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Riconoscimento facciale, amigdala, scimmie ed esseri umani (31/01/2017)

Il nostro cervello è in continua attività impegnato nell'elaborazione di di una enorme quantità di stimoli. Al riconoscimento dei volti sono dedicati specifici circuiti di neuroni cerebrali.

Una nuova ricerca del California Institute of Tecnology (Caltech) ha mostrato che l'attivazione delle cellule che riguardano l'identificazione dei volti dipende da dove e cosa stiamo guardando e non tanto da cosa stiamo vedendo.

I ricercatori si sono in particolare concentrati sulle cellule dell'amigdala coinvolte nel riconoscimento dei volti.

E' noto che in presenza di danni all'amigdala diventa difficile riconoscere i volti, specialmente le emozioni sui volti, anche se la comprensione dei meccanismi in base ai quali i neuroni dell'amigdala contribuiscono al riconoscimento sono ancora una questione aperta.

 

Quando le cellule del riconoscimento facciale rispondono ad uno stimolo mandano impulsi elettrici che sono stati studiati e misurati tramite elettrodi.
Ai soggetti sono stati mostrate immagini di volti umani, di scimmie e di molti altri oggetti come fiori ed altro. I partecipanti potevano guardare le diverse parti dello schermo soffermando l'attenzione dove preferivano.

Lo studio ha trovato due tipi di cellule: quelle che hanno mandato più impulsi quando la persona ha guardato un volto umano e quelle che ne hanno mandati meno quando le persone hanno guardato volti di altre specie (in questo caso di scimmie).
Nessuno dei due tipi di cellule ha mandato impulsi quando i soggetti osservavano altri oggetti, anche se vicini ai volti.

Lo studio ha coinvolto sia persone che scimmie con modalità analoghe e risultati analoghi, ma con una differenza.
Quando le scimmie hanno guardato i volti della propria specie le cellule deputate al riconoscimento hanno risposto in un tempo inferiore di circa un decimo rispetto agli esseri umani.

Il riconoscimento dei volti è un processo molto complesso, tanto che perfino Google ci è inciampato quando ha lanciato il servizio archiviazione delle immagini i cui contenuti venivano identificati ed etichettati (taggati) automaticamente.
Come vedete nell'immagine pubblicata dal Corriere della Sera, l’algoritmo di Google ha infatti catalogato sotto il termine «gorilla» l’immagine di due persone di colore (Link...).

Immediate le scuse a tutte le persone di colore.
Immediata la figuraccia per la superficialità con cui è stata rilasciata l'applicazione.

Per saperne di più
Cell Reports
Fixations Gate Species-Specific Responses to Free Viewing of Faces in the Human and Macaque Amygdala
Link...

Caltech - California Institute of Tecnology
Link...

.Marco Dal Negro