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Anisakis: un aggiornamento dal congresso dei microbiologi clinici (17/11/2016)

Un aggiornamento su come diagnosticare le conseguenze derivate dall'ingestione dell'Anisakis, il parassita spesso presente nel pesce crudo e sui dati epidemiologici relativi al problema è stato presentato dal Prof. Paolo Fazii al congresso nazionale dei microbiologi clinici italiani, organizzato dall'Amcli a Rimini tra i 6 ed il 9 novembre 2016.

Riportiamo qui il testo dell'intervento ed a fine pagina i link alle altre pagine sull'Anisakis presenti su mybestlife.com .

Epidemiologia e diagnosi dell'Anisakiasi
P. Fazii
UOC di Microbiologia e Virologia Clinica a valenza regionale, P.O. “Spirito Santo” di Pescara – ASL di Pescara

L’ anisakidosi è una parassitosi alimentare causata dall’ingestione accidentale di larve di nematodi anisakidi appartenenti ai generi Anisaki e Pseudoterranova (Nematoda, Ascaridoidea, Anisakidae).

Quando l’agente etiologico è una larva anisakide appartenente al genere Anisakis è più corretto parlare di anisakiasi.

Il ciclo biologico di questi nematodi si svolge in ambiente acquatico marino ed è caratterizzato da cinque stadi di sviluppo.
I parassiti adulti vivono nell’intestino dei mammiferi marini, loro ospiti definitivi.
Gli ospiti intermedi sono invece rappresentati da piccoli crostacei planctonici appartenenti alla famiglia Euphasiacea, e numerose specie di pesci e cefalopodi. Ospiti occasionali possono essere alcuni mammiferi terrestri, compreso l’uomo, gli uccelli marini ed alcuni rettili.

L’uomo, come ospite occasionale, può infestarsi di larve L3 mangiando pesci di mare o cefalopodi crudi o poco cotti.
Una volta ingerite dall’uomo, le larve possono rimanere adese alla mucosa gastrointestinale oppure possono penetrare nella mucosa talora superando l’intera parete.

Sono descritte tre forme di anisakidosi, la forma acuta gastrica (la più frequente, osservata già dopo poche ore dal pasto, talora associata a sintomatologia orticariana) ed intestinale, la cronica e quella ectopica (extragastrointestinale).

Solo nel 1990, Kasuya ha dimostrato la capacità delle larve anisakidi di provocare allergie (orticaria, angioedema, shock anafilattico, asma, congiuntivite, dermatite da contatto).
Le forme allergiche sarebbero IgE mediate causate, verosimilmente, da proteine di peso molecolare compreso tra 30 e 50 Kd, estremamente potenti, resistenti alla cottura ed al congelamento.

La terapia è chirurgica nelle forme cronicizzate con presenza di ascessi o di granulomi e in molte delle forme ectopiche oltre che nei casi di anisakidosi acuta ileale terminale o appendicolare.
La reale utilità della terapia farmacologica è ancora da dimostrare.
In molte circostanze, l’asportazione del parassita, cui è seguita la scomparsa dei sintomi, si è realizzata mediante l’endoscopio a fibre ottiche con pinze per biopsia, che quindi rappresenta un valido mezzo diagnostico e terapeutico per le forme di anisakidosi non cronicizzata.

 

La diagnosi di certezza di anisakidosi si pone con l’individuazione del parassita che si realizza mediante endoscopia digestiva, intervento chirurgico, biopsia; assai raramente il nematode può essere osservato nel vomito o nelle feci.

In modo indiretto la diagnosi si pone con l’evidenziazione di lesioni granulomatose o ascessuali con abbondante infiltrato eosinofilo, mediante esami radiologici e ultrasonografici e, mediante l’evidenziazione di anticorpi specifici anti - Anisakis.

Il primo caso di anisakidosi umana fu descritto in Olanda nel 1960.
Successivamente sono stati segnalati numerosi casi soprattutto in Giappone laddove è pratica dietetica usuale mangiare pesce crudo; altri casi sono stati segnalati negli USA, in Corea, in Nuova Zelanda, in Cile ed numerosi paesi europei.

In Italia, a tutt’oggi, sono stati osservati circa 70 casi di casi in pazienti residenti in Sicilia, in Molise, nelle Puglie ed in Abruzzo e sporadicamente in altre regioni (Lazio, Lombardia, Toscana, Piemonte, Marche ecc.).
In Abruzzo, soprattutto nelle zone di Chieti e Pescara, a partire dal 1998, abbiamo osservato 29 casi di anisakiasi (gastrica, intestinale ed in un solo caso extragastrointestinale).

L’alta prevalenza abruzzese probabilmente si giustifica con la costituzione di un pool di esperti soprattutto nei nosocomi di Pescara e Chieti che risulta particolarmente attento nei con fronti di una patologia relativamente frequente ma misconosciuta, quasi ovunque, nel nostro Paese.

Il centro di Pescara ha poi seguito una decina di casi conclamati provenienti da altre Regioni ed ha segnalato ben 3 casi epidemici.

Si vuole, infine, sottolineare l’importanza della prevenzione di questa particolare parassitosi che può assumere, talora, connotati clinici assai gravi, evitando di consumare pesce crudo o poco cotto e di pesce trattato con metodiche quali la salagione leggera, l’affumicatura a freddo, la marinatura a freddo, il trattamento con acido citrico che non garantiscono la morte dei parassiti.

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Per saperne di più
P. Fazii
UOC di Microbiologia e Virologia Clinica a valenza regionale, P.O. “Spirito Santo” di Pescara – ASL di Pescara
Congresso nazionale dei microbiologi clinici italiani
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Amcli - Associazione Microbiologi Clinici Italiani
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Marco Dal Negro