Le metastasi, principale causa di morte da tumore,
seguono le stesse dinamiche di una folla in
movimento all’interno di spazi angusti e la loro
capacità di propagazione dipende dalla fluidità del
movimento stesso.
Uno studio italiano condotto dall'IFOM e
dall'Università degli Studi di Milano e pubblicato
in questi giorni su Nature Materials lo ha
dimostrato, grazie all’integrazione tra biologia
molecolare e fisica dei materiali, che la capacità o
meno delle cellule di migrare collettivamente, e
quindi delle cellule tumorali di generare metastasi,
dipende strettamente dai fattori di densità e di
fluidità.
Si tratta di un’acquisizione fondamentale
soprattutto per la metastatizzazione di tumori
solidi e individuare la chiave per bloccare la
'folla' cellulare potrebbe fornire la chiave per
ridurne la diffusione nell’organismo agendo su
specifici target terapeutici.
Si spostano in gruppo, secondo una modalità
collettiva coordinata, come una folla che si accalca
nell’angusto tunnel di una stazione di metropolitana
nell’ora di punta e riesce a transitare in modo
fluido solo se confluisce in un flusso di corrente
compatto e ordinato.
Analogamente, le cellule adottano la migrazione
collettiva come strategia di movimento principale
nella formazione dei tessuti durante lo sviluppo
dell’embrione così come nell’organismo adulto,
passando dallo stato liquido a solido e viceversa, a
seconda dalla necessità.
La transizione da uno
stato fluido a solido è necessaria per sviluppare,
ad esempio, la proprietà cellulare di barriera tra
l'esterno e l’interno in un tessuto e, al contrario,
acquisire uno stato fluido può permettere a un
tessuto di rimodellarsi, come nel caso di
riparazione delle ferite.
Mentre diventando solido
un tessuto diventa immobile e refrattario allo
sviluppo di tumori, transitare allo stato fluido ne
facilita la plasticità, che in situazioni
patologiche può essere sfruttata per facilitarne la
disseminazione come nella metastatizzazione dei
tumori solidi, i più diffusi nell’essere umano.
Pressoché tutti i
tessuti epiteliali e i tumori solidi si spostano
difatti in modo collettivo, ottenendo così maggiore
efficacia nell’invadere l’organismo attraverso
tessuti interstiziali e nell’ingenerare quindi
tumori a distanza.
Le leggi che governano
il movimento multicellulare e la transizione tra
stato solido e liquido sono ancora scarsamente
conosciute, così come lo sono le basi molecolari e
biochimiche che le controllano.
Per comprendere le
dinamiche comportamentali delle cellule all’interno
di un tessuto epiteliale, il team di Roberto
Cerbino, professore di Fisica Applicata
all'Università degli Studi di Milano lo ha trattato
come fosse un materiale costituito da particelle
inerti.
“Ad una bassa densità –
spiega Cerbino - le particelle si spostano
inizialmente in modo disordinato e caotico, con una
mobilita fluida, molto simile a quella delle
molecole dell’acqua.
Aumentando la densità il grado di libertà di
ciascuna particella è limitata e il sistema va
incontro ad una transizione che in fisica è proprio
di un liquido che diventa vetroso e solido a seguito
di un raffreddamento repentino.”
Per interpretare il
comportamento delle cellule, che inerti però non
sono, i fisici dei materiali hanno utilizzato un
modello bidimensionale in cui le cellule sono
trattate come dei poligoni irregolari e in cui la
loro interazione viene determinata dalla forma che
adottano, a sua volta descritta da parametri
semplici come il perimetro e l’area di ognuna.
“Nel modello sviluppato
– continua Cerbino - abbiamo integrato questa
descrizione geometrica, con un meccanismo in grado
di riprodurre la capacità che le cellule manifestano
in particolari condizioni patologiche di migrare
collettivamente, ovvero di orientare in modo
coerente e su larga scala la direzione di movimento
di ogni singola cellula rispetto alla propria
vicina.
Si tratta di un
meccanismo di feedback del tutto simile a quello che
spiega il moto collettivo degli stormi di uccelli o
del movimento delle folle in situazioni di
emergenza.
