Spesso le persone soffrono di infezioni ricorrenti del tratto urinario anche perché vittime di un circolo vizioso nel quale gli antibiotici presi per eliminare un’infezione, distruggendo la flora batterica intestinale creano le condizioni per sviluppare un’altra infezione.

Le infezioni del tratto urinario sono causate da batteri e caratterizzate da minzioni frequenti e dolorose.

Normalmente un ciclo di antibiotici risolve i sintomi, ma non sempre in modo definitivo.

Un nuovo studio, realizzato da ricercatori della Washington University School of Medicine in St. Louis e del Broad Institute of MIT and Harvard, hanno mostrato che un ciclo di antibiotici elimina dalla vescica i batteri che causano la malattia, ma non dall’intestino, dove possono moltiplicarsi per poi diffondersi nuovamente nella vescica causando un’altra infezione del tratto urinario.

Cicli ripetuti di antibiotici, però, danneggiano le comunità di batteri utili che normalmente vivono nell’intestino, il cosiddetto microbioma intestinale.

Come avviene per altre patologie nelle quali sistema immunitario e flora batterica intestinale sono collegati, le partecipanti al nuovo studio soggette a infezioni ricorrenti del tratto urinario avevano una flora batterica intestinale meno diversificata, con carenze in un importate gruppo di microrganismi che contribuiscono al controllo delle infiammazioni.

Nel sangue, poi, vi era anche una caratterizzazione immunologica diversa, caratteristica degli stati infiammatori.

Questo studio è stato pubblicato il 2 maggio 2022 su Nature Microbiology.

“E’ frustrante per le donne che si recano dal medico (ormalmente maschio) ad ogni ritorno del problema, sentirsi dare consigli sulla propria igiene intima” commenta Scott J. Hultgren, PhD, professore alla Helen L. Stoever of Molecular Microbiology, Washington University.

La causa non è necessariamente la scarsa igiene: comunque il problema risiede nel collegamento tra l’intestino e la vescica ed i livelli di infiammazione.

Normalmente i medici non sanno come comportarsi con infezioni ricorrenti del tratto urinario.

I medici hanno solo gli antibiotici e quindi aumentano gli antibiotici, cosa che, probabilmente peggiora solo le cose.

La maggior parte delle infezioni ricorrenti del tratto urinario è causata dal batterio Escherichia coli (E. coli) che dall’intestino passa al tratto urinario.

Per comprendere perché alcune donne passano da un’infezione all’altra mentre altre no, Hultgren ha formato un gruppo di studio con due scienziati del Broad Institute: Ashlee Earl, PhD, leader anziano per il Bacterial Genomics Group alla Broad e co-senior author, e Colin Worby, PhD, biologo computazionale e primo autore di questo lavoro.

I ricercatori hanno studiato 15 donne con una storia di infezioni ricorrenti del tratto urinario e 16 donne senza questo problema.

Tutte le partecipanti hanno fornito campioni delle urine e di sangue all’inizio della ricerca e campioni mensili di feci.

Gli tudiosi hanno analizzato la composizione batterica dei campioni di feci, analizzato le urine per la presenza di batteri e misurato l’espressione genica nei campioni di sangue.

Nel corso di un anno ci sono state 24 infezioni ricorrenti del tratto urinario, tutte nel gruppo delle donne già con il problema.

Al momento della diagnosi alle donne sono stati prelevati campioni supplementari di urina, sangue e feci.

Inaspettatamente la differenza tra chi si reinfettava e chi no non era legata al tipo di E. coli presente negli intestini e nemmeno alla presenza di E. coli nelle vesciche.

Ambedue i gruppi avevano ceppi di E. cali nell’intestino in grado di causare le infezioni ricorrenti e a volte su erano diffusi anche nelle vesciche.

La vera differenza era nella composizione della flora batterica intestinale.

Le pazienti con le infezioni ricorrenti avevano una minore difeerenziazione nelle specie microbiche salutari, con un rischio potenziale maggiore di moltiplicazione e di diffusione dei microrganismi patogeni.

