Da almeno 50 milioni di anni esiste una società
tutta al femminile, che si riproduce per clonazione,
presenta parti di DNA estraneo e i cui individui
sono capaci di rimanere disidratati per anni.
Fantascienza? No, sono i rotiferi bdelloidei,
minuscoli invertebrati che vivono in ambienti umidi
come gli stagni e il suolo. Studiando la compresenza
di tali strabilianti caratteristiche in queste
specie, i ricercatori dell’Istituto per lo studio
degli ecosistemi del Consiglio nazionale delle
ricerche (Ise-Cnr) di Verbania Pallanza, in
collaborazione con colleghi inglesi, sono riusciti a
spiegare come i rotiferi usino il DNA ‘straniero’
per riparare il proprio genoma.
II rotiferi sono unici
al mondo grazie a due caratteristiche incredibili,
che abbiamo pensato dovessero essere collegate”,
spiega Diego Fontaneto dell’Ise-Cnr.
“La prima è essere
riusciti a sopravvivere senza le variazioni del DNA
che avvengono grazie alla riproduzione sessuata,
ovvero il rimescolamento dei geni che dà luogo al
processo evolutivo di una specie.
La seconda è che questi
animali, la cui vita in acqua dura in media 30
giorni, possono rimanere disidratati anche anni in
uno stato di quiescenza, per poi riattivarsi
completando il resto del loro ciclo vitale quando
tornano in acqua. Lo studio congiunto di questi due
aspetti ci ha permesso di capire che quando i
rotiferi escono dalla disidratazione riparano il
proprio DNA usando anche quello disponibile
nell’ambiente circostante: è quello il momento in
cui incorporano DNA esogeno”.
Lo studio, pubblicato
sulla rivista BMC Biology, conferma quindi che la
riproduzione sessuale non è l'unico modo per
introdurre la variazione necessaria per
l’adattamento, e dimostra che una maggiore quantità
di DNA estraneo, proveniente da batteri, alghe,
protisti, funghi, piante e muschi, si osserva nelle
specie di rotiferi che vivono in ambienti soggetti a
frequente essiccamento, come il suolo, rispetto
quelle che vivono permanentemente in acqua.
“Abbiamo stimato che un
gene estraneo venga incorporato in ciascuna specie
in media ogni 78.000 anni, quindi non troppo di
frequente, ma abbastanza per aumentare la diversità
genetica. È probabile che con lo stesso meccanismo i
rotiferi bdelloidei scambino DNA anche tra loro,
oltre che con le altre specie”, prosegue Fontaneto.
“Come questi animali abbiano potuto adattarsi alle
condizioni ambientali mutevoli è da sempre
considerato uno ‘scandalo evoluzionistico’ ma, una
volta compresi i processi che avvengono in questi
organismi geneticamente modificati in modo naturale,
potremo aprire la porta a possibili applicazioni
biotecnologiche”.
Per saperne di più
BMC Biology
Horizontal gene transfer in bdelloid rotifers is
ancient, ongoing and more frequent in species from
desiccating habitats
I. Eyres, C. Boschetti, A. Crisp, T. P. Smith, D.
Fontaneto, A. Tunnacliffe, T. Barraclough
doi: 10.1186/s12915-015-0202-9.
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