La maggior parte dei mezzi standardizzati usati per
calcolare il rischio cardiaco dei pazienti, e quindi
per decidere se far prendere loro dei farmaci,
sovrastima il reale rischio, inducendo molte persone
a sottoporsi a terapie non necessarie.
Il discorso, in sintesi
è questo: secondo i ricercatori della Johns Hopkins
Medicine e di altre istituzioni i metodi
standardizzati utilizzati per valutare il rischio di
attacchi cardiaci sono troppo grossolani e non
tengono conto delle peculiarità dei singoli
individui, con il risultato di sovrastimare nella
maggior parte dei casi il rischio.
Per tutti coloro che si trovano nella zona
intermedia, cioè fuori dalle fascie di quelli che
sono particolarmente a rischio o non lo sono
affatto, per tutti gli intermedi, che sono molti,
gli attuali metodi di valutazione indicano un
rischio superiore a quello reale.
Questo significa che ci
sono decine di migliaia di persone in cura con
farmaci inutili dal punto di vista cardiaco ma con
tutto il loro bagaglio di effetti collaterali e
controindicazioni in parte ben noti.
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Nei risultati di questo
studio pubblicato sugli Annals of Internal Medicine
il 17 febbraio 2015, Michael Blaha, M.D., M.P.H.,
direttore della ricerca clinica al Johns Hopkins
Ciccarone Center for the Prevention of Heart Disease
invita i medici a valutare caso per caso, in modo
meno standardizzato, considerando un maggior numero
di elementi prima di prescrivere farmaci.
Oltre a mettere a
rischio la salute dei pazienti l'abitudine ad usare
mezzi di valutazione standardizzati porta un
incremento dei costi per le cure, soldi che
potrebbero essere utilizzati sicuramente in modo più
favorevole per i pazienti.
Per approfondire
maggiormente nel dettaglio i risultati dello studio
una sintesi è nella pagina in inglese di questa
notizia.
Per saperne di più
Annals
of Internal Medicine
Johns Hopkins Medicine
Marco Dal Negro |