nitrati presenti nella dieta vengono trasportati inutilizzati nel sangue finché vengono escreti attraverso l’urina. Molti batteri, tuttavia, possono utilizzare i nitrati (NO3-) anziché l’ossigeno per la respirazione, trasformandoli in nitrito (NO2-). Quando i nitriti entrano in contatto con sostanze acide diventano un potente veleno che può uccidere i batteri presenti nelle vicinanze. Le nostre ghiandole salivari accumulano attivamente i nitrati prelevandoli dal sangue e li secernono con la saliva nella bocca. In questa sede i nitrati hanno diverse funzioni, ad esempio, aiutano quei batteri che respirano utilizzando nitrati anziché ossigeno (batteri denitrificanti). Quando scarseggia l’ossigeno, questi batteri producono nitriti, ma non acidi, pertanto non causano carie. Se un batterio denitrificante vive vicino ad un batterio acido produttore, quest’ultimo viene ucciso dalla reazione tra l’acido che ha prodotto e il nitrito: questo causa una ridotta produzione di acidi. Meno acido viene prodotto, meglio vengono protetti i denti.(13) Inoltre, i nitriti che vengono deglutiti con la saliva reagiscono con i succhi gastrici, che sono acidi, e possono uccidere dei potenziali agenti patogeni presenti nello stomaco.(14)

Conclusioni

Pertanto, cosa accadrebbe se la saliva fosse composta solamente da acqua? Il risultato sarebbe che ci soffocheremmo molto spesso deglutendo il cibo, poiché non si formerebbe il bolo alimentare. Tutte le macromolecole dei nutrienti come proteine e amido, ma anche i grassi, non avrebbero sapore. Saremmo in grado di gustare solamente cibi pre-digeriti che contengono solo aminoacidi e zuccheri semplici. Gli ioni calcio e fosfato verrebbero dilavati dall’acqua dai cristalli di idrossiapatite e senza l’azione tampone sugli acidi non potrebbero essere sostituiti. Lo smalto dei denti diverrebbe demineralizzato e poroso. I batteri potrebbero diffondersi indisturbati e potrebbero causare carie inseguito all’aumentata produzione di sostanze acide.

Per saperne di più
EUFIC- The European Food Information Council

Bibliografia

(1). Pedersen AM et al. (2002). Saliva and gastrointestinal functions of taste, mastication, swallowing and digestion. Oral Diseases 8:117–129.
(2). Offner GD, Troxler RF. (2000). Heterogeneity of High-molecular-weight Human Salivary Mucins. Advances in Dental Research 14:69–75.
(3). Humphrey SP, Williamson RT. (2001). A review of saliva: Normal composition, flow, and function. Journal of Prosthetic Dentistry 85:162–169.
(4). Mese H, Matsuo R. (2007). Salivary secretion, taste and hyposalivation. Journal of Oral Rehabilitation 34:711–723.
(5). Schilke R. (1997). Das Nursing-Bottle-Syndrom. Monatsschrift Kinderheilkunde 145:693–698.
(6) EUFIC Fondamenti (2006). La salute dentale. Disponibile su: www.eufic.org/article/it/expid/basics-salute-dentale/
(7). Robinson C et al. (2000). The Chemistry of Enamel Caries. Critical Reviews in Oral Biology and Medicine 4:481–495.
(8). Wetton S et al. (2006). Exposure Time of Enamel and Dentine to Saliva for Protection against Erosion: A Study in vitro. Caries Research 40:213–217.
(9). Lendenmann U et al. (2000). Saliva and Dental Pellicle – A Review. Advances in Dental Research 14:22–28.
(10). Prieto-Prieto J, Calvo A. (2004). Microbiological Bases in Oral Infections and Sensitivity to Antibiotics. Medicina Oral, Patología Oral y Cirugía Bucal 9 Suppl:11–18.
(11). Kolenbrander PE et al. (2006). Bacterial interactions and successions during plaque development. Periodontology 2000 42:47–79.
(12). Rudney JD. (2000). Saliva and Dental Plaque. Advances in Dental Research 14:29-39.
(13). Doel JJ et al. (2004). Protective effect of salivary nitrate and microbial nitrate reductase activity against caries. European Journal of Oral Sciences 112:424–428.
(14). Winter JW et al. (2007). N-Nitrosamine Generation From Ingested Nitrate Via Nitric Oxide in Subjects With and Without Gastroesophageal Reflux. Gastroenterology 133:164–174.

 


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(del Dott. Turetta)
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