Quando si parla di carne rossa e tumori la
confusione, se possibile, aumenta, perché in molti
dicono un pezzo di verità, ma traggono le proprie
conclusioni come se la loro fosse tutta la verità
possibile, idea evidentemente di fantasia. Lo
abbiamo visto anche nella prima parte pubblicata
ieri.
Alcuni ricercatori ritengono che la carne rossa sia
cancerogena mentre altri, sostanzialmente lo negano.
Abbiamo visto (Carni
rosse e rischio di cancro al seno - 18/06/2014)
in una ricerca oggi molto citata che la carne rossa
è cancerogena, ma andando a vedere i risultati,
ordinati in modo paragonabile, si legge che chi
mangia 10,5 porzioni (negli USA 1 porzione = 85,05
grammi), quindi circa 893,025 grammi alla settimana
ha un rischio superiore del 22% rispetto a chi ne
mangia 1 porzione (85,05 grammi) alla settimana. Ma
893 grammi alla settimana non sono pochi, e cosa
succede a chi ne mangia 3 o 400 grammi alla
settimana, che vuole dire 2 o 3 volte? Senza contare
che una alimentazione sana è varia comprende la
carne rossa solo qualche volta, alternando la con
quella degli altri animali, pesce compreso.
Ed è probabilmente anche per questo modo di
approcciare i problemi che Valerie Beral,
professoressa di epidemiologia e direttrice della
Cancer Epidemiology Unit alla University of Oxford,
sostiene che dozzine di studi hanno cercato
collegamenti tra l'alimentazione ed il rischio di
cancro al seno. La sintesi dei risultati indica che
il consumo di carne incide poco o nulla sul rischio
di cancro al seno e quindi i risultati di un singolo
studio non possono essere considerati in modo
isolato.
Sempre secondo Valerie Beral la dieta è notoriamente
difficile da valutare: la discriminante più
attendibile è quella di vegetariani/non vegetariani,
ed infatti i vegetariani non hanno un rischio minore
di cancro al seno rispetto ai non vegetariani.
Affermazione, quest'ultima, contraddetta da altri.
Tim Key, epidemiologo oncologo ricercatore alla
University of Oxford sostiene che questa ricerca
evidenzia solo un piccolo legame tra il magiare
carne rossa ed il cancro al seno e che questo
studio, da solo, non basta per cambiare l'evidenza
esistente, cioè che non c'è rapporto tra mangiare
carne rossa e cancro al seno.
E così via.
Ma probabilmente la carne rossa è cancerogena, come
molti altre carni allevate, ed è bene consumarle
tutte con moderazione, come per ogni alimento.
Ma il Professor Harald zur Hausen, premio Nobel,
invita a continuare a fare ricerca, perseverando e
dedicandosi a sviluppare ipotesi scientifiche non
convenzionali, non lasciandosi condizionare dagli
scettici e dai pavidi che non hanno il coraggio di
rischiare.
Il Professor Harald zur Hausen ha preso il premio
Nobel nel 2008 per aver scoperto che il cancro
cervicale è causato dal Papilloma virus umano, il
suo laboratorio ne ha isolati e caratterizzati due
tipi tra i più frequenti, portando alla
realizzazione del vaccino disponibile oggi.
Secondo zur Hausen il 21% dei cancri umani è legato
ad agenti infettivi di varia natura: lo studio di
questi agenti, dei rapporti con la formazione dei
cancri e la realizzazione di nuovi vaccini è uno dei
temi principali del professore.
Zur Hausen attualmente sta studiando il cancro al
colon retto, in crescita in Europa, Giappone e sud
Corea.
Molti studi hanno legato l'insorgenza di questo
cancro con il consumo di carne rossa, mentre molti
ritengono che le cotture ad alta temperatura come la
cottura alla fiamma, la grigliatura e la frittura,
producano sostanza che, in un secondo tempo possono
diventare cancerogene.
Una ipotesi sostiene che le carni poco cotte, al
sangue o crude, una volta nell'intestino umano
liberino dei patogeni che verrebbero mantenuti sotto
controllo fino al sopraggiungere delle sostanze
prodotte dalle alte temperatura che ne
permetterebbero la diffusione.
Quindi, però, il problema sarebbe legato ai virus di
quei bovini, diversi da quelli degli altri animali.
Ed il professor zur Hausen sostiene che quando si
consigliano come cibi sani antitumorali i polli o il
salmone, anche alla griglia, vuol dire che il
problema non è la griglia. Non fa una grinza, anche
se i sottoprodotti delle cotture ad alta temperatura
probabilmente continuano a non farci bene e
assumerli (ancora una volta) con moderazione rimane
forse la cosa migliore da fare.
Ma volendo approfondire l'argomento la cosa si
complica ancora di più.
I paesi come l'Europa e parte dell'Asia come il
Giappone ed il sud Corea, che mangiano manzo
prevalentemente allevato, spesso crudo come questi
ultimi, hanno visto crescere i tumori al
colon-retto, mentre popoli come i Mongoli, che
mangiano carne di Yak o di Zebu, probabilmente
allevati allo stato brado, e ne mangiano molta,
hanno tra i tassi più bassi al mondo di cancro al
colon-retto.
Ora il Professor Harald zur Hausen ha studiato, in
collaborazione con i centri veterinari, il DNA dei
manzi occidentali cercando i virus e patogeni ed ha
trovato una decina di nuove molecole che sospetta
siano resistenti al calore, ma che comunque non sono
state trovate nelle varie linee cellulari dei tumori
al colon-retto.
Ma se c'è questo legame tra agenti patogeni e
tumori, come c'è tra con le infiammazioni croniche o
di lungo periodo, e se sappiamo che quasi il 70% di
tutti gli antibiotici sono utilizzati dagli
allevamenti di animali per alimentazione, dato che è
universalmente accettato che l'abuso di antibiotici
ci ha già regalato più di un batterio diventato
resistente agli antibiotici, non è insensato
ipotizzare un legame tra questo modo di allevare le
bestie da mangiare, i patogeni ormai resistenti a
molti antibiotici ed alcune forme di cancro che
potrete agevolmente scegliere tra quelle proposte
dai vari studi di cui abbiamo parlato.
La sintesi, forse, è quella di mangiare un po' di
tutto, cercando cibi più naturali, bestie allevate
secondo natura e non secondo portafoglio, ed
imparando a ritrovare ed a gustare sapori e profumi
originali degli alimenti.
Mi spiace dovermi ripetere, ma ancora una volta è
quello che mi diceva sempre mio nonno.
torna alla prima parte....
Marco Dal Negro
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