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Il sangue per trasfusioni dura meno di quanto previsto (07/03/2013)

 

Saperlo è meglio che non saperlo: i globuli rossi contenuti nel sangue conservato per le trasfusioni, dopo la terza settimana cominciano a perdere la propria capacità di portare le cellule ricche di ossigeno là dove ce n'è più bisogno.

Un piccolo studio della Johns Hopkins University School of Medicine si aggiunge alla crescente messe di studi sull'argomento confermando la tesi.
In un rapporto pubblicato on line su Anesthesia & Analgesia, i ricercatori del Johns Hopkins affermano che i globuli rossi nel sangue conservato così a lungo perdono la flessibilità necessaria per passare nei piccolo capillari e consegnare l'ossigeno, e la capacità non viene recuperata dopo le trasfusioni nei pazienti, durante o dopo gli interventi chirurgici.

Steven M. Frank, M.D., Professore associato di anestesia e medicina d'urgenza alla Johns Hopkins University School of Medicine, spiega che crescono le conferme del fatto che l'arco di vita utile per il sangue conservato non può essere di 6 settimane, il termine standard per le banche del sangue. Se dovesse essere operato domani, chiarisce il Professore, vorrei il sangue più fresco disponibile.

Il Professor Frank sa bene che le banche del sangue non hanno abbastanza sangue per tutti e che accorciando i tempi di scadenza del sangue la disponibilità scenderebbe ulteriormente, ma nonostante tutto sostiene che è necessario riconsiderare l'accorciamento dei tempi.

Un precedente corposo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha già messo in evidenza che i pazienti operati al cuore, ai quali è stato somministrato sangue con più di 3 settimane, hanno mostrato una mortalità doppia rispetto a chi ha avuto del sangue conservato solo per 10 giorni.

Per questo studio, il Professor Frank ed i suoi colleghi hanno arruolato 16 pazienti che dovevano sottoporsi ad intervento chirurgico spinale, una operazione che normalmente richiede trasfusioni di sangue.
Sei dei pazienti hanno ricevuto 5 o più unità di sangue, mentre 10 ne avevano bisogno solo di 3 o meno. I ricercatori hanno prelevato campioni da ogni sacca di sangue usata, 53 in totale, ed hanno misurato la flessibilità dei globuli rossi. In questo modo hanno trovato che il sangue conservato per più di 3 settimane tendeva ad avere le membrane dei globuli rossi meno flessibili, e questo comporta una maggiore difficoltà per distribuire l'ossigeno alle cellule che ne hanno bisogno.

Il Professor Frank prosegue spiegando che sono stati poi prelevati campioni di sangue nei 3 giorni successivi agli interventi e si è visto che, anche quando il sangue era stato rimesso nel proprio ambiente biologico naturale, con il giusto pH (acidità), i giusti livelli di elettroliti ed ossigeno, il danno ai globuli rossi non era reversibile e sembrava essere permanente. Con ogni probabilità le cellule danneggiate sarebbero rimaste malfunzionanti per tutto l'arco della loro vita, che è di circa 120 giorni.

Un'altra osservazione che è stata fatta, è che i pazienti cui erano state somministrate poche sacche mostravano di avere sangue migliore di quelli cui ne erano state date molte, e questo faceva pensare che il problema si facesse sentire di più quando la trasfusione riguardava percentuali più alte di sangue.

Dallo studio si vede poi che la media del sangue trasfuso aveva più di 3 settimane e solo 3 campioni avevano 2 settimane o meno. Frank spiega che il motivo per cui la disponibilità di sangue fresco per gli adulti è minore, è nella priorità data alle necessità pediatriche. Le banche del sangue si comportano come i supermercati con il latte fresco, consegnando prima quello più vecchio, per non rischiare di farne scadere.

Ora sono in corso grandi due studi controllati randomizzati, uno, che comprende anche il Johns Hopkins, presso molti centri specializzati nel territorio statunitense, ed un altro in Canada. L'obbiettivo è determinare la sicurezza relativa del sangue più vecchio rispetto a quello più nuovo, ed i risultati sono attesi per l'anno prossimo.
Il Professor Frank conclude allertando le banche del sangue: se gli studi confermeranno i risultati dei precedenti lavori, dovranno essere preparate ad affrontare la nuova situazione che si verrà a creare.

Allo studio hanno partecipato anche i ricercatori: Bagrat Abazyan, M.D.; Masahiro Ono, M.D.; Charles W. Hogue, M.D.; David B. Cohen, M.D., M.P.H.; Daniel E. Berkowitz, M.D.; Paul M. Ness, M.D.; e Viachaslau M. Barodka, M.D..

Per saperne di più
http://www.hopkinsmedicine.org/

(MDN)


L'armadietto omeopatico casalingo
(del Dott. Turetta)
Quali sono i problemi o le disfunzioni che possono giovarsi di un intervento omeopatico d'urgenza e, di conseguenza, come dovrebbe essere un ideale armadietto medicinale omeopatico casalingo.


 

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