Il rischio relativo a cuore e diabete legato al
consumo di carne riguarda i prodotti lavorati
industrialmente, più che quelli non lavorati. Lo
affermano i ricercatori della Harvard School of
Public Health (HSPH) che in un'analisi di 1.600
studi scientifici, dai quali sono stati selezionati
i 20 più rilevanti che si riferivano a 1.218.380
persone di 10 stati in 4 continenti (Nord America,
Europa, Australia ed Asia), hanno evidenziato che
mangiare carne lavorata industrialmente, come
pancetta, insaccati carne pre-cucinata o additivata
è legato ad un incremento di rischio di problemi
cardiaci del 42% e di diabete di tipo 2 del 19%. Per
contro i ricercatori non hanno riscontrato
incrementi di rischio per le persone che avevano
mangiato carni rosse fresche di manzo, maiale o
agnello non lavorate industrialmente.

Questo è il primo lavoro di revisione sistematica
e meta-analisi di ricerca su cosa cambia
mangiando carne lavorata industrialmente e non, a
livello mondiale, in relazione alle malattie
cardiovascolari ed al diabete di tipo 2.
D'altra parte la maggior parte dei precedenti studi
ha analizzato le conseguenze legate al consumo di
carne rossa senza distinguere tra quella lavorata e
additivata e quella fresca.
Renata Micha, ricercatrice al department of
epidemiology della della Harvard School of Public
Health e principale autrice dello studio assieme con
i colleghi Dariush Mozaffarian assistente professore
al department of epidemiology e Sarah Wallace,
ricercatrice alllo stesso dipartimento, hanno
definito carne rossa non lavorata la carne di manzo,
maiale o agnello, ma non di pollame, e carne
lavorata industrialmente qualsiasi carne conservata
tramite fumo, indurimento o essicazione o con
salatura, o con l'aggiunta di conservanti chimici:
esempi ne sono la pancetta, i salami, le salsicce,
gli hot dog, i ragù o spezzatini pronti ed i piatti
trasformati pronti da mangiare. In questi studi non
sono stati considerati né i vegetali né le fonti di
proteine legate al mare.
I risultati mostrano che, mediamente, ogni porzione
giornaliera di 50 grammi di carne lavorata
industrialmente è associata con un aumento del
rischio di sviluppare malattie cardiache del 42% e
diabete del 19%.
Questo tipo di analisi non permette di stabilire
rapporti di causa-effetto certi anche per la
molteplicità di elementi che influiscono su ogni
dato, ma permettono pur sempre di stabilire delle
relazioni.
Micha spiega che analizzando i nutrienti dei due
tipi di carne, lavorata e non, negli Stati Uniti, i
ricercatori affermano di avere trovato, mediamente,
quantità analoghe di grassi saturi e di colesterolo.
Per contro le carni lavorate contenevano,
mediamente, il quadruplo di sodio ed il 50% in più
di conservanti a base di nitrato. Questo porta a
pensare che la responsabilità del maggiore rischio
di patologie cardiache e di diabete sia legato a
questi contenuti, più che a quelli in grassi.
Se il sale fa crescere la pressione sanguigna i
conservanti a base di nitrato hanno mostrato, negli
animali, di promuovere l'aterosclerosi e di ridurre
la tolleranza al glucosio, effetti che potrebbero
fare crescere sia il rischio cardiovascolare che
quello del diabete.
Viste queste differenze tra i due tipi di carne i
ricercatori invitano, per il futuro, a studiare gli
effetti legati al consumo di carni rosse in modo
distinto tra i due tipi, anche per quanto riguarda i
tumori, che, almeno nel caso di quello colorettale
sono stati associati al consumo, generico, di carni
rosse. L'invito è poi esteso anche allo studio
dell'influenza di tutti gli altri additivi e
trattamenti legati alle lavorazioni industriali
delle carni.
Secondo Renata Micha, per concludere, basandosi su
quanto trovato si può affermare che una porzione
alla settimana di carni lavorate dovrebbe essere
associata ad un rischio relativamente basso.
Per saperne di più sul colesterolo...
Per saperne di più
Harvard School of Public Health (HSPH)
Link...
Marco Dal Negro
|