Un team di ricercatori dell’Isa-Cnr ha indagato in
modo specifico l’utilizzo di polifenoli nelle
patologie tumorali, evidenziando in due studi i pro
e i contro del loro uso e dimostrando che in alcuni
casi l’effetto prescinde dall’attività
antiossidante.

Cellule derivate da Leucemia linfocitaria cronica trattate con quercetina e con il farmaco apoptogenico ABT-737. In verde chiaro, le cellule tumorali morte.
Per scoprire se veramente fanno bene i polifenoli,
composti naturali presenti in abbondanza in frutta e
verdura spesso presentati come salutari, i
ricercatori dell’Istituto di scienze
dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle
ricerche (Isa-Cnr) di Avellino hanno risposto con
due distinti studi.
Secondo i ricercatori lo studio degli effetti
benefici dei polifenoli nella prevenzione e nella
terapia del cancro va affrontato sfruttando modelli
cellulari adeguati e selezionati per la loro elevata
specificità. L’efficacia va, pertanto, valutata con
attenzione.
Nella ricerca pubblicata su Seminars in Cancer
Biology, il team dell’Isa-Cnr ha analizzato la
capacità di queste sostanze di agire da
antiossidanti, cioè di neutralizzare i radicali
liberi responsabili dell’invecchiamento,
evidenziando la differenza tra i dati ottenuti in
modelli animali e cellulari, che confermano gli
effetti antitumorali dei polifenoli, e i risultati
degli studi clinici, spesso non chiari o addirittura
negativi.
“Quando consideriamo i potenziali effetti benefici
dei polifenoli contro il cancro dobbiamo distinguere
tra prevenzione e terapia”, spiega Gian Luigi Russo,
responsabile del team di ricerca all’Isa-Cnr.
“L’efficacia di un antiossidante non è la stessa
nella cellula di una persona sana e in quella di un
paziente affetto da tumore, a cui vengono
somministrate alte dosi di antiossidanti in
combinazione con radio o chemioterapia”.
I ricercatori dell’Isa-Cnr confermano quanto
sostenuto anche da altri scienziati: “I polifenoli
in basse dosi, come quelle normalmente presenti in
frutta e verdura, potrebbero esercitare il loro
effetto agendo come blandi pro-ossidanti e
stimolando così la risposta adattativa della
cellula, cioè un potenziamento delle difese.
Al contrario, molte evidenze scientifiche mettono in
guardia sull’efficacia del trattamento con
antiossidanti in pazienti tumorali, nei quali
possono indurre resistenza alla terapia
convenzionale”, prosegue Russo.
Nello studio pubblicato sulla rivista Oncotarget è
stata invece valutata la possibilità che singole
molecole polifenoliche esercitino un’attività
antitumorale, indipendentemente dalla loro natura di
antiossidanti.
È il caso della quercetina, un flavonoide presente
in alimenti quali cipolle, mele, uva e vino rosso.
“I risultati dimostrano che la quercetina facilita
la morte di cellule maligne derivate dalla Leucemia
linfocitaria cronica (Llc), la più comune forma
leucemica nell’anziano, resistente alla
chemioterapia”, afferma Maria Russo, primo autore
della pubblicazione.
“In cellule derivate da
un paziente affetto da una forma aggressiva di Llc,
dosi farmacologiche di quercetina inibivano
l’attività di due enzimi chiave, il PI3K e il CK2,
responsabili a livello biochimico della resistenza
ai farmaci che inducono la morte cellulare
programmata (apoptosi) delle cellule tumorali.
In pratica, la
quercetina potenzia l’efficacia dell’agente
apoptotico ABT-737 con sorprendente rapidità,
entrando nelle cellule e bloccando il meccanismo che
favorisce la crescita tumorale con un effetto che
appare molto specifico”.
Le ricerche sono state
pubblicate su Seminars in Cancer Biology e su
Oncotarget.
Per saperne di più
Antioxidant polyphenols in cancer treatment: Friend,
foe or foil?
DOI: 10.1016/j.stemcancer.2017.05.005;
Link...
Oncotarget
CK2 and PI3K are direct molecular targets of
quercetin in chronic lymphocytic leukaemia.
Quercetina nella Leucemia linfocitica cronica.
DOI: 10.18632/oncotarget.17246
Link...
MDN |