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Nei campus universitari U.S. il problema della violenza sessuale ha raggiunto livelli tali da obbligare le autorità ad intervenire con azioni energiche ed incisive, almeno nelle intenzioni.
I legislatori della California hanno appena approvato all'unanimità una legge che impone alle università di adottare un linguaggio che esprima un consenso affermativo, cosciente ed esplicito, della volontà di intraprendere un'attività sessuale. La misura, approvata all'unanimità da Senato dello Stato della California è stata chiamata "yes-means-yes" bill, cioè, sì vuol dire sì.
Quella che a noi d'istinto, se siamo misurati fa solo sorridere, è una legge che sembra voler ribadire un'ovvietà, cioè il significato delle parole, ma che invece impone che il consenso all'attività sessuale sia espresso in modo esplicito, togliendo ogni possibilità di mistificazione davanti ai giudici da parte di chi, spesso, sostiene che la vittima di una violenza sessuale era in realtà consenziente.
Quindi se la vittima non ha espresso un consenso affermativo, cosciente ed esplicito, della volontà di intraprendere un'attività sessuale deve necessariamente trattarsi di violenza sessuale.
Ma come farà il giudice a stabilire chi dice il vero tra chi afferma di non avere dato il proprio consenso affermativo, cosciente ed esplicito, della volontà di intraprendere un'attività sessuale e chi sostiene che l'abbia dato?
Sarà forse necessario avere dei testimoni? O delle registrazioni? O forse una carta tipo testamento scritta prima del fatto?
Marco Dal Negro
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