I nostri risultati
suggeriscono che, sorprendentemente, quando una
particolare proteina è presente in modo superiore al
dovuto, questo meccanismo geometrico agisce in modo
molto efficiente favorendo moti cellulari
collettivi.”
Su questa proteina,
RAB5A, che è un regolatore essenziale del
processo di endocitosi preposto all’introduzione di
sostanze all’interno della cellula, i ricercatori di
IFOM hanno fatto in parallelo delle indagini a
livello cellulare per riprodurre l'alterazione
tipica dei tumori.
I biologi hanno
ingegnerizzato cellule di ghiandola mammaria in modo
da elevare il livello di questa proteina, che è
tipicamente molto espressa nei tumori più aggressivi
della mammella. Sorprendentemente, questa semplice
manipolazione è stata sufficiente a “risvegliare” la
motilità di una popolazione cellulare andata
incontro a solidificazione e a permettere
l’acquisizione di movimenti collettivi fluidi e
scorrevoli.
Applicando tecniche di
analisi proprie dei materiali inerti nonché sensori
fluorescenti alle cellule in cui è espresso RAB5A è
stato inoltre monitorato in tempo reale sia il
movimento collettivo che il cambiamento di forma
cellulare.
Combinando, infine,
specifici sensori dell’interazione tra una cellula e
l’altra e tecniche di micro-fabbricazione è stato
possibile misurare in diretta durante l’acquisizione
di moti collettivi le forze esercitate nel gruppo
per muoversi efficientemente in modo coordinato
nella stessa direzione.
“Con tecnologie di
microscopia ottica ed elettronica - Illustra Scita -
abbiamo potuto osservare sorprendentemente che un
tessuto che dal punto di vista cinetico era silente
e immobile, si sveglia in modo da generare nella
massa cellulare delle correnti vorticose, rendendo
il moto cellulare di nuovo fluido e scorrevole ma
allo stesso tempo coordinato.”
Si tratta dello stesso
meccanismo che può verificarsi in una massa tumorale
quando origina metastasi: pur essendo
iperproliferante, e pertanto solida, questa può
acquisire modalità fluide di movimento nel corso del
suo sviluppo, per esempio se si altera uno dei
regolatori dell’endocitosi come quello che abbiamo
identificato, RAB5A.
Se un tessuto è più
fluido riuscirà a passare in spazi interstiziali con
più efficienza.
E’ quello che può avvenire in tumori: più fluidi
sono, più metastatizzano.
“E’ il primo passo –
conclude Scita - per definire strategie al fine di
interferire con questo processo ed in ultima analisi
cercare di controllare la capacita di disseminazione
di tumori.
I prossimi passi
sperimentali saranno nella direzione di validare i
meccanismi identificati in sistemi complessi in tre
dimensioni, per mimare in maniera più fedele
possibile la crescita e la capacita invasiva di
tumori solidi e individuare quindi i fattori
molecolari che regolano modalità di migrazione
collettiva e dimostrare la possibilità di
utilizzarli come nuovi target diagnostici o
terapeutici”.
I risultati di questa
ricerca non sarebbero stati possibili senza il
sostegno fondamentale di AIRC, l’Associazione
Italiana per la Ricerca sul Cancro, dell’European
Research Council e del MIUR.
Per saperne di più
Nature materials
Endocytic reawakening of motility in jammed
epithelia
Chiara Malinverno, Salvatore Corallino, Fabio
Giavazzi, Martin Bergert, Qingsen Li,Marco Leoni,
Andrea Disanza, Emanuela Frittoli, Amanda Oldani,
Emanuele Martini, Tobias Lendenmann, Gianluca
Deflorian, Galina V. Beznoussenko, , Dimos
Poulikakos, Kok Haur Ong, Marina Uroz, Xavier Trepat,
Dario Parazzoli, Paolo Maiuri, Weimiao Yu, Aldo
Ferrari, Roberto Cerbino, and Giorgio Scita
Link...
.Marco Dal Negro |