Il cervello di un musicista è in grado di ricordare
milioni e milioni di note musicali, di produrre 1200
movimenti al minuto, e di percepire differenze
infinitesimali nelle altezze dei suoni. Ma cosa
succede a livello cerebrale?
E' un processo complesso di apprendimento e
coordinazione da parte di numerose regioni cerebrali
(visive, uditive e motorie) che continua anche dopo
12, 15, 18 anni di studio. Lo ha dimostrato una
ricerca da poco pubblicata su Frontiers in Auditory
Cognitive Neuroscience.
Lo studio trasversale e
del tutto inedito è stato realizzato dal Milan
Center for Neuroscience dell’Università di
Milano-Bicocca (Dipartimento di Psicologia) in
collaborazione con i docenti e gli studenti del
Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano ed è stato
coordinato da Alice Mado Proverbio, docente di
Psicobiologia e Psicologia Fisiologica presso
l’Ateneo milanese.
E' stato indagato per la
prima volta come cambia anno per anno la
rappresentazione in memoria dei suoni musicali, in
relazione al gesto motorio necessario per produrli.
I ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca sono
entrati nelle classi di violino e clarinetto del
Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano per osservare
da vicino lo sviluppo dei sistemi specchio
audiovisuomotori nei giovani allievi a partire dal
secondo anno di corso, fino al Master e oltre. Il
compito proposto agli allievi era apparentemente
semplice, indovinare esattamente le note suonate da
un altro sul proprio strumento, solo osservando la
scena: sembra facile, ma non lo è affatto.
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I dati mostrano che la
quantità di tempo che un individuo impegna
nell’esercizio (in questa ricerca corrisponde agli
anni di studio effettivo presso il Conservatorio di
Milano) è direttamente correlata alla qualità della
prestazione di quell'individuo, che mostra un
evidente beneficio nell’esercitarsi continuamente,
indipendentemente dalle capacità innate di ciascuno.
È come se gli allievi più avanzati avessero
interiorizzato così solidamente il collegamento tra
suono, gesto e immagine da percepire in maniera
automatica un’eventuale incongruenza, con una
percentuale di errore che diminuisce in modo lineare
all’aumentare degli anni di pratica.
Questo accade grazie
alla capacità dei neuroni multimodali di creare
correlazioni audio-visuomotorie che aumentano con
gli anni di studio e di pratica. Un processo di
apprendimento di nuovi elementi caratterizzati da
suoni, gesti ed immagini, come imparare una lingua
diversa dalla nostra, meglio se diversa anche
nell'alfabeto: imparare il significato delle
lettere, delle parole, come si scrivono, che suono
hanno e come si riproduce, cioè come si pronunciano.
I primi effetti della
modificazione cerebrale sono osservabili dopo 4-6
anni di studio intensivo e continuano
progressivamente dopo il diploma e il master: veder
suonare contribuisce all'apprendimento di ciò che si
deve fare per suonare ed evoca il suono associato al
gesto. L'atto fisico del suonare, con la gestione
dei movimenti delle dita, ad esempio, è poi un altro
processo complesso che deve essere appreso
coordinandolo con i precedenti.
In questo studio i musicisti avevano semplicemente
il compito di indicare la congruenza tra il gesto e
il suono sulla base della vista, una capacità che
rappresenta una parte di quanto avviene quando si
suona uno strumento musicale.
Fino a tre anni di
studio la percentuale di errore di un musicista è
vicina al 50 per cento, mentre solo dopo aver
conseguito il diploma (e almeno 12.000-18.000 ore di
studio), la percentuale scende sotto il 10 per
cento, come per i professori.
La ricerca ha coinvolto
diciannove allievi: dieci violinisti e nove
clarinettisti, con un’età tra i 14 e i 24 anni, con
alle spalle dai 2 ai 18 anni di studio dello
strumento.
I partecipanti hanno visto 396 video di violinisti e
clarinettisti professionisti che suonavano 200
combinazioni totalmente nuove di note doppie o
singole che coprivano tutte le altezze dei suoni,
riprodotte in modo non melodico.
Questa ricerca mette in
luce il ruolo cruciale dell’esercizio nel plasmare
alcune delle funzioni connesse con la musica nel
cervello e spiega anche perché una dote
indispensabile del bravo allievo è la perseveranza:
natura non facit saltus.
Le qualità innate delle
persone sembrano influire poco sulla capacità di
apprendimento oggetto di questo studio e potrebbero
avere un peso sull'interesse ad imparare, con
conseguente incremento dell'attenzione che facilita
la memorizzazione.
Altro discorso è invece
quello che riguarda le capacità espressive di un
musicista che innesta sulle irrinunciabili abilità
tecniche l'arte di comunicare sensazioni ed
emozioni.
Per saperne di più
University of Milano-Bicocca Dept. of Neurology and
Neuroscience
Conservatorio ’G. Verdi’ Milano
The effect of musical
practice on gesture/sound pairing
http://dx.doi.org/10.3389/fpsyg.2015.00376.
Marco Dal Negro |