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Lo studio della musica negli anni modifica ed accresce la percezione audiovisiva (28/05/2015)

Il cervello di un musicista è in grado di ricordare milioni e milioni di note musicali, di produrre 1200 movimenti al minuto, e di percepire differenze infinitesimali nelle altezze dei suoni. Ma cosa succede a livello cerebrale?
E' un processo complesso di apprendimento e coordinazione da parte di numerose regioni cerebrali (visive, uditive e motorie) che continua anche dopo 12, 15, 18 anni di studio. Lo ha dimostrato una ricerca da poco pubblicata su Frontiers in Auditory Cognitive Neuroscience.

Lo studio trasversale e del tutto inedito è stato realizzato dal Milan Center for Neuroscience dell’Università di Milano-Bicocca (Dipartimento di Psicologia) in collaborazione con i docenti e gli studenti del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano ed è stato coordinato da Alice Mado Proverbio, docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica presso l’Ateneo milanese.

E' stato indagato per la prima volta come cambia anno per anno la rappresentazione in memoria dei suoni musicali, in relazione al gesto motorio necessario per produrli.
I ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca sono entrati nelle classi di violino e clarinetto del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano per osservare da vicino lo sviluppo dei sistemi specchio audiovisuomotori nei giovani allievi a partire dal secondo anno di corso, fino al Master e oltre. Il compito proposto agli allievi era apparentemente semplice, indovinare esattamente le note suonate da un altro sul proprio strumento, solo osservando la scena: sembra facile, ma non lo è affatto.

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I dati mostrano che la quantità di tempo che un individuo impegna nell’esercizio (in questa ricerca corrisponde agli anni di studio effettivo presso il Conservatorio di Milano) è direttamente correlata alla qualità della prestazione di quell'individuo, che mostra un evidente beneficio nell’esercitarsi continuamente, indipendentemente dalle capacità innate di ciascuno.
È come se gli allievi più avanzati avessero interiorizzato così solidamente il collegamento tra suono, gesto e immagine da percepire in maniera automatica un’eventuale incongruenza, con una percentuale di errore che diminuisce in modo lineare all’aumentare degli anni di pratica.

Questo accade grazie alla capacità dei neuroni multimodali di creare correlazioni audio-visuomotorie che aumentano con gli anni di studio e di pratica. Un processo di apprendimento di nuovi elementi caratterizzati da suoni, gesti ed immagini, come imparare una lingua diversa dalla nostra, meglio se diversa anche nell'alfabeto: imparare il significato delle lettere, delle parole, come si scrivono, che suono hanno e come si riproduce, cioè come si pronunciano.

I primi effetti della modificazione cerebrale sono osservabili dopo 4-6 anni di studio intensivo e continuano progressivamente dopo il diploma e il master: veder suonare contribuisce all'apprendimento di ciò che si deve fare per suonare ed evoca il suono associato al gesto. L'atto fisico del suonare, con la gestione dei movimenti delle dita, ad esempio, è poi un altro processo complesso che deve essere appreso coordinandolo con i precedenti.
In questo studio i musicisti avevano semplicemente il compito di indicare la congruenza tra il gesto e il suono sulla base della vista, una capacità che rappresenta una parte di quanto avviene quando si suona uno strumento musicale.

Fino a tre anni di studio la percentuale di errore di un musicista è vicina al 50 per cento, mentre solo dopo aver conseguito il diploma (e almeno 12.000-18.000 ore di studio), la percentuale scende sotto il 10 per cento, come per i professori.

La ricerca ha coinvolto diciannove allievi: dieci violinisti e nove clarinettisti, con un’età tra i 14 e i 24 anni, con alle spalle dai 2 ai 18 anni di studio dello strumento.
I partecipanti hanno visto 396 video di violinisti e clarinettisti professionisti che suonavano 200 combinazioni totalmente nuove di note doppie o singole che coprivano tutte le altezze dei suoni, riprodotte in modo non melodico.

Questa ricerca mette in luce il ruolo cruciale dell’esercizio nel plasmare alcune delle funzioni connesse con la musica nel cervello e spiega anche perché una dote indispensabile del bravo allievo è la perseveranza: natura non facit saltus.

Le qualità innate delle persone sembrano influire poco sulla capacità di apprendimento oggetto di questo studio e potrebbero avere un peso sull'interesse ad imparare, con conseguente incremento dell'attenzione che facilita la memorizzazione.

Altro discorso è invece quello che riguarda le capacità espressive di un musicista che innesta sulle irrinunciabili abilità tecniche l'arte di comunicare sensazioni ed emozioni.

Per saperne di più
University of Milano-Bicocca Dept. of Neurology and Neuroscience

Conservatorio ’G. Verdi’ Milano

The effect of musical practice on gesture/sound pairing
http://dx.doi.org/10.3389/fpsyg.2015.00376.

Marco Dal Negro

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