Le acque reflue che escono dai depuratori delle
città contengono grandi quantità microinquinanti
come i geni di resistenza ai metalli pesanti ed agli
antibiotici di uso comune che gli impianti di
depurazione non riescono a rimuovere semplicemente
perché non dispongono di alcun trattamento specifico
per farlo.
L’Istituto per lo studio degli ecosistemi del
Consiglio nazionale delle ricerche (Ise-Cnr) di
Verbania Pallanza ha intrapreso una ricerca,
coordinata dal Gruppo di ecologia microbica (Meg)
dell’Ise-Cnr in collaborazione con Università di
Mons (Belgio) e Acqua Novara.Vco, per sviluppare
sistemi di trattamento efficienti.
“Abbiamo dimostrato come all’interno di impianti di
depurazione anche molto diversi ci sia una presenza
concomitante di geni di resistenza ai metalli
pesanti e ad antibiotici di uso comune in medicina
umana e veterinaria. Questo potrebbe determinare la
diffusione dell’antibiotico resistenza in ambiente
attraverso i reflui trattati, a seguito di una
pressione selettiva esercitata dai metalli stessi
nei sistemi di trattamento, che può portare ad una
co-selezione di geni di resistenza agli
antibiotici”, spiega Gianluca Corno, coordinatore
della ricerca e ricercatore Ise-Cnr.
“La diffusione di geni di resistenza agli
antibiotici in ambiente può causare lo sviluppo di
comunità batteriche resistenti in natura, e quindi
la permanenza della resistenza per tempi
lunghissimi, con il rischio, in aree antropizzate,
di trasmissione della stessa a patogeni umani.
I sistemi di depurazione delle acque sono progettati
per eliminare efficacemente una serie di inquinanti
di natura chimica e microbiologica (fosforo,
metalli, batteri di origine fecale) ma per i nuovi
microinquinanti, rilasciati nei reflui urbani, non
ci sono ancora processi specifici di smaltimento”.
Lo studio, continua Andrea Di Cesare ricercatore
Ise-Cnr, “ha posto l’accento sulla potenziale
selezione indiretta dei cosiddetti determinanti di
antibiotico-resistenza (geni e batteri resistenti) a
seguito di un forte stress del popolamento batterico
all’interno degli impianti, durante i differenti
trattamenti (meccanico, biologico, chimico e
microbiologico) nei quali è possibile che si
verifichi la concentrazione di metalli pesanti e lo
sviluppo delle resistenze relative. Questo risultato
è il punto di partenza per la progettazione di
sistemi validi per il trattamento dei diversi
microinquinanti al fine di aumentare l’efficienza
della loro rimozione”.
L’immissione in ambiente
di questi geni e batteri resistenti agli antibiotici
attraverso i reflui urbani, industriali e di
produzioni zootecniche non viene considerata dalla
legislazione attuale. “Molte nazioni e l’Ue stanno
però lavorando alla definizione di limiti, che
imporranno un diverso design dei sistemi di
trattamento, che dovrà anche tener conto dei
potenziali rischi di co-selezione dei geni stessi in
impianto.
La nostra ricerca ha coinvolto i tre impianti di
depurazione di Novara, Verbania e Cannobio, un
esempio di cooperazione con il territorio che può
consentire lo svolgimento e la pubblicazione di
ricerche a livello internazionale”, conclude Corno.
Per saperne di più
Water Research
Co-occurrence of integrase 1, antibiotic and heavy
metal resistance genes in municipal wastewater
treatment plants
Andrea Di Cesare, Ester M. Eckert, Silvia D'Urso,
Roberto Bertoni, David C. Gillan, Ruddy Wattiez,
Gianluca Corno
Link...
MDN |