sono
stati fatti passi in avanti nella possibilità di
diagnosticare prima eventuali disturbi che rientrino
nello Spettro del Disturbo Autistico (ASD). La
capacità di spostare tempestivamente l'attenzione,
nella prima infanzia, è uno degli elementi da
valutare: secondo i ricercatori, ritardi anche
minimi potrebbero essere dei precursori di ben noti
sintomi dell'autismo come la difficoltà di mantenere
il contatto visivo o di seguire il dito di un
genitore, problemi che, generalmente, emergono dopo
il primo anno di età.
Secondo la ricercatrice
Alice Kau questo studio lega le differenze nei tempi
di reazione alle differenze nello sviluppo
cerebrale, che possono dare forma al modo in cui i
bambini impattano e rispondono all'ambiente
circostante secondo modalità sempre più rilevabili
nel tempo.
I percorsi cerebrali della comunicazione si formano
rapidamente nella prima infanzia, e piccole
differenze, in questa fase, potrebbero preannunciare
più grandi differenze in una età successiva.
Alice Kau, Ph.D., collabora con l'Intellectual and
Developmental Disabilities Branch dell'Eunice
Kennedy Shriver National Institute of Child Health
and Human Development (NICHD), l'Istituto che ha
finanziato la ricerca.
Per misurare i movimenti
dello sguardo e l'attenzione visiva i ricercatori
hanno utilizzato sofisticate apparecchiature che
rilevano i movimenti ed i relativi tempi.
I bambini guardano con i loro genitori delle
immagini che appaiono sul monitor. La procedura
utilizzata è conosciuta come gap/overlap. In una
parte del test appare una immagine nel centro dello
schermo, per attrarre l'attenzione del bambino, e
poi scompare. Con un lieve ritardo (gap) appare
un'altra immagine sul bordo dello schermo.
In un'altra parte del
test l'immagine centrale rimane sullo schermo ed
un'altra appare sul bordo.
I ricercatori hanno misurato il tempo necessario la
bambino per iniziare il movimento degli occhi verso
l'immagine periferica. Oltre a questi test, i
bambini, di 7 mesi di età, sono stati sottoposti ad
un tipo di risonanza magnetica cerebrale in
diffusione, chiamata diffusion weighted imaging, per
misurare l'organizzazione dei circuiti neurali nel
cervello.
Allo studio hanno
partecipato 57 bambini con fratelli maggiori a cui
era stato diagnosticato l'autismo, che erano
considerati ad alto rischio, e 40 bambini senza
fratelli autistici, come gruppo di controllo.
Tutti sono tornati dai ricercatori per controlli
clinici dopo il secondo compleanno. In quel momento
16 dei bambini ad alto rischio rientrarono nello
Spettro del Disturbo Autistico (ASD).
Dalle analisi delle risonanze magnetiche è emerso un
nesso con la dimensione di una parte del cervello
chiamata splenium del corpo calloso, che è una
struttura che rappresenta una importante connessione
neurale tra i due emisferi del cervello.
Nei bambini a basso
rischio i ricercatori hanno visto che la velocità
alla quale spostavano lo sguardo era proporzionale
alla dimensione dello splenium: più questo era
grande, più velocemente i bambini spostavano lo
sguardo.
Tuttavia nei bambini cui è stato poi diagnosticato
l'autismo, i ricercatori non hanno trovato alcuna
correlazione di questo tipo. I ricercatori hanno
ipotizzato che le differenze di reazione nel muovere
lo sguardo nei due gruppi di bambini non fosse
legata direttamente alle differenze nelle dimensioni
dello splenium ma alle differenze nei circuiti
cerebrali che connettono lo splenium alle aree
visive del cervello.
In conclusione,
raffinando queste tecniche ed abbinandole ad altri
metodi di indagine, qualora ce ne fosse motivo, si
potrebbe cercare di iniziare a verificare
l'eventuale presenza di sintomi precursori a partire
dall'età di sette mesi.
Per saperne di più
Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child
Health and Human Development (NICHD)
(MDN)
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