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Il ritardo nel seguire con lo sguardo come sintomo precoce di autismo (29/03/2013)

 

sono stati fatti passi in avanti nella possibilità di diagnosticare prima eventuali disturbi che rientrino nello Spettro del Disturbo Autistico (ASD). La capacità di spostare tempestivamente l'attenzione, nella prima infanzia, è uno degli elementi da valutare: secondo i ricercatori, ritardi anche minimi potrebbero essere dei precursori di ben noti sintomi dell'autismo come la difficoltà di mantenere il contatto visivo o di seguire il dito di un genitore, problemi che, generalmente, emergono dopo il primo anno di età.

Secondo la ricercatrice Alice Kau questo studio lega le differenze nei tempi di reazione alle differenze nello sviluppo cerebrale, che possono dare forma al modo in cui i bambini impattano e rispondono all'ambiente circostante secondo modalità sempre più rilevabili nel tempo.
I percorsi cerebrali della comunicazione si formano rapidamente nella prima infanzia, e piccole differenze, in questa fase, potrebbero preannunciare più grandi differenze in una età successiva.
Alice Kau, Ph.D., collabora con l'Intellectual and Developmental Disabilities Branch dell'Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (NICHD), l'Istituto che ha finanziato la ricerca.

Per misurare i movimenti dello sguardo e l'attenzione visiva i ricercatori hanno utilizzato sofisticate apparecchiature che rilevano i movimenti ed i relativi tempi.
I bambini guardano con i loro genitori delle immagini che appaiono sul monitor. La procedura utilizzata è conosciuta come gap/overlap. In una parte del test appare una immagine nel centro dello schermo, per attrarre l'attenzione del bambino, e poi scompare. Con un lieve ritardo (gap) appare un'altra immagine sul bordo dello schermo.

In un'altra parte del test l'immagine centrale rimane sullo schermo ed un'altra appare sul bordo.
I ricercatori hanno misurato il tempo necessario la bambino per iniziare il movimento degli occhi verso l'immagine periferica. Oltre a questi test, i bambini, di 7 mesi di età, sono stati sottoposti ad un tipo di risonanza magnetica cerebrale in diffusione, chiamata diffusion weighted imaging, per misurare l'organizzazione dei circuiti neurali nel cervello.

Allo studio hanno partecipato 57 bambini con fratelli maggiori a cui era stato diagnosticato l'autismo, che erano considerati ad alto rischio, e 40 bambini senza fratelli autistici, come gruppo di controllo.
Tutti sono tornati dai ricercatori per controlli clinici dopo il secondo compleanno. In quel momento 16 dei bambini ad alto rischio rientrarono nello Spettro del Disturbo Autistico (ASD).
Dalle analisi delle risonanze magnetiche è emerso un nesso con la dimensione di una parte del cervello chiamata splenium del corpo calloso, che è una struttura che rappresenta una importante connessione neurale tra i due emisferi del cervello.

Nei bambini a basso rischio i ricercatori hanno visto che la velocità alla quale spostavano lo sguardo era proporzionale alla dimensione dello splenium: più questo era grande, più velocemente i bambini spostavano lo sguardo.
Tuttavia nei bambini cui è stato poi diagnosticato l'autismo, i ricercatori non hanno trovato alcuna correlazione di questo tipo. I ricercatori hanno ipotizzato che le differenze di reazione nel muovere lo sguardo nei due gruppi di bambini non fosse legata direttamente alle differenze nelle dimensioni dello splenium ma alle differenze nei circuiti cerebrali che connettono lo splenium alle aree visive del cervello.

In conclusione, raffinando queste tecniche ed abbinandole ad altri metodi di indagine, qualora ce ne fosse motivo, si potrebbe cercare di iniziare a verificare l'eventuale presenza di sintomi precursori a partire dall'età di sette mesi.

Per saperne di più
Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (NICHD)

(MDN)


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(del Dott. Turetta)
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