La maggior parte dei tumori alle ovaie viene
diagnosticato in fase avanzata, quando le attuali
terapie sono ormai poco efficaci. Ora è stata
provata una nuova immunoterapia personalizzata in
due stadi che ha dato risultati promettenti in 4 dei
primi 6 casi testati.
I ricercatori della Perelman School of Medicine
presso la University of Pennsylvania School of
Medicine stanno mettendo a punto questa terapia
nella quale un vaccino che utilizza le cellule
tumorali del paziente stimola una risposta
immunitaria nei confronti delle cellule tumorali.
Lana Kandalaft, PharmD, MTR, PhD, assistente alla
ricerca professore di Ostetricia e Ginecologia e
direttore dello sviluppo clinico all'Ovarian Cancer
Research Center, spiega che lo studio ha provato che
questa è una strategia terapeutica sicura,
specialmente se paragonata con i normali trattamenti
chemioterapici o chirurgici utilizzati per il cancro
alle ovaie. E' perfino successo che alcuni pazienti,
dopo il trattamento, se ne siano andati a fare una
passeggiata nel vicino parco.
Le scoperte di cui stiamo parlando vengono dopo uno
studio di George Coukos, MD, PhD, direttore dell'Ovarian
Cancer Research Center alla Penn Medicine, nel quale
è stato mostrato, nel 2003, che le donne nei cui
tumori ovarici venivano iniettate cellule
immunitarie sane, linfociti T, tendevano a vivere
più a lungo.
Queste ed altre osservazioni hanno fatto ipotizzare
che il sistema immunitario non avesse la forza
sufficiente per combattere il tumore. Bisognava
quindi trovare il modo di usare le cellule tumorali
del paziente per dare forza al sistema immunitario.
In questo studio, perciò, i ricercatori hanno
lavorato su 6 donne con cancro ovarico in stadio
avanzato, applicando un protocollo immunoterapico in
due stadi, nel quale utilizzavano un vaccino
ottenuto con cellule dendritiche, creato utilizzando
il tessuto tumorale preso durante l'intervento
chirurgico di ogni singolo paziente. Tutti i tumori
di queste pazienti erano progrediti con le normali
chemioterapie.
Nel primo segmento dello studio i medici hanno
preparato un vaccino personalizzato, lo hanno
somministrato dando anche una combinazione di
chemioterapia di bevacizumab e ciclofosfamide.
Essendo le cellule dendritiche come dei generali del
sistema immunitario hanno indotto altre cellule a
combattere.
Delle 6 pazienti che hanno ricevuto il vaccino 4
hanno sviluppato una risposta immunitaria
antitumorale, indicando che l'approccio funzionava.
In una paziente non è stato possibile misurare i
risultati perchè l'intervento chirurgico aveva
asportato completamente il tumore, e la paziente
permane era in remissione dopo 42 mesi dalla
somministrazione del vaccino.
Le altre 3 donne che hanno avuto una risposta
immunitaria hanno mostrato residui del tumore e sono
quindi passate al secondo segmento del trattamento.
I ricercatori hanno raccolto linfociti T da ognuna
di queste 3 donne, li hanno fatti crescere in
laboratorio moltiplicandone esponenzialmente il
numero e li hanno reintrodotti in ciascuna paziente
dopo essere state sottoposte a linfodeplezione in
regime di chemioterapia. Dato che i linfociti T
erano stati addestrati ad attaccare il tumore dalle
cellule dendritiche del vaccino, il trasferimento di
linfociti T adottivi ha portato un'amplificazione
della risposta immunitaria.
In due di queste donne dopo il trasferimento di
linfociti T si è restaurata la risposta immunitaria.
Una di queste ha continuato ad avere il tumore in
modo stabile mentre l'altra ha mostrato una risposta
completa alla terapia.
I ricercatori, per primi,affermano che è troppo
presto per affermare che la terapia funzionerà su di
un numero maggiore di pazienti, ma i risultati sono
promettenti.
Comunque il trattamento si presenta sicuro e ben
tollerato dalle pazienti e poi è emerso, in ambedue
i passaggi, che vi è un rapporto tra la risposta
immunitaria ed i benefici sotto un profilo clinico.
Visti i risultati incoraggianti i ricercatori hanno
iniziato un nuovo studio su 25 donne con l'idea di
aumentarne il numero. Il nuovo protocollo utilizza
una piattaforma per il vaccino più avanzata ed un
protocollo di trasferimento dei linfociti T
ottimizzato.
Grandi trial clinici hanno mostrato che
intensificare la chemioterapia non da risultati
migliori per le donne con cancro ovarico in stadio
avanzato, da cui la necessità di cercare nuove
strade. Questa potrebbe essere una.
Per informazioni più specifiche anche sugli altri
autori vedi la
pagina in inglese di questa notizia.
Per saperne di più
Lana E. Kandalaft, Daniel J. Powell Jr., Cheryl L.
Chiang, Janos Tanyi, Sarah Kim, Marnix Bosch, Kathy
Montone, Rosemarie Mick, Bruce L. Levine, Drew A.
Torigian, Carl H. June and George Coukos.
Autologous lysate-pulsed dendritic cell vaccination
followed by adoptive transfer of vaccine-primed ex
vivo co-stimulated T cells in recurrent ovarian
cancer
http://www.landesbioscience.com/journals/oncoimmunology/2012ONCOIMM0295R.pdf
(MDN)
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