La ruota sta girando, dall'era in cui si mangia un
"Trionfo di vaccino ed estratto di basilico in un
letto di pomodoro" si sta tornando a quella in cui
si mangia semplicemente una caprese.
Si torna alla realtà, con i piedi per terra, i tempi
dell'enfasi gratuita, dell'esaltazione del nulla
stanno scivolando via lasciando nuovamente posto
alla sostanza delle cose ed è una buona notizia.

Non è ancora un fenomeno generalizzato, ma
sicuramente una tendenza crescente i cui segni
arrivano da più parti, sempre più forti e frequenti.
La gag del "trionfo vaccino..." e della caprese è
passata in tv con autoironica partecipazione del
cuoco Davide Oldani ed anche per quanto riguarda le
descrizioni dei vini, così oniriche e fantasiose le
critiche vengono dalle voci più autorevoli, come
quella del grande Daniele Cernilli che proprio di
questo scrive sul suo sito Doctor Wine:
'A furia di inventare gesti astrusi e termini
gergali gli esperti di vino, e in parte anche gli
appassionati, qualche anno fa si beccarono
l’imitazione del sommelier di Albanese, che ne
prendeva in giro gli eccessi e la teatralità.
Il problema del linguaggio e in parte della
gestualità è un tema che un giorno o l’altro dovrà
essere affrontato in modo sostanziale. Molto
riguarda i cosiddetti riconoscimenti, i profumi
emanati dai vari vini e che vengono definiti nei
modi più fantasiosi. Capisco se corrispondono a
quegli odori che tradizionalmente definiscono un
vino che deriva da un particolare vitigno. Amarena
per i Montepulciano, pera per i pinot grigio,
sambuco per i sauvignon, rosa per i traminer
aromatici e via così. Ovviamente si tratta di
riconoscimenti tendenziali, nel senso che fanno
pensare a un determinato profumo di frutta e di
fiori, che assomiglia a ciò che percepiamo. Poi
corrispondono anche a precisi composti chimici che
si formano naturalmente nel vino, esteri primari,
terpeni, tioli, pirazine, ad esempio. Capisco meno
se sono frutto di personalissimi voli pindarici, che
a me sembrano dei veri deliri auto compiaciuti.
"Riconoscere" venti profumi in un vino trovo che
sia paradossale, forzato e anche un po’ buffo. Forse
persino falso. Il tutto per épater le bourgeois
(letteralmente: stupire il borghese, n.d.r.). Mi
chiedo perciò se non sia il caso di iniziare a fare
chiarezza, definendo quali profumi corrispondono a
cosa, come accade nei corsi per analisti sensoriali
e per nasi profumieri. Mettendo in relazione quei
riconoscimenti a concrete sostanze presenti nel vino
e non alle fughe in avanti di qualche assaggiatore
particolarmente fantasioso.'
La gente è un po' stufa di quelli che vanno al
ristorante più per fotografare i piatti che per
assaporarli, di chi allo stesso tavolo è così
maleducato da passare il tempo con un occhio allo
smartphone invece che stare con chi ha davanti, del
trionfo della forma sulla sostanza e chiede sempre
più spesso di poter mangiare e bere cose buone, nel
gusto e nel profumo. E che siano anche belle da
vedere, si, anche.
Pubblicato in DoctorWine N°128
Le parole del vino
di Daniele Cernilli 19-10-2015
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Marco Dal Negro
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