Sperimentato dai ricercatori dell’Università di
Milano un modello di analisi morfologica
digitalizzata degli spermatozoi di topi: l’algoritmo
è stato in grado di cogliere differenze
indistinguibili per l’occhio umano, possibili
applicazioni nella medicina riproduttiva.
Addestrare un computer a classificare gli
spermatozoi sulla base delle loro caratteristiche
fisiche è quello che sono riusciti a fare i
ricercatori del Centro della Complessità e dei
Biosistemi dell’Università degli studi di Milano, in
un lavoro che hanno appena pubblicato su Scientific
Report.
La presenza di anomalie – come una testa troppo
grande o deformata, oppure una coda storta o doppia
– potrebbe ridurre la capacità degli spermatozoi di
raggiungere l’ovulo e fecondarlo.
Per questo la loro morfologia è uno dei fattori che
vengono esaminati nell’analisi del liquido seminale,
per valutare la fertilità maschile.
L'esame viene normalmente effettuato da specialisti
con anni di esperienza nell’osservare gli
spermatozoi al microscopio e classificarli in base
al loro aspetto.
La crescente disponibilità di immagini digitali
rende ora possibile lo sviluppo di tecniche di
identificazione e classificazione automatica delle
anomalie, che potrebbero consentire diagnosi più
rapide ed efficienti.
Al momento però, simili strumenti sono disponibili
solo per l’analisi della motilità degli spermatozoi.
I dispositivi finora sviluppati per valutare la loro
morfologia sono ancora difficili da usare e non
sufficientemente accurati.
Ecco perché è ancora necessario affidarsi all’occhio
allenato di esaminatori esperti, anche se, pur
essendo quello attualmente più affidabile, comporta
una certa variabilità nei risultati.
“I sistemi basati sull’apprendimento automatico
potrebbero giocare un ruolo chiave nel migliorare
l’efficienza dell’analisi morfologica degli
spermatozoi”, spiega la biologa Caterina La Porta
del Dipartimento di Scienza e Politica Ambientale,
che ha coordinato la ricerca.
“Questi sistemi possono addestrarsi da soli in modo
da individuare e riconoscere schemi particolari nei
dati che noi gli forniamo, sulla base dei quali poi
producono un modello.
L’obiettivo finale consiste nel classificare
automaticamente un insieme di dati di cui ancora non
sappiamo nulla”.
I ricercatori si sono concentrati su una
caratteristica fisica ben precisa: la forma
dell’acrosoma, un organello a forma di cappuccio che
copre il nucleo dello spermatozoo.
L’acrosoma contiene gli enzimi necessari a penetrare
la membrana esterna dell’ovulo, consentendo allo
spermatozoo di entrarci e di dare inizio al processo
di fecondazione.
Partendo da una grande quantità di immagini digitali
di spermatozoi di topo, i ricercatori hanno
ricostruito in 3D i loro acrosomi, che sono poi
stati misurati sulla base di diverse caratteristiche
come il volume, la superficie e i livelli di
curvatura.
Infine, tutti questi dati sono stati usati per
istruire un software, le cui valutazioni sono state
confrontate con quelle fatte al microscopio da
esaminatori esperti..
L’algoritmo che ne è
risultato è stato in grado di cogliere differenze
indistinguibili per l’occhio umano e le sue
classificazioni sono risultate corrette nel 73% dei
casi, una percentuale molto alta in confronto a
quelle ottenute con altri metodi.
“Abbiamo proposto una
strategia generale per classificare gli acrosomi nel
corso dello sviluppo degli spermatozoi, in base alle
loro caratteristiche fisiche”, conclude La Porta.
“Si tratta di un
approccio che potrebbe risolvere diversi problemi
clinici relativi al calcolo della percentuale di
spermatozoi dotati di un acrosoma normale
all’interno del liquido seminale, molto utile nella
valutazione della fertilità maschile”.
Per saperne di più
Scientific reports
Probing spermiogenesis: a digital strategy for mouse
acrosome classification
Link...
Centro della Complessità
e dei Biosistemi dell'Università Statale di Milano
Link...
Marco Dal Negro |