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Cancro alle ovaie: il vaccino personalizzato mobilita il sistema immunitario (22/02/2013)

 

La maggior parte dei tumori alle ovaie viene diagnosticato in fase avanzata, quando le attuali terapie sono ormai poco efficaci. Ora è stata provata una nuova immunoterapia personalizzata in due stadi che ha dato risultati promettenti in 4 dei primi 6 casi testati.
I ricercatori della Perelman School of Medicine presso la University of Pennsylvania School of Medicine stanno mettendo a punto questa terapia nella quale un vaccino che utilizza le cellule tumorali del paziente stimola una risposta immunitaria nei confronti delle cellule tumorali.

Lana Kandalaft, PharmD, MTR, PhD, assistente alla ricerca professore di Ostetricia e Ginecologia e direttore dello sviluppo clinico all'Ovarian Cancer Research Center, spiega che lo studio ha provato che questa è una strategia terapeutica sicura, specialmente se paragonata con i normali trattamenti chemioterapici o chirurgici utilizzati per il cancro alle ovaie. E' perfino successo che alcuni pazienti, dopo il trattamento, se ne siano andati a fare una passeggiata nel vicino parco.

Le scoperte di cui stiamo parlando vengono dopo uno studio di George Coukos, MD, PhD, direttore dell'Ovarian Cancer Research Center alla Penn Medicine, nel quale è stato mostrato, nel 2003, che le donne nei cui tumori ovarici venivano iniettate cellule immunitarie sane, linfociti T, tendevano a vivere più a lungo.
Queste ed altre osservazioni hanno fatto ipotizzare che il sistema immunitario non avesse la forza sufficiente per combattere il tumore. Bisognava quindi trovare il modo di usare le cellule tumorali del paziente per dare forza al sistema immunitario.

In questo studio, perciò, i ricercatori hanno lavorato su 6 donne con cancro ovarico in stadio avanzato, applicando un protocollo immunoterapico in due stadi, nel quale utilizzavano un vaccino ottenuto con cellule dendritiche, creato utilizzando il tessuto tumorale preso durante l'intervento chirurgico di ogni singolo paziente. Tutti i tumori di queste pazienti erano progrediti con le normali chemioterapie.

Nel primo segmento dello studio i medici hanno preparato un vaccino personalizzato, lo hanno somministrato dando anche una combinazione di chemioterapia di bevacizumab e ciclofosfamide. Essendo le cellule dendritiche come dei generali del sistema immunitario hanno indotto altre cellule a combattere.

Delle 6 pazienti che hanno ricevuto il vaccino 4 hanno sviluppato una risposta immunitaria antitumorale, indicando che l'approccio funzionava. In una paziente non è stato possibile misurare i risultati perchè l'intervento chirurgico aveva asportato completamente il tumore, e la paziente permane era in remissione dopo 42 mesi dalla somministrazione del vaccino.
Le altre 3 donne che hanno avuto una risposta immunitaria hanno mostrato residui del tumore e sono quindi passate al secondo segmento del trattamento.
I ricercatori hanno raccolto linfociti T da ognuna di queste 3 donne, li hanno fatti crescere in laboratorio moltiplicandone esponenzialmente il numero e li hanno reintrodotti in ciascuna paziente dopo essere state sottoposte a linfodeplezione in regime di chemioterapia. Dato che i linfociti T erano stati addestrati ad attaccare il tumore dalle cellule dendritiche del vaccino, il trasferimento di linfociti T adottivi ha portato un'amplificazione della risposta immunitaria.

In due di queste donne dopo il trasferimento di linfociti T si è restaurata la risposta immunitaria. Una di queste ha continuato ad avere il tumore in modo stabile mentre l'altra ha mostrato una risposta completa alla terapia.

I ricercatori, per primi,affermano che è troppo presto per affermare che la terapia funzionerà su di un numero maggiore di pazienti, ma i risultati sono promettenti.
Comunque il trattamento si presenta sicuro e ben tollerato dalle pazienti e poi è emerso, in ambedue i passaggi, che vi è un rapporto tra la risposta immunitaria ed i benefici sotto un profilo clinico.
Visti i risultati incoraggianti i ricercatori hanno iniziato un nuovo studio su 25 donne con l'idea di aumentarne il numero. Il nuovo protocollo utilizza una piattaforma per il vaccino più avanzata ed un protocollo di trasferimento dei linfociti T ottimizzato.

Grandi trial clinici hanno mostrato che intensificare la chemioterapia non da risultati migliori per le donne con cancro ovarico in stadio avanzato, da cui la necessità di cercare nuove strade. Questa potrebbe essere una.

Per informazioni più specifiche anche sugli altri autori vedi la pagina in inglese di questa notizia.

Per saperne di più
Lana E. Kandalaft, Daniel J. Powell Jr., Cheryl L. Chiang, Janos Tanyi, Sarah Kim, Marnix Bosch, Kathy Montone, Rosemarie Mick, Bruce L. Levine, Drew A. Torigian, Carl H. June and George Coukos.
Autologous lysate-pulsed dendritic cell vaccination followed by adoptive transfer of vaccine-primed ex vivo co-stimulated T cells in recurrent ovarian cancer
http://www.landesbioscience.com/journals/oncoimmunology/2012ONCOIMM0295R.pdf

(MDN)


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