Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, nel
2013 la Tbc ha ucciso un milione e mezzo di persone
su 9 milioni di malati. In Italia l'infezione ogni
anno ci sono 4-5 mila casi notificati, il 10-15% dei
quali sono bambini e ragazzi.
Nel nostro Paese la
super Tbc rappresenta un problema marginale, con
poche centinaia di casi tra gli adulti e circa 10-20
casi tra i bambini, ma il numero è in aumento. Nel
resto del mondo, come nella vicina Ucraina o in
Sudafrica, dove si hanno percentuali tra il 50% ed
il 70%, il fenomeno della farmaco-resistenza è
un'emergenza sanitaria.
"Con le resistenze - dichiara Laura Lancella,
dell'Alta specializzazione in tubercolosi pediatrica
del Bambino Gesù - alcuni tra i farmaci più
comunemente utilizzati perdono di efficacia. Prima
si riteneva vi fosse un unico microbatterio, un solo
germe da affrontare, ma ora sappiamo che ce ne sono
diversi e possiamo identificarli grazie alle nuove
tecnologie".
"In Italia sono presenti laboratori in grado di
individuare, con tecniche rapide, i ceppi di
micobatteri resistenti alle usuali terapie
antitubercolari così da approntare una cura mirata -
prosegue Lancella - Nel prossimo futuro di queste
forme multi-resistenti ne avremo ancora di più ed
ecco perché non dobbiamo abbassare la soglia
dell'attenzione". Se infatti "nella Tbc tradizionale
in caso di adeguato trattamento abbiamo una
guarigione che riguarda il 95-99% dei casi, nelle
forme multiresistenti le statistiche scendono
addirittura al 50%".
I bimbi si ammalano di
tubercolosi ma non sono contagiosi, la tubercolosi
può essere trasmessa solo da un adulto. Per essere
contagiosi si deve infatti essere malati di una
forma cosiddetta polmonare cavitaria aperta, ovvero
deve essere presente nel polmone una cavità che
contiene i bacilli di Koch in contatto con i
bronchi. E "i bambini - afferma Alberto Villani,
responsabile di Pediatria generale e Malattie
infettive del nosocomio capitolino - non avendo
forme cavitarie aperte come l'adulto, non possono
essere contagiosi. Però possono essere infettati.
Anzi, essendo immunologicamente immaturi, sono
particolarmente suscettibili alla malattia che può
svilupparsi anche in forme particolarmente gravi che
coinvolgono, oltre ai polmoni, anche il sistema
nervoso e le ossa".
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Tra i bimbi che entrano
in contatto con il germe responsabile della
tubercolosi, in molti si infettano e tuttavia solo
una piccola parte - in media il 10%, appunto -
sviluppa i sintomi e i segni della malattia. Nei
piccoli i sintomi più evidenti sono inappetenza,
tosse e febbre. Per prevenire la Tbc esiste una
sorta di vaccino che però non protegge al 100%
dall'infezione. A differenza di altri Paesi, in
Italia questo vaccino non è obbligatorio e viene
somministrato solo ad alcune categorie
professionali, ricordano ancora gli esperti.
Quando si presenta un
caso scatta immediatamente la segnalazione alla Asl
di appartenenza e quindi l'adozione di tutte le
misure di sanità pubblica previste dal protocollo:
test su chi è entrato in contatto con il paziente,
analisi del sangue, profilassi. "Individuare un
bambino malato di tubercolosi rappresenta un evento
sentinella che indica un probabile focolaio tra gli
adulti che lo circondano - evidenzia Villani -
Parlando, cantando, tossendo, un malato di Tbc può
infettare tutti coloro che gli sono vicini in un
raggio di 1,5-2 metri. E' quindi sempre molto
importante identificare la fonte del contagio,
perché se non viene riconosciuta e curata può
diffondere la malattia con estrema facilità. Tutti
coloro che entrano in contatto con un malato
contagioso devono essere sottoposti a controlli per
stabilire se c'è stata infezione o malattia. In
particolare i bambini, soprattutto se di età
inferiore ai 5 anni. La tubercolosi si può curare
con un mix di 3 o 4 farmaci, ma la terapia va
assunta per almeno 6 mesi".
MDN |