Un aggiornamento su come diagnosticare le
conseguenze derivate dall'ingestione dell'Anisakis,
il parassita spesso presente nel pesce crudo e sui
dati epidemiologici relativi al problema è stato
presentato dal Prof. Paolo Fazii al congresso
nazionale dei microbiologi clinici italiani,
organizzato dall'Amcli a Rimini tra i 6 ed il 9
novembre 2016.

Riportiamo qui il testo dell'intervento ed a fine
pagina i link alle altre pagine sull'Anisakis
presenti su mybestlife.com .
Epidemiologia e diagnosi dell'Anisakiasi
P. Fazii
UOC di Microbiologia e Virologia Clinica a valenza
regionale, P.O. “Spirito Santo” di Pescara – ASL di
Pescara
L’ anisakidosi è una parassitosi alimentare causata
dall’ingestione accidentale di larve di nematodi
anisakidi appartenenti ai generi Anisaki e
Pseudoterranova (Nematoda, Ascaridoidea, Anisakidae).
Quando l’agente etiologico è una larva anisakide
appartenente al genere Anisakis è più corretto
parlare di anisakiasi.
Il ciclo biologico di questi nematodi si svolge in
ambiente acquatico marino ed è caratterizzato da
cinque stadi di sviluppo.
I parassiti adulti vivono nell’intestino dei
mammiferi marini, loro ospiti definitivi.
Gli ospiti intermedi sono invece rappresentati da
piccoli crostacei planctonici appartenenti alla
famiglia Euphasiacea, e numerose specie di pesci e
cefalopodi. Ospiti occasionali possono essere alcuni
mammiferi terrestri, compreso l’uomo, gli uccelli
marini ed alcuni rettili.
L’uomo, come ospite occasionale, può infestarsi di
larve L3 mangiando pesci di mare o cefalopodi crudi
o poco cotti.
Una volta ingerite dall’uomo, le larve possono
rimanere adese alla mucosa gastrointestinale oppure
possono penetrare nella mucosa talora superando
l’intera parete.
Sono descritte tre forme di anisakidosi, la forma
acuta gastrica (la più frequente, osservata già dopo
poche ore dal pasto, talora associata a
sintomatologia orticariana) ed intestinale, la
cronica e quella ectopica (extragastrointestinale).
Solo nel 1990, Kasuya ha dimostrato la capacità
delle larve anisakidi di provocare allergie
(orticaria, angioedema, shock anafilattico, asma,
congiuntivite, dermatite da contatto).
Le forme allergiche sarebbero IgE mediate causate,
verosimilmente, da proteine di peso molecolare
compreso tra 30 e 50 Kd, estremamente potenti,
resistenti alla cottura ed al congelamento.
La terapia è chirurgica nelle forme cronicizzate con
presenza di ascessi o di granulomi e in molte delle
forme ectopiche oltre che nei casi di anisakidosi
acuta ileale terminale o appendicolare.
La reale utilità della terapia farmacologica è
ancora da dimostrare.
In molte circostanze, l’asportazione del parassita,
cui è seguita la scomparsa dei sintomi, si è
realizzata mediante l’endoscopio a fibre ottiche con
pinze per biopsia, che quindi rappresenta un valido
mezzo diagnostico e terapeutico per le forme di
anisakidosi non cronicizzata.
La diagnosi di certezza
di anisakidosi si pone con l’individuazione del
parassita che si realizza mediante endoscopia
digestiva, intervento chirurgico, biopsia; assai
raramente il nematode può essere osservato nel
vomito o nelle feci.
In modo indiretto la
diagnosi si pone con l’evidenziazione di lesioni
granulomatose o ascessuali con abbondante infiltrato
eosinofilo, mediante esami radiologici e
ultrasonografici e, mediante l’evidenziazione di
anticorpi specifici anti - Anisakis.
Il primo caso di
anisakidosi umana fu descritto in Olanda nel 1960.
Successivamente sono stati segnalati numerosi casi
soprattutto in Giappone laddove è pratica dietetica
usuale mangiare pesce crudo; altri casi sono stati
segnalati negli USA, in Corea, in Nuova Zelanda, in
Cile ed numerosi paesi europei.
In Italia, a tutt’oggi,
sono stati osservati circa 70 casi di casi in
pazienti residenti in Sicilia, in Molise, nelle
Puglie ed in Abruzzo e sporadicamente in altre
regioni (Lazio, Lombardia, Toscana, Piemonte, Marche
ecc.).
In Abruzzo, soprattutto nelle zone di Chieti e
Pescara, a partire dal 1998, abbiamo osservato 29
casi di anisakiasi (gastrica, intestinale ed in un
solo caso extragastrointestinale).
L’alta prevalenza
abruzzese probabilmente si giustifica con la
costituzione di un pool di esperti soprattutto nei
nosocomi di Pescara e Chieti che risulta
particolarmente attento nei con fronti di una
patologia relativamente frequente ma misconosciuta,
quasi ovunque, nel nostro Paese.
Il centro di Pescara ha
poi seguito una decina di casi conclamati
provenienti da altre Regioni ed ha segnalato ben 3
casi epidemici.
Si vuole, infine,
sottolineare l’importanza della prevenzione di
questa particolare parassitosi che può assumere,
talora, connotati clinici assai gravi, evitando di
consumare pesce crudo o poco cotto e di pesce
trattato con metodiche quali la salagione leggera,
l’affumicatura a freddo, la marinatura a freddo, il
trattamento con acido citrico che non garantiscono
la morte dei parassiti.
Vedi anche
Oltre all'Anisakis:
altri parassiti pericolosi sono presenti nel pesce
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(09/05/2013)
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Per saperne di più
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Marco Dal Negro |