Le flore batteriche delle donne con infezioni ricorrenti erano particolarmente carenti, in modo evidente, di di batteri che producono butirrato, un acido grasso a catena corta con effetti anti-infiammatori.

Secondo Colin Worby, al contrario delle altre donne, quelle del gruppo di controllo erano in grado di eliminare i batteri dalle vesciche prima che causassero la malattia.

Le prime erano soggette alle infezioni ricorrenti del tratto urinario per una diversa risposta immunitaria all’invasione batterica dell vescica, potenzialmente mediata dal microbioma intestinale (la flora batterica intestinale).

Quanto scoperto evidenzia l’importanza di trovare alternative agli antibiotici per curare infezioni ricorrenti del tratto urinario.

Colin Worby continua spiegando che “Il nostro studio dimostra chiaramente che gli antibiotici non prevengono le infezioni future né eliminano i ceppi che causano le infezioni ricorrenti del tratto urinario dall’intestino, anzi possono rendere più probabili le recidive mantenendo il microbioma in uno stato di alterazione”.

Hultgren lavora da tempo alla ricerca di terapie innovative per eliminare dall’organismo i ceppi di E. coli che causano malattie, risparmiando il resto della comunità batterica.

La sua ricerca è alla base di un farmaco sperimentale basato sullo zucchero mannoside e di un vaccino sperimentale, entrambi in fase di sperimentazione sulle persone.

Un’altra strategia potrebbe essere quella di riequilibrare il microbioma attraverso trapianti fecali, alimenti probiotici o altri mezzi.

Studi precedenti hanno identificato che farmaci non antimicrobici comunemente usati (NAMD) svolgono un ruolo significativo nella resistenza agli antibiotici a causa del conseguente effetto sulla composizione batterica della flora batterica intestinale.

Lo scopo di una di queste ricerche è stato quello di affrontare il ruolo dell’uso di NAMD come fattore di rischio per l’infezione da batteri resistenti agli antibiotici.

I ricercatori dell’ospedale Tel Aviv Medical Center, Israele, hanno esaminato i dati di 1.807 pazienti con diagnosi di infezione del tratto urinario superiore e una coltura positiva di Enterobacteriaceae nelle urine o nel sangue, ricoverati in ospedale per un periodo >2 anni (dal 1° gennaio 2017 al 18 aprile 2019).

Gli studiosi hanno quindi acquisito le cartelle cliniche elettroniche relative all’uso precedente e attuale di 19 NAMD.

I risultati hanno mostrato che gli organismi resistenti ai farmaci antimicrobici sono stati trovati in più della metà dei campioni di pazienti raccolti.

Inoltre, circa un quarto dei campioni ha rivelato organismi multi-resistenti ai farmaci, resistenti a tre o più classi di antibiotici.

È interessante notare che i NAMD come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (per i sintomi della depressione), i farmaci antipsicotici (per la salute mentale), gli inibitori della pompa protonica (per la riduzione dell’acido gastrico), i ß-bloccanti (per le condizioni associate a problemi cardiaci) e gli antimetaboliti (per il trattamento del cancro e di altre malattie infiammatorie) sono risultati tutti collegati ad una maggiore resistenza agli antibiotici.

Gli antimetaboliti sono emersi come il gruppo di farmaci con la maggiore influenza sulla resistenza agli antibiotici.

“I nostri risultati evidenziano l’importanza dell’esposizione a farmaci non antimicrobici come fattore di rischio per la resistenza agli antibiotici”, ha dichiarato l’autore principale Meital Elbaz, Tel Aviv Medical Center.

Vedi anche
Resistenza agli antibiotici: tra le possibili cause anche gli inibitori della pompa protonica, i ß-bloccanti e gli antimetaboliti (20/08/2021)
Link…

Per saperne di più

Nature microbiology
Longitudinal multi-omics analyses link gut microbiome dysbiosis with recurrent urinary tract infections in women
Link…

Decoy molecules target E. coli to treat UTI in mice
Link…

Washington University School of Medicine in St. Louis
Link…

Marco Dal Negro
Antonio Turetta